Scagli la prima pietra, colui che non ha mai spiato! E fu così che la Pubblica Opinione, fedifraga e fraudolenta, che sposa, a giorni alterni, una tesi e il suo esatto contrario, rimase senza lapidatori! E sì, perché a parte certe sacrosante questioni di principio, ne esistono altre a carattere esclusivamente pragmatico: se i leader più potenti del mondo continuano nella consolidata prassi di intercettarsi l’uno con l’altro, allora i loro incontri diretti si svuotano di significato, e aumentano all’inverosimile i livelli possibili di disinformazione reciproca. Perché, avanti di questo passo, i tavoli di trattativa internazionali si trasformeranno in partite di poker a carte coperte, in cui nessuno, alla fine, avrà veramente da guadagnare. Poi, però, per sfuggire a qualsiasi attività di spionaggio via etere, filo e cavo, gli interessati potranno sempre rivitalizzare la figura -ormai scomparsa- del camminatore e del corriere, per scambiarsi documenti cartacei (vergati a mano, per sicurezza: tutti gli altri, scritti con l’ausilio di Microsoft e affini, sono tranquillamente clonabili dagli “spyware”), di fatto non intercettabili. Anzi, consiglio a chi abbia qualcosa di serio da nascondere, di arruolare parenti stretti e devoti servitori, per riciclarli nel mestiere più antico del mondo (pari solo alle mercenarie del sesso) di “portaborse”.
Ma, che cosa cambia, per il cittadino comune, che chatta e scrive fiumi di mail e messaggini assolutamente insignificanti e banali, chiamando continuamente al telefono, la mamma, la zia, la fidanzata, l’amica? Nulla, in pratica. Infatti, vi immaginate voi milioni di “007” (che, poi, collettivamente costituiscono la così detta "Humint", che sta per Human Intelligence, fatta, quindi, di persone in carne e ossa) che si vanno a spazzolare “manualmente”, utilizzando tutti i cinque sensi naturali, le decine di miliardi di messaggi-spazzatura e/o conversazioni telefoniche, che ogni giorno scorrono su pc, social networks e cellulari di tutto il mondo, Italia compresa? Per chi sa, o ha un minimo di buon senso, sono -in realtà- le macchine che ci spiano. Difatti, in giro per il mondo, ma perfettamente mimetizzati nei loro bunker ultrablindati, esistono soltanto supercomputers e algoritmi gerarchizzati (che fanno parte integrante della così detta "Sigint" -o “Signal Intelligence-, per i cultori della materia!) che, per approssimazioni successive, "taggano" gli Ip o i cell. sospetti, sulla base di regole codificate di ricerca/selezione.
Solo al termine di questa immane attività di "spazzolatura" delle informazioni disponibili in giro per il mondo, da parte della Sigint, si mettono a fuoco conversazioni e comunicazioni sospette, ultima stazione di un lungo processo di “filtrature successive” e di monitoraggio nel tempo. Conclusa la scrematura digitale, arriva il fattore umano a verificarne la fondatezza investigativa e a cercare chi si nasconda sotto i vari nickname, falsi indirizzi di posta certificata, etc.. Molto più seria è la questione dell'intercettazione di Frau Merkel.. Solo che gli americani sono fessi e i tedeschi dritti: perché non ci dicono la verità, anche quelli di Berlino, quante volte e come hanno peccato, nei confronti dei loro alleati americani (e nostri)? Per completezza d’informazione, però, non è male sentire anche l’altra “Campana”, quella che sta Oltre Atlantico, negli edifici inaccessibili del Pentagono e della Nsa. Giorni fa, il periodico National Review (NR) ha pubblicato un interessante editoriale, dal titolo: “Why America Should Spy on Europe” (“Perché l’America deve spiare l’Europa”), di cui si sintetizza di seguito il contenuto.
Si parte con una citazione del 2008, di un Obama trionfante (nel ruolo di un “anti Bush”, con il suo atteggiamento deferenziale, accattivante e liberale) che, parlando a una folla adorante, assiepata nel Tiergarden Park di Berlino, asseriva: “Al di sopra di tutto, conta la fiducia reciproca”. Asserzione oltremodo ipocrita, tremendamente sfigurata dalle rivelazioni di Snowden e dell’ammissione, da parte americana, dell’esistenza di un sistema di spionaggio, indifferenziato e globale, denominato “Prisma”. Ha, quindi, ancora senso, oggi, parlare di relazioni internazionali, Europa-Usa, basate su di un nuovo patto di “non spionaggio” reciproco? Il periodico Usa individua tre ragioni fondamentali, per cui una cosa simile è del tutto priva di senso. La prima, riguarda la realtà dei rapporti Usa-Ue, in materia di strategie per la lotta al terrorismo che, solo in linea teorica, sono unificate, mentre divergono sul piano pratico.
