«

»

Set 17

L’Attesa”, di Maurizio Bonanni

Share

 

Sì, davvero: “Forza Italia”! Ma con ben altro senso, rispetto a imminenti “remake” del recente passato, partoriti dalle parti di S. Lorenzo in Lucina. Nemmeno a sorridere, come facevamo una volta, dietro la sgrammaticatura di: “Io, speriamo me la cavo!”. No, qui non si tratta di attendere Godot-Berlusconi, per sapere quale sarà la sorte del nostro Paese. Perché al “redde rationem” ci siamo già da tempo, e le menzogne disperate di chi ci governa servono soltanto a rendere più lunga e dolorosa la necessaria presa d’atto, da parte di tutti noi. Sapete perché la Germania cresce e non si ferma, a dispetto della crisi? Semplice: i tedeschi sono gente concreta che, invece di contare il denaro e giocare con i derivati e la finanza creativa, hanno preferito continuare a sfornare beni reali, di qualità sempre più elevata, e competitivi in tutto il mondo. La meccanica fine, l’automotive, etc., ne sono una testimonianza indiscussa. Ma, come ci hanno fatto vedere alcune inchieste-verità, i posti di lavoro creati in più in Germania, in questi anni, non parlano esclusivamente tedesco. Anzi: da qualche tempo, contro la crisi che sconvolge dalle fondamenta il tessuto agricolo-industriale del Mezzogiorno d’Italia, è ripresa -lenta e silenziosa- la risalita dei nostri emigrati (giovani, adulti, anziani, donne e uomini, con esperienza lavorativa nel manifatturiero e nell’edilizia) verso il Reno, il Belgio e altri Paesi d’Europa, che crescono molto più di noi. Addirittura, per altre Nazioni del Sud Europa, come il Portogallo, si sta verificando un fenomeno straordinario (gli inglesi ne sanno qualche cosa..): il riflusso progressivo di centinaia di migliaia di persone disoccupate, in cerca di un lavoro e di un futuro migliore, verso le ex colonie portoghesi dell’Africa centrale. Angola e Mozambico, infatti, sono ricchissime di materie prime, e possiedono territori vastissimi da popolare, disponibili ad accogliere una popolazione immigrata, che abbia voglia di fare e possegga le conoscenze tecniche indispensabili alla crescita economica di quei Paesi lontani. Questo significa che, per i prossimi decenni, il Portogallo si vedrà fortemente impoverito delle sue più giovani generazioni, meglio formate e dinamiche. I loro anziani pensionati, al contrario, sono caduti, per la grande maggioranza, nella trappola della povertà, causa Austerity e “Troika”, che ha fatto scendere la pensione minima a 200 € (da noi, rimane a 500 €)! Altro capolavoro, sempre a opera di Bruxelles, è stata la rinuncia del governo portoghese a mantenere in vita l’equo canone, fatto quest’ultimo che ha provocato l’aumento indiscriminato -di almeno cinque/sei volte- degli affitti calmierati! Anche lì, la morìa di negozi, piccole attività commerciali e artigianali, assomiglia come una goccia d’acqua agli attuali mali italiani. Lisbona e Roma, per di più, brillano per il livello di tassazione feroce (imposto dalla Troika e dalle condizioni-capestro volute da Bruxelles, affinché i nostri due Paesi rimanessero nell’euro, evitando il default), che grava sulle attività produttive e sulle imprese private. E queste ultime, senza più commesse, clienti e consumi, sono costrette a chiudere e a licenziare in massa, facendo crollare ulteriormente il Pil interno, con il bel risultato di provocare un sempre maggior indebitamento pubblico, derivante dall’esigenza di compensare il conseguente, minore gettito fiscale! E altrettanto avremmo potuto fare noi italiani, se non avessimo avuto in Libia un colonnello xenofobo, sponsor di tutti i movimenti terroristi panarabi. Fu grazie a Reagan che il nostro smise di giocare con il tritolo, dopo aver subito un furioso bombardamento aereo, sulla sua famosa “tenda”! E la soluzione della fuga, verso quella nostra ex colonia, che trabocca di petrolio di ottima qualità, ci viene oggi impedita, ancora una volta, dalla guerra civile in corso, che tutto l’Occidente sta perdendo, a favore dei seguaci di Al Qaeda. Anche grazie, occorre dire, alla vocazione genocidiaria di Assad, emulo di Saddam che, come lui, sterminò migliaia di civili curdi e soldati nemici iraniani con lo stesso gas, durante la guerra Iran-Irak della fine degli anni ’80. Chiedetevi perché, all’epoca, nessuno mobilitò il Consiglio di Sicurezza Onu, per punire il dittatore irakeno, a seguito di una simile, gravissima violazione dei Trattati internazionali. Se non ci siete arrivati, ve lo dico io: Stati Uniti e Russia dettero (certo, non in diretta televisiva) semaforo verde a Saddam, per arrestare il mostro dello sciismo jihadista, capitanato da Khomeini, e del fondamentalismo islamico, con cui si fronteggiavano, da un lato, i sovietici, a seguito dell’invasione dell’Afganistan e, dall’altro, gli americani, a livello planetario, dopo i fatti tragici dell’Ambasciata americana a Teheran e la rottura dei rapporti diplomatici con il regime degli Ayatollah.

