«

»

Set 16

L’Obameide, di Maurizio Bonanni

Share

modificata

Ricordate l’Eneide e la fuga di Enea da Troia distrutta? Ebbene, anche Obama ha avuto diritto alla sua “Obameide”: fuggito dall’Irak e dall’Afganistan, rischia di ritrovarsi i nemici di sempre nella sua “Fortress America”. Perché, giustamente, qualche milione di americani musulmani lo spaventa, soprattutto dopo le scontate promesse dei capi dell’Isis di riportare il terrore in tutte le città dell’Occidente. E quanti aspiranti martiri troveranno i turbanti neri tra i giovani immigrati, di seconda e terza generazione, che vivono nei Paesi anglosassoni? Vi siete mai chiesti che fine abbiano fatto le divisioni regolari (con le loro dotazioni di armi moderne -di fabbricazione americana- e con le annesse salmerie) e i soldati, che si arrendono in massa a questi “straccioni”? Gli americani dovrebbero smetterla di far credere al mondo che la nostra superiorità aerea sia in grado di fermare i nuovi barbari! Non l’avevamo, forse, anche quando eravamo presenti in forze in Afganistan e in Irak? A che cosa mai servirà bombardare dall’alto, quando si tratterà di riconquistare città densamente popolate, cadute sotto il controllo dei miliziani, senza per questo impegnare, via terra, un nutrito contingente militare di spedizione, mandandolo a combattere quartiere per quartiere, casa per casa? Vi ricordate che cosa accadde al miglior esercito del mondo, quello israeliano, quando tentò di bonificare gli acquartieramenti degli Hezbollah ai confini del Libano?

 

Ed è sul.. “terreno” di combattimento (giungla, deserto, montagne..) che una superpotenza come l’America è stata più volte costretta a perdere la faccia e ritirarsi, più o meno con ignominia (Corea, Vietnam, Afganistan, Irak..), perdendo in battaglia un gran numero di soldati. Nessuna opinione pubblica, oggi, è disposta a veder rientrare a casa migliaia di sacchi neri, senza reagire e chiedere il ritiro dei propri militari. Lì sta l’immensa forza dei fondamentalisti, che non temono perdite pari a dieci volte tanto, e praticano la guerra non ortodossa, con migliaia di uomini e donne che indossano cinture esplosive, obbedendo a strategie multiple e diversificate. Conosciamo, ormai, assai bene le attività di resistenza e di micro guerriglia, come quelle di: disseminare il territorio di trappole al tritolo -che assumono le forme più inconsuete e insidiose-, trasportate e collocate da persone insospettabili -come donne, anziani e bambini, anche molto piccoli- lungo le strade e le aree di sosta e ristoro; colpire qualsiasi obiettivo civile e militare nelle circostanze più impreviste e con qualunque mezzo; eliminare chiunque (in base al detto maoista “Colpiscine uno, per educarne cento!”), tra la popolazione civile, che si renda complice d’intelligenza con il nemico invasore.

 

Del resto, quanto è costato, in perdite militari, agli israeliani l’ultimo intervento nella striscia di Gaza? Di sicuro, si tratta di una fatica di Sisifo: grazie agli aiuti dei “fratelli” arabi, tra qualche tempo, Hamas ricostruirà i suoi tunnel, e tenterà di colpire Israele con altre alluvioni di missili che, seppur obsoleti -per cui solo pochissimi saranno destinati a perforare lo scudo antimissile-, raggiungeranno lo stesso qualche centro abitato in territorio nemico, riavviando la spirale della rappresaglia, da parte dell’aviazione israeliana. Alla quale farà da corollario drammatico la trista contabilità di migliaia di vittime innocenti, da parte palestinese che, poi, rappresentano l’esercito dei “martiri”, destinato a perpetuare la dittatura di Hamas sui territori. All’orrore della guerra, farà seguito, dapprima, l’intervento della diplomazia internazionale, con decine di tregue dichiarate e non rispettate e, infine, l’apertura di un tavolo di confronto e colloquio, che favorisca la fine delle ostilità. Senza mai la speranza di una pace stabile e definitiva. Lo stesso scenario si profila “esattamente” per l’Isis, ma senza la presenza di un protagonista e di un sicuro alleato dell’Occidente, come Israele.

