Mar 07
La prostituzione regolare, di Alessandro Bertirotti
Il 04 marzo 2014 è stato presentato presso il Senato della Repubblica il Disegno di Legge n. 1201 (prima firmataria, Sen. Maria Spilabotte – PD) che regolamenta la prostituzione femminile e maschile nel nostro Paese.
Il DDL si fonda su due ragioni che sono sia scientifiche che antropologicheed ambedue evolutivamente giustificate: a), i comportamenti sessuali sono dettati da variabili fisiologiche e da modalità culturali; b), poiché l’Uomo per la sua sopravvivenza ricerca il piacere questa ricerca va educata nella sua espressione.
La repressione della ricerca del piacere alimenta il gusto del proibito, come ogni forma di repressione, e la violenza delle modalità di realizzazione.
Nell’essere umano i comportamenti per essere accettati dalla comunità devono passare al vaglio della coscienza. L’esercizio della coscienza è un atto cognitivo individuale, ma è comune a tutti gli individui (che ne facciano uso o no) per cui ha una dimensione culturale.
Ogni essere umano anche nei propri comportamenti sessuali deve porre attenzione (quindi coscienza) al modo in cui li esprime in base alle proprie esigenze personali, ma anche nel rispetto delle esigenze della società in cui è inserito.
La prostituzione nasce nella nostra specie come necessità inderogabile, messa a punto dalla femmina umana, per poter alimentare la prole donando piacere sessuale a quel maschio che, rientrando dalla caccia, porta le prede e le distribuisce nel gruppo a sua discrezione (prostituzione alimentare) (Chiarelli B., 2003, Dalla natura alla cultura. Principi di Antropologia Biologica e Culturale, Piccin Edizioni, vol II., Padova).
Quando la nostra specie si è evoluta al punto tale da formare delle famiglie, o gruppi stabili di maschi e femmine, la sessualità è diventata l’insieme di quelle azioni che dimostrano un legame fisiologico, oppuresentimentale-affettivo, verso un’altra persona. Questo legame, di qualsiasi tipo esso sia, esige la regolamentazione del gruppo sociale all’interno del quale si verifica, con la elaborazione di leggi nel rispetto delle quali diventa possibile e legittimo comportarsi. Ecco perché, anche il comportamento prostituivo deve avere una regolamentazione nella società, infatti una situazione in cui non esistono regole di comportamento finisce per essere gestita come fosse in presenza di una regola generale: nessuna regola = anarchia.
In conclusione, per regolamentare qualsiasi comportamento umano, come avviene per le situazioni pubbliche specialmente del sociale (ma che si ripercuotono anche nel privato dei singoli) esiste tanto la coscienza, intesa come forma della mente che esercita l’attenzione, quanto il giudizio sociale che il comportamento umano subisce quando si manifesta pubblicamente.
Forme di schiavitù sono esistite in passato ed esistono tutt’oggi nel mondo umano, perché la violenza e la sottomissione sono espressioni di un godimento mentale che fa sentire l’Uomo onnipotente. Egli infatti, aspira all’onnipotenza, ma sa anche che non potrà mai raggiungerla, pena la sua disumanità. Ecco perché una educazione all’esercizio del piacere, permettendo alle persone di conoscere con attenzione i propri desideri sessuali (sia che si eserciti la prostituzione che invece la si frequenti), può derivare da una regolamentazione, grazie alla quale si prende coscienza delle azioni che si fanno, dei comportamenti che si possono e si devono attuare per non ridursi in schiavitù, e per non indurre se stessi ed altri aschiavizzare i propri simili.
Le regole servono perché ci aiutano a prendere coscienza dei nostri comportamenti che non devono nuocere agli altri prima che a noi stessi.
Di Alessandro Bertirotti, l'Antropologo della Mente