Torniamo a noi. Stando ai numeri autentici, la verità è questa: il nostro tessuto industriale è, drammaticamente, “andato” e, per decenni almeno, non si ricostituirà più. Punto. Quindi, la nuova, auspicata occupazione di massa non verrà da lì, perché sulle nostre attività produttive grava un fisco leviatano (il 60% dei redditi d’impresa se ne va in tasse!) e un sistema folle, che ha il suo fulcro in Equitalia, per cui uno Stato incapace e corrotto non riesce a compensare le partite dare-avere con imprese e privati cittadini. Burocrazia, scuola e sanità, che in Germania sono il motore e forza dello sviluppo economico, qui in Italia, al contrario, rappresentano la macina che ci affonda, essendo noi preda e vittime delle più feroci corporazioni amministrativo-sindacali dell’Occidente, che disprezzano il merito e hanno il terrore della verifica dei risultati.

Ad es., malgrado le dichiarazioni roboanti di Enrico Letta (“tagliamo le auto  blu”!), decine di migliaia di effettivi delle forze dell’ordine continuano a essere impegnati, ogni giorno, alla guida di macchine di servizio, a disposizione dei dirigenti civili e di quelli in divisa. Ovvero, adibiti al servizio scorte che, il più delle volte, sono   motivate esclusivamente da esigenze di status, anziché da ragioni inoppugnabili di sicurezza. E quegli autisti, anziché svolgere funzioni d’istituto, sono obbligati a stazionare nelle adiacenze degli uffici ai quali sono aggregati, o delle residenze private, senza ricevere nessun altro tipo di mansione aggiuntiva, percependo, per di più, il massimo dello straordinario. Una vera vergogna, Signor Primo Ministro! Perché, Lei che può, non adotta una bella circolare, chiara e forte (Lei lo sa: non serve di più!), in cui si dice che “tutte” le Amministrazioni pubbliche sono obbligate a sottoscrivere, per il trasporto dei propri dirigenti, una convenzione Consip -nella formula onnicomprensiva di autista, assicurazione Casco, manutenzione delle autovetture, etc.-, che darebbe un’occasione di crescita alle aziende private del settore? Il sistema deve, poi, poter valere anche per i gradi militari superiori, qualora non direttamente operativi, riservando esclusivamente a quelli in prima linea l’utilizzo delle autovetture con le insegne d’istituto o di quelle “banalizzate”! Sa quanti “veri” posti di lavoro si creerebbero, così facendo, aumentando -per di più- la sicurezza complessiva di questo Paese? Ha fatto un calcolo delle centinaia di milioni di euro che si risparmierebbero, così facendo? Tranquilli, miei cari concittadini: voi e io non riceveremo nessuna risposta rassicurante in merito, né ora, né mai! Di Maurizio Bonanni
Share

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Puoi usare i seguenti tag ed attributi HTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Questo sito fa uso di cookie tecnici e di terze parti per il suo funzionamento. Per ulteriori informazioni sui cookie e su come eventualmente disabilitarli, leggere la Informativa estesa cookie. Proseguendo la navigazione, ricaricando questa pagina o cliccando sul link Accetta cookie si accetta quanto specificato nella Informativa estesa cookie. Informativa estesa cookie | Accetta cookie