Il dottor Ugo Donati è il direttore del Pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni Evangelista di Tivoli, cittadina laziale dove pochi giorni fa è avvenuta l’ultima aggressione in ordine di tempo ad operatori sanitari.
Dottor Donati, può spiegarci cosa è successo?
Mi sembra giusto specificare che la Direzione strategica dell’Azienda Roma 5 si è immediatamente mossa per farsi parte integrante dell’attività di denuncia nei confronti del soggetto. La denuncia è stata effettuata nella giornata di sabato dal sottoscritto come rappresentante delegato dalla Direzione strategica. Quindi è da rimarcare che immediatamente, anche alla luce delle recenti disposizioni regionali, le Direzioni strategiche diventano praticamente suppletive e implementanti di quella che è l’attività di denuncia che una volta veniva svolta dal singolo operatore che era interessato alla vicenda.
È mai successo che prima la denuncia si evitava per qualche ragione?
Non che io ricordi o che ne abbia conoscenza diretta. Il dipendente, a seconda di quanto era colpito o arrabbiato, presentava denuncia in maniera autonoma ma non sempre aveva il supporto della sua azienda. Questa è la terza situazione in cui come direttore di Unità Operativa mi trovo a dovere sporgere denuncia nei confronti di chi causa i danni.
La persona in questione si era proposta di ripagare i danni?
A mio giudizio, ad atteggiamento duro deve seguire una linea dura: queste forme di pentimento dopo aver commesso un fatto, se pur a volte non nella piena coscienza individuale, lasciano il tempo che trovano. Se uccido una persona perché vado a 200 km orari in città, è chiaro che me ne devo assumere tutte le responsabilità, non basta che chieda scusa alla famiglia dopo che ho ammazzato tre persone. In questo caso non parliamo di omicidio, ma di danni procurati, anche dal punto di vista psicologico; singolarmente non sono pochi, non solo agli operatori, anche a tutti gli astanti. Erano presenti anche dei bambini che abbiamo cercato subito di mettere in sicurezza allontanandoli, e non credo sia stata una scena costruttiva.
Cosa è accaduto nella specifica situazione di venerdì?
La persona in questione ha cominciato ad aggredire verbalmente il nostro operatore del Triage e poi ha continuato con parole e fatti: non entro nello specifico perché, pur essendo stato autorizzato dalla direzione sanitaria aziendale a rilasciare questa intervista, ci saranno delle indagini. Voglio fare personalmente i miei complimenti a questo nostro operatore per non aver reagito minimamente contro questa persona, per essere rimasto impassibile dinanzi alle offese sulla sfera personale, per non aver risposto neppure con uno sguardo, anzi cercando di continuare il suo lavoro per come ha potuto, attivando tutti i processi di salvaguardia per sé e per i pazienti.
Sono situazioni che da voi accadono frequentemente?
Ringraziando il cielo non posso dirlo considerati gli alti numeri di accesso al Pronto soccorso, ma a volte accadono. Purtroppo se ci troviamo davanti degli esagitati, può succedere per ineducazione, per impunità, o perché incapaci di intendere e di volere, perché hanno abusato di droghe o alcol, io sono convinto che questi fenomeni accadrebbero comunque anche se noi avessimo una squadra di Marines all’interno del Pronto soccorso. È anche già successo che le stesse pattuglie della polizia venissero anch’esse malmenate da soggetti che purtroppo sono in situazioni incontrollabili. Quindi il cosiddetto percorso per l’umanizzazione, per quanto assolutamente auspicabile e per quanto debba andare di pari passo con la difesa dell’operatore, purtroppo non è facilmente realizzabile. Perché queste cose sono capitate nel passato, capitano oggi, ma capiteranno sicuramente anche domani.
Donati, dalle sue parole trapela un grande scoraggiamento.
Guardi, probabilmente dico una bestialità, chi lavora in Pronto soccorso sa che questi sono inconvenienti che fanno parte della sua attività lavorativa dal momento in cui mette una firma su un contratto.
Ci sono stati i casi di alcuni medici e soprattutto di alcune dottoresse, e sottolineo il genere femminile, poiché queste ultime sono state violentate, che hanno preso sprangate. Forse questi casi andavano affrontati diversamente, si potevano evitare?
Certo, noi dovremmo avere guardie armate all’interno dei Pronto soccorso che abbiano poteri pieni nei confronti di chiunque si rivolga in un certo modo nei confronti del personale e dei pazienti.
Ma il rischio non è il Far West?
Siamo già nel Far West. Se lei fosse presente in quei momenti vedrebbe che è peggio del Far West. Una sola persona mette a soqquadro un sistema organizzativo, mette a soqquadro tutte quelle difese che possiamo aver messo in campo per cercare di arginare questi processi. Presente io, che ho preso calci in faccia anche personalmente. Questo la dice lunga sulla possibilità di potersi relazionare o interagire con persone che purtroppo in quei momenti non sono loro stessi. Poi tutti quanti chiedono scusa dopo. Ma in quel momento sono persone irragionevoli. Ben venga dunque la pronta iniziativa della direzione strategica a tutela degli operatori. Tolleranza zero.
@vanessaseffer
Nov 14