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Mar 19

Cambiare senza rischiare? Non si può. Ma l’Italia ci prova lo stesso

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Non ci sarebbe stato Tony Blair se non ci fosse stata la Thatcher ad aprirgli la strada, rompendo lo status quo, affrontando con decisione i problemi e cancellando in una sola notte tutte le contee inglesi. Ma in un’Italia in cui abbondano i tattici ed i furbi ma scarseggiano gli strateghi e gli intelligenti, di Thatcher non se ne trovano.  Così, ad esempio, nella nostra Costituzione non esiste alcuna norma che costringa i cittadini di iscriversi ad un albo per dimostrare la propria capacità ad esercitare un qualsiasi lavoro. L’istituzione di un albo e di un ordine è una scelta del legislatore interessato a costruire uno stato verticistico fondato sulle categorie il cui potere è legato ai numeri che ciascuno di essi è in grado di buttare nell’urna. Man mano che cresce il potere ed il numero dei raggruppamenti l’azione dello Stato è paralizzata dalla rete di compromessi per comprarne il consenso. Nel perverso abbraccio tra politica e categorie non si riesce più a distinguere chi sia prigioniero di chi. I rappresentanti dello Stato assegnano privilegi alle categorie i cui vertici li assegnano a quelli, tra gli iscritti, che li sostengono Si è costruita una catena che si sviluppa verticalmente legando politica, burocrazia, professioni, economia, cultura e le innumerevoli entità che si muovono rafforzandosi reciprocamente. Sull’interesse collettivo prevale quello del clan di appartenenza per cui il popolo è sovrano solo in virtù di un’affiliazione. Lo Stato concepito per proteggere gli interessi di tutti è diventato la cinghia di trasmissione degli interessi delle minoranze organizzate per cui la marginalità dei giovani è spiegabile con la loro non organizzazione in categorie. Il mondo cambia anche se l’Italia non se ne accorge. Di Riccardo Cappello
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