I giovani invecchiano scioperando contro i tagli alla scuola. Sono giovani senza speranza, senza illusioni e spesso strumentalizzati da chi gestisce le risorse e vorrebbe potersene accaparrare in maggiore misura . Il problema della scuola non sono la quantità delle risorse ma il modo in cui vengono gestite quelle esistenti. Infatti, l’Italia spende per la scuola più della media OCSE, senza riuscire a dare agli studenti una preparazione all’altezza degli standard internazionali. In verità, la scuola non è costruita per gli studenti ma per garantire un reddito a chi ci lavora dentro se, come emerge da tutte le indagini e come è reso evidente anche dagli ultimi provvedimenti del Governo Letta, la maggior parte delle risorse serve a pagare gli insegnanti ed a mantenere le strutture, peraltro fatiscenti. E la stabilizzazione dei precari, un modo spregiudicato di aggirare la Costituzione che imporrebbe il concorso pubblico per l’accesso alla pubblica amministrazione, sta lì a dimostrarlo. La fuga dalla scuola è la risposta alla domanda di che senso abbia andare a scuola se una maggiore istruzione non garantisce una maggiore uguaglianza e quando lo status ed il benessere economico dipende da altri fattori. Se il mondo del lavoro funziona solo attraverso raccomandazioni e non ci sono canali autonomi di accesso ne criteri oggettivi di selezione la scuola, allora, diventa un’inutile perdita di tempo. I giovani, quindi, devono scendere in piazza non per chiedere più soldi ma entrare nel merito di come vengono utilizzate quelli che già ci sono altrimenti, inconsapevolmente, fanno il gioco di chi li gestisce. E devono, soprattutto, chiedere e chiedersi a che serve la scuola se poi le vie d’accesso al lavoro sono corsie riservate agli amici ed agli amici degli amici.
Di Riccardo Cappello, da Il Cappio