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Mag 26

Storia. Lo sbarco alleato in Sicilia, di Pasquale Hamel

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Come si é detto, lo sbarco si concentrò sulla Sicilia sud-orientale, da Licata a Scoglitti, dove presero terra i soldati americani e da Pachino a Siracusa sulle cui spiaggie sbarcarono inglesi e canadesi.Prima, però, di proseguire nella descrizione delle operazioni, è utile, anche per smentire contributi determinanti di agenti estranei ai combattenti, dare uno sguardo alle forze in campo. Il generale Alfredo Guzzoni, eroe della prima guerra mondiale e comandante della VI armata di stanza in Sicilia, disponeva di circa 260.000 effettivi, molti dei quali poco motivati, cui si affiancavano 28.000 soldati tedeschi, al comando di Hans Valentin Hube, un generale plurimedagliato, che divennero ben 60.000 poco dopo lo sbarco . Una forza consistente e, tuttavia, dotata di mezzi di attacco e di difesa assolutamente inadeguati ( pochi carri armati – appena 260 – e modesti mezzi motorizzati) e, soprattutto, di una insufficiente copertura aerea. Appena 1320 aerei, alcuni dei quali tecnologicamente superati, costituivano la difesa dell’aria. Il divario con le forze di invasione era enorme. Gli americani erano ben 228.000 e gli anglocanadesi circa 250.000. Inoltre gli invasori potevano schierare sui campi di battaglia ben seicento carri armati e un’incredibile quantità di mezzi motorizzati. Fattore decisivo era, poi, costituito dal dominio dell’aria: ben 2050 bombardieri e 2200 caccia che ebbero, in poco tempo, il sopravvento sulle forze aeree dell’Asse. Infine, la quantità di mezzi navali era, come riferivano testimoni oculari, impressionante. “Fino a quel momento – scriveva Eisenhower – nessun attacco anfibio nella storia aveva raggiunto le dimensioni di questo. Lungo parecchie miglia di linea costiera vi erano centinaia di navi e di piccole imbarcazioni, e a terra le truppe avanzavano in fila come formiche; in cielo, stormi di caccia a protezione”.La superiorità in uomini e mezzi, dunque, non lasciava scampo ai difensori dell’isola. Tenuto conto del rapporto di forza, non puó, quindi, che sorprendere la capacità di resistenza delle truppe a difesa della Sicilia; furono infatti necessari ben 38 giorni, alcuni dei quali drammatici, per abbattere la rocciosa difesa approntata dai militari dell’Asse. Scrive a questo proposito Francesco Renda :”…la vittoria angloamericana non fu, però, così piena come si sperava e non fu conseguita senza difficoltà”. Dove per pienezza, il grande storico recentemente scomparso, intendeva la distruzione dell’esercito avversario. Ma andiamo ai fatti. Ci fu, innanzitutto, un tentativo di ricacciare gli invasori in mare, operato soprattutto della divisione Livorno, l’unica unità motorizzata a disposizione del generale Guzzoni. Tentativo andato a male e pagato a prezzo di gravissime perdite umane. A questo punto gli italo-tedeschi decisero di abbandonare la difesa della Sicilia occidentale e di procedere ad un ripiegamento verso Messina disponendosi su un arco che andava dal Tirreno allo Ionio così da consentire agli assediati di avere le spalle coperte e di potere ritirarsi in modo ordinato. Proprio sulla linea indicata, italiani e tedeschi, mantennero saldamente la difesa per oltre venti giorni impegnando le truppe anglo canadesi, e poi americani in soccorso, in aspri combattimenti. La battaglia della Piana di Catania, combattuta il 5 agosto, vide rifulgere le qualità militari dei soldati sia italiani che tedeschi. La quindicesima divisione granatieri corazzati tedesca, i famosi “diavoli verdi”, e la divisione italiana Aosta contrattaccarono per ben 24 volte lasciando sul terreno migliaia di morti e facendo strage degli aggressori. ” Fu una strage sanguinosa, scrisse il generale Montgomery, una delle più dure battaglie combattute nella seconda guerra mondiale” Questa inaspettata resistenza, consentì di dare il tempo necessario per effettuare quella che l’ammiraglio statunitense Morison definì una ritirata degna di geniali strateghi. Infatti, il 17 agosto, poco prima che gli Alleati raggiungessero Messina, gli italiani ed i tedeschi avevano evacuato l’isola portando in salvo non solo gli uomini ma quel che rimaneva del materiale bellico. Il bilancio delle operazioni fu abbastanza pesante per entrambe le parti, si contarono, ben 2.899 morti e 6.471 feriti fra gli americani, 2.376 morti e 7.548 feriti fra gli inglesi, 562 morti e 1.644 feriti fra i canadesi. Molto più alto il bilancio delle perdite per gli italiani ed i tedeschi : 4.688 morti per i primi e 4.325 per i secondi. Quella che superficialmente qualcuno definì una passeggiata era stata invece una faticosa e spesso drammatica scalata segnata anche da episodi che non fecero onore agli Alleati. Due, fra questi, é giusto ricordarli. All’aeroporto di Biscari, l’ufficiale americano John Compton, fece infatti fucilare senza motivo 36 prigionieri italiani e tedeschi; analogo episodio, questa volta però i morti furono circa cinquanta, ebbe come protagonista il sergente americano Horace West. D’altra parte, non si deve dimenticare che lo stesso Patton aveva usato espressioni come quella che riportiamo di seguito: « Se si arrendono quando tu sei a due-trecento metri da loro, non badare alle mani alzate. Mira tra la terza e la quarta costola, poi spara. Si fottano, nessun prigioniero! È finito il momento di giocare, è ora di uccidere! Io voglio una divisione di killer, perché i killer sono immortali! » Un altro tragico episodio, questa volta a carico dell’Asse, si verificò a Castiglione di Sicilia dove un gruppo di tedeschi, della divisione Hermann Goring, offesi da un furto, per reazione spararono sulla popolazione civile lasciando sul terreno 16 vittime. Come aveva immaginato Churchill, l’effetto dello sbarco sulla situazione politica italiana fu micidiale. Mussolini, colui che aveva sostenuto la assoluta invulnerabilità del territorio italiano, era stato clamorosamente smentito; il suo carisma crollava e questo crollo incoraggiava gli oppositori a venire fuori assestando il colpo decisivo al regime. Non é dunque fuori luogo affermare che lo sbarco del 10 luglio costituì la causa scatenante del colpo di Stato del 25 luglio che avrebbe messo fuori gioco il Duce del fascismo. Di PASQUALE HAMEL
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