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Nov 27

Le catastrofi, di Alessandro Bertirotti

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Alessandro Bertirotti
Tutti hanno l'idea di cosa sia un catastrofe naturale, almeno coloro che stanno vivendo questo periodo storico, proprio perché il nostro stare al mondo oggi sembra essere caratterizzato da questi eventi. Inoltre, per renderli mentalmente più importanti, con lo scopo forse di poterne parlare come si trattasse di persone in carne ed ossa, si attribuiscono loro i nomi come una volta si era soliti fare (per quello che mi ricordo...) nel caso dei tornado,dei tifoni, degli uragani, insomma delle grandi tempeste.   Di per sé, il fatto che vi siano questi cataclismi naturali non dovrebbe stupirci più di tanto, perché nella storia della terra sono sempre stati presenti, favorendo la nascita di qualche cosa di nuovo ed eliminando qualcosa che c'era e non ci sarebbe più stato. Allora, perché rimaniamo tanto colpiti da questi eventi? Innanzi tutto, perché seminano morte e distruzione, portandosi via le risorse di una vita, quelle accumulate con fatica perpoter garantire, il più delle volte, un futuro ai propri figli. Inoltre, perché in qualche modo e misura sentiamo che, rispetto ai cataclismi di un tempo, anche relativamente recenti in termini di ere geologiche, per gli attuali siamo responsabili in qualche modo, anche se diversamente rispetto al tipo di eventi. Io non sono un ingegnere, tanto meno un esperto di viabilità stradale urbana, ma penso non ci voglia molto a comprendere che, oltre alla quantità enorme di acqua che scende al minuto in un luogo, la sua defluizione dipenda anche da umani fattori ingegneristici, oppure dalle condizioni in cui si trovano le strade e le fogne di quel luogo e ultimo, ma non ultimo, dall'urbanizzazione sconsiderata. Viene dunque spontaneo domandarsi in quale modo le città nelle quali tutti noi abitiamo sono state costruite; in che modo le strade e la rete fognaria sono state dapprima concepite e dunque mantenute; in che modo si è preventivamente pensato come portare i soccorsi in caso di eventi straordinari, oppure di fronte a piogge che oggi vengono definite "bombe d'acqua". È certo che la Natura segue il proprio corso, indipendentemente dalla presenza dell'Uomo, ma è anche vero che la nostra presenza ha fortemente influenzato i comportamenti della Natura, partendo dalla costatazione che siamo stati noia modificare il terreno ed il paesaggio naturale come se della Natura non ci dovesse importare molto. Sarà forse il caso, almeno perché si cominci a modificare un atteggiamento mentale che vede l'Uomo separato dalla Natura, cominciare a pensare che anche noi siamo sue componenti, ossia anche la nostra specie è espressione della Natura, con alcune caratteristiche che la rendono consapevolmente debole e forte al tempo stesso. Secondo quest'ottica, che non definirei ecologica bensì prettamente economica, ogni nostra azione nei confronti del paesaggio naturale che andiamo a modificare per la costruzione di luoghi urbani, può essere espressione di una relazione affettiva reale, od essere l'espressione di una relazione di dominio-sottomissione, come purtroppo sembra dai dati di questi giorni. E questo è valido per le città nelle quali abitiamo, ma è oltremodo valido come atteggiamento mentale generale verso tutti quei comportamenti umani che procurano conseguenze che ora non vediamo, ma che emergeranno col tempo in tutta la loro gravità, come l'effetto serra, il buco dell'ozono, il cambiamento dei corsi fluviali, etc. Insomma, se la Natura siamo anche noi, mi sembra giusto attendersi che la Natura in sé agisca nei confronti dell'Uomoesattamente come agisce nei confronti delle cose, delle montagne e dei mari: quando è necessario e senza motivo bisogna ristabilire equilibri perduti e il costo per raggiungere questo obiettivo è spesso la vita di molte persone. Allora: è mai possibile che questa nostra umanità non comprenda l'urgenza di considerare la vita non solamente come la propria vita ma come quella della Natura in quanto tale? Perché abbiamo sempre bisogno di arrivare alla catastrofe,  di vedere la morte in faccia, per comprendere il fatto che su questa terra siamo tutti precariamenteesistenti? Perché, dal mio punto di vista, siamo ancora troppo legati all'idea megalomane di un Uomo che può modificare tutto ciò che incontra a proprio piacimento, e questi sono i risultati. Non lamentiamoci però. Di Alessandro Bertirotti, l'Antropologo della Mente
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