Noi in vita
La nostra specie è l’unica ad essere dotata di coscienza, anche se non siamo del tutto certi che altri esseri animali siano dotati di manifestazioni mentali che si avvicinino alla funzione che essa assolve. Se questo è possibile, diventa necessario per noi proporre una definizione precisa di cosa sia la coscienza.
La coscienza è la funzione principale della mente, grazie alla quale ogni individuo è presente agli stimoli esterni e interni della realtà in cui vive, che determina la formazione di un “sentire e credere” (convincimenti) qualche cosa circa la propria identità.
In quest’ottica, la coscienza diventa necessariamente la dimensione più importante della nostra esistenza in quanto esseri umani, perché è grazie ad essa che riusciamo a collegare fra di loro il passato, il presente e il futuro all’interno di una architettura che preserva in noi il sentimento di identità personale con il cambiamento che lo scorrere del tempo prevede.
In altri termini ancora, la coscienza ottiene il risultato, nel suo funzionamento, di farci percepire il nostro permanere uguali a noi stessi pur nel cambiamento delle circostanze, e viceversa, di farci percepire i nostri cambiamenti interiori ed esteriori in circostanze identiche.
La prova di questo importantissimo funzionamento della mente, grazie alla presenza della corteccia cerebrale, è nella comune percezione secondo cui ogni individuo afferma costantemente di essere se stesso anche cambiando qualche cosa di se stesso.
Si tratta di permanere cambiando e cambiare permanendo, secondo una relazione dinamica fra ciò che ogni individuo crede di essere e fare e ciò che cambia intorno a lui stesso e dentro se stesso. Appare chiaro come questa funzione mentale sia pre-ordinata geneticamente, si sviluppi assai lentamente durante l’evoluzione ontogenetica (ossia a partire dallo sviluppo del bambino sino al decesso) e giunga al suo funzionamento relativamente costante e continuo solo dopo i diciotto anni.
Abbiamo parlato di funzionamento relativamente costante della coscienza, perché in alcune circostanze, esclusa la notte quando si dorme e si sogna, la coscienza può alterarsi, ossia funzionare sottotono oppure sopratono. Per esempio, durante un periodo di depressione esistenziale, il funzionamento della coscienza è decisamente compromesso, perché anch’esso è influenzato dal tono generale dell’umore. Inoltre, sempre in questo caso, interviene la stessa coscienza a determinare la percezione di una identità depressa in quel preciso periodo di vita.
In sostanza, il ruolo della coscienza è quello di ricevere informazioni interne ed esterne a se stessa integrandole all’interno del sentimento della propria identità, ma nello stesso tempo è essa stessa che invia messaggi al cervello circa lo stato di se stessa. Siamo in presenza di una relazione biunivoca fra la coscienza, le sensazioni fisiologiche e le percezioni elaborate che la raggiungono, e il suo rispondere a tali stimoli con la produzione di un pensiero che permette la formulazione di questa frase: “io sono in questa situazione”.
Ed ecco che nasce l’idea di presente e di essere presenti a se stessi e ad una situazione. Senza coscienza non esisterebbe dunque nemmeno la percezione del tempo, del cambiamento e della propria identità.
Quando essa viene minata, attraverso una serie di informazioni volutamente contraddittorie dall’ambiente esterno con cui si tende a indebolire la capacità di comprendere il presente (come accade in questo periodo), è evidente che la coscienza non riesce a pensare al futuro, ossia a “lavorare” affinché l’individuo sia in grado di immaginarsi in qualche modo in un tempo a venire.
Se il presente non viene compreso, ossia le persone non riescono ad intendere verso quale direzione approderanno i cambiamenti sociali ed economici in atto, il sentimento di identità personale sarà lungamente limitato ad un presente senza futuro, creando uno “sbandamento” cognitivo nella persona che non riesce ad individuare gli scopi per cui valga la pena faticare, lavorare ed operare scelte precise.
Tutto questo discorso vuole evidenziare una situazione globale nella quale ci troviamo che reputiamo decisamente grave: la presenza di una “comunicazione mediatica” completamente falsata rispetto alle esigenze delle coscienze umane (sapere perché nel presente “siamo in un certo modo” in vista del futuro) comporta quello sbandamento di cui abbiamo parlato.
Non avere chiaro il perché di quello che la coscienza percepisce come presente, significa produrre un “decesso in differita” della popolazione mondiale…
Da Controcampus