La legge n. 125, di conversione del D.L. n. 101 del 31.08.2013, pubblicata sulla G.U. il 30.10.2013, emanata con il fine di razionalizzare le pubbliche amministrazioni, pur lasciando agli ordini il ruolo pubblico, li sottrae all’applicazione dell’art. 4 d. lgs 165/2001, che prevