Commovente lettura del volumetto di Andrea Castellano "Pietro Lungaro, alle Fosse Ardeatine" con sottotitolo "per la libertà e la democrazia", edito da Coppola editore, libro che racconta la drammatica vicenda in cui si consumó il sacrificio di un uomo coraggioso ed idealista negli anni di "Roma città aperta". Pietro Ermelindo Lungaro, questo era il suo nome completo, era un giovane brigadiere di polizia, trapanese d'origine, in servizio a Roma nella caserma Sant'Eusebio, vicino alla stazione Termini. Pur di fede monarchica - forse mediata dalla frequentazione di un esponente del gruppo, il colonnello Umberto Grani (anche lui ucciso alle Ardeatine) - aderisce al Partito d'Azione e negli anni dell'occupazione tedesca di Roma partecipa attivamente alla resistenza fornendo supporto logistico. Il suo compito era quello di distribuire armi ai gruppi della resistenza e di dare informazioni utili per le azioni clandestini. Pur operando con grande riservatezza per non mettere in pericolo la famiglia, comincia a destare sospetti e ben presto cade nel mirino dei fascisti. A Roma, in quei giorni, era calata la famigerata banda Koch, invasati fascisti già distintisi per sadiche violenze, che nei locali della caserma di via Tasso, con la complicità e perfino partecipazione del prefetto Caruso, si abbandonava ad ogni efferatezza. I prigionieri, rastrellati da queste orde fanatiche, molti dei quali comuni cittadini il cui unico delitto era quello di avere espresso qualche opinione contraria al regime, venivano sottoposti a sevizie inenarrabili. Anche Lungaro, il 7 febbraio del 1943, viene prelevato dalle SS, e tradotto in via Tasso. Era stato tradito da un infiltrato, un certo Albertini che, novello Giuda, per quella delazione aveva ricevuto dai tedeschi 5 mila lire di premio. Sottoposto a torture, rimase in quei terribili ambienti per oltre un mese fino a quando, il 24 marzo 1944, fu portato insieme a tanti altri alle Fosse Ardeatine per essere giustiziato. Proprio il 23 marzo infatti, un gruppo di Gappisti al comando di Rosario Bentivegna, a Roma, in via Rasella, aveva fatto esplodere una bomba causando la morte di 32, poi divenuti 33, soldati della divisione Bozen che si trovavano a passare da quella strada. I Tedeschi reagirono con rabbia all'attentato, invocando il diritto di rappresaglia. Per ogni tedesco morto sarebbero stati uccisi 10 italiani. Furono così rastrellati dal capo delle SS a Roma, il famigerato colonnello Herbert Kappler, un gruppo di ebrei e con essi i numerosi detenuti in via Tasso e nel carcere di Regina Coeli. Pare che per arrivare al numero voluto i carnefici avessero avuto qualche difficoltà. Fra questi c'é anche Pietro Lungaro. Vengono tutti uccisi, con un colpo di pistola alla testa, e abbandonati in quell'orrenda cava che da allora é divenuto simbolo non solo della resistenza ma della barbarie umana.
Castellana ci regala, dunque, un ritratto utile a non perdere la memoria di quei tempi, per non dimenticare chi non ha avuto dubbi di sorta a schierarsi per la democrazia e la libertà consapevole dei rischi che questa scelta poteva comportare. Un libro scritto con grande partecipazione emotiva che presenteremo il 28 giugno a Palermo nei locali della caserma dedicata a Pietro Lungaro. Sarà anche l'occasione per ricordare anche le 335 vittime delle Fosse Ardeatine che, oltre allo stesso Pietro Ermelindo Lungaro, fra gli altri, annovera tredici siciliani."
Pasquale Hamel