Infatti, sul versante europeo, le operazioni di antiterrorismo si svolgono prevalentemente nella forma di attività di polizia. Fuori e dentro i confini dell’Europa, infatti, le operazioni d’intelligence si limitano a una “circolazione” di informazioni sulle potenzialità di una rete terroristica e sui suoi obiettivi. Viceversa, gli americani prediligono una metodologia decisamente più aggressiva. Ad es., se il giorno prima l’Fbi (che è una forza di polizia..) procede ad arresti di persone sospettate di terrorismo, il giorno dopo veniamo a conoscenza di operazioni “coperte”, condotte dalla CIA, che vanno a colpire basi terroristiche in Yemen, Pakistan, o altrove. Oppure, di lì a poco si scoprono operazioni “militari dirette”, condotte dalle Forze Speciali, in Somalia o Libia. Altre volte, le rappresaglie avvengono, senza che trapelino particolari in merito. Quindi, mentre l’America predilige una strategia di attacco, l’Europa mostra con orgoglio, di converso, la sua mentalità “garantista”.
È, quindi, importante riconoscere questa differenza fondamentale tra America ed Europa. Non averlo fatto in precedenza ha comportato seri contrasti, nel recente passato, tra gli Usa e Regno Unito, che -come, del resto, gli altri Stati europei- tende a tollerare che esistano all’interno del proprio territorio elementi legati, in qualche modo, a gruppi terroristici. Questo perché, se le forze di sicurezza inglesi (europee) decidessero di procedere “all’americana”, con un colpo di mano, per smantellare le reti terroristiche, sarebbero poi costrette a rivelare in giudizio le loro fonti e metodi operativi. Quindi, onde evitare di compromettere delicate attività di intelligence, le autorità europee preferiscono ricorrere ai così detti “agenti doppi” (che hanno dato, spesso, una prova disastrosa di sé), reclutando estremisti che operano all’interno dei network eversivi, limitandosi a condurre mere operazioni di sorveglianza, e facendosi il segno della croce, per tutto il resto. Se tanto mi dà tanto, il paradigma europeo non ha alcuna speranza di soddisfare gli imperativi nazionali di sicurezza degli Stati Uniti, dato che gli europei sono costretti a controllare da vicino un ampio numero di sospettati, senza risorse investigative adeguate.
Al contrario, la comunità dell’intelligence Usa ha le risorse necessarie per colpire e scoprire i complotti in fase di pianificazione. Per di più, l’America deve guardarsi anche le spalle da persone con passaporto europeo, che sono facilitate nei loro spostamenti verso gli Stati Uniti, per tutelare in tutti i modi possibili gli americani. Altro aspetto che inquieta Washington, riguarda la propensione degli europei a piegarsi al ricatto dei terroristi, pagando riscatti per liberare propri cittadini: denaro, quest’ultimo, che rappresenta la maggiore fonte di finanziamento per gruppi come Al Qaeda, che operano nella penisola arabica. Sebbene controvoglia, resta il fatto che, così facendo, gli europei forniscono un sostegno indiretto al terrorismo.
Secondo aspetto: una democrazia evoluta, come quella americana, esige una leadership informata. Pertanto, il perdurare delle difficoltà economiche dell’Europa, rappresenta una crisi di notevole importanza per l’economia globale e, quindi, per gli stessi Stati Uniti. Cercare di capire che cosa stia succedendo nelle negoziazioni europee sul bilancio, permette ai responsabili politici degli Stati Uniti di prendere decisioni il più possibile corrette! In quest’ottica, la raccolta d’informazioni d’intelligence sulle transazioni d’affari europee, ha il compito di mettere sull’avviso i governanti americani. Basti ricordare che, nell’imminenza dell’invasione americana dell’Iraq, nel 2003, moltissime compagnie francesi intrattenevano lucrosi rapporti d’affari con il regime di Saddam Hussein, affari che non dovevano apparire pubblicamente, essendo allora la posizione ufficiale della Francia di netta condanna di quel regime dittatoriale. Tuttavia, il fatto che i responsabili politici americani ne fossero venuti, riservatamente a conoscenza, ha consentito loro di stabilire che il regime delle sanzioni non stava affatto funzionando. E questo rimane, a tutt’oggi, un grave problema, dato che è risaputo che le banche tedesche hanno garantito finanziamenti per l’implementazione del nucleare iraniano.
Terzo, e ultimo punto: il Governo degli Stati Uniti ha tutto il diritto di proteggersi da operazioni di intelligence, condotte dall’Europa, a danno di interessi americani. Del resto, è notorio che gli Stati, agendo nel loro interesse, hanno necessità di ricorrere all’intelligence. Conclusione (mia): buona spiata a tutti!