 

E, qui, per gli americani e per noi, non si tratterà di colpire con bombardamenti mirati un territorio limitato, come la Striscia. No: in questo caso, dovremo confrontarci con uno scenario simile al tentativo alleato di distruggere la Linea Sigfrido e le roccaforti tedesche a Cassino con bombardamenti a tappeto, per poi scoprire che la Wehrmacht aveva mantenuto intatte le sue divisioni corrazzate, nascondendole sotto una montagna di roccia e cemento armato! Figuriamoci se l’Isis non provvederà a fare altrettanto, scavando hangar sotterranei nel deserto,  e rendendo un inferno gli accessi da terra, con mine sparse per centinaia di km di raggio! Del resto, la colpa di quanto sta accadendo è davvero tutta nostra: le famigerate “primavere arabe”, che abbiamo appoggiato senza riserve, credendo, più o meno, in buonafede che fossero un percorso democratico per l’autodeterminazione dei popoli mediorientali, si sono rivelate l’incubatrice di milizie armate, ben più estremiste di Al Qaeda! E l’Irak ne è stato la culla, grazie al disegno folle e antistorico di voler “esportare la democrazia”, in luoghi culturali, etnici e religiosi, in cui tale concetto era perfettamente estraneo e sgradito.

 

Dall’altra parte, per capire come l’Isis goda di un autentico sostegno popolare, occorre prendere in seria considerazione gli aspetti del radicamento del consenso a favore dei fondamentalisti che, in regioni poverissime, devastate dalla tirannia e dalle guerre civili, operano sul modello di Hamas, attraverso organizzazioni caritatevoli islamiche. I suoi militanti soccorrono i più bisognosi; impongono la decima (come i romani facevano in Palestina, ai tempi di Gesù) ai più ricchi; assistono le vedove, le mogli e i figli dei combattenti e dei caduti; diffondono i principi della solidarietà islamica, là dove c’era soltanto il marcio della corruzione, della delazione, della tortura per i dissidenti e del terrore, per tutti, delle polizie segrete. E queste circostanze fanno sì che esistano delle ragioni concrete per cui, nelle aree controllate dall’Isis, non si assiste a nessuna rivolta di popolo, perché le persone, in fondo, si sentono appartenenti alla Umma universale dei fedeli musulmani. Quindi, a che cosa mai serviranno le astratte dichiarazioni di guerra del Presidente Obama e degli altri leader europei? Per battere l’Isis sul campo e nel resto del mondo, non rimane altra strada che quella di ricorrere a una forma di guerra non ortodossa, molto più crudele della loro. L’Occidente (già profondamente vigliacco di suo, costantemente mimetizzato e blindato dai suoi principi di “legalità”), sarà mai disposto a lasciare sul terreno parecchie migliaia di soldati, per quella che in molti già considerano una nuova guerra del petrolio?

 

Del resto, se i miliziani dell’Isis non avessero disgustato tutto il mondo con le decapitazioni di civili occidentali, non li avremmo, forse, lasciati soli a regolare i loro conti con sciiti e curdi? E, direi, che la soluzione dell’isolamento diplomatico e commerciale sia ancora la migliore arma, per non rischiare di andare a soccorrere dittatori sanguinari come Assad, o i Governi sciiti di Bagdad, che si sono guadagnati l’odio di tutte le altre minoranze irakene. Del resto, il vento del terrore islamico si è alzato ancora una volta, portando i suoi semi velenosi in tutti gli angoli del mondo. Noi potremmo colpirli all’interno del loro Stato Islamico, ma dovremmo, come rappresaglia, sopportare lo scempio di attentati orribili, come quelli alla metropolitana londinese, o alle stazioni ferroviarie in Spagna. Un gioco al massacro, che non ci vedrà di certo vincitori. L’unica strada, è quella di stendere un cordone sanitario impenetrabile, tutt’intorno a quell’area, lasciando che sia un altro potere totalitario a sostituirsi ai dittatori e satrapi, che noi Occidente abbiamo sempre appoggiato, dalla Guerra Fredda in poi.

Di Maurizio Boannanni

 

Share

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Puoi usare i seguenti tag ed attributi HTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Questo sito fa uso di cookie tecnici e di terze parti per il suo funzionamento. Per ulteriori informazioni sui cookie e su come eventualmente disabilitarli, leggere la Informativa estesa cookie. Proseguendo la navigazione, ricaricando questa pagina o cliccando sul link Accetta cookie si accetta quanto specificato nella Informativa estesa cookie. Informativa estesa cookie | Accetta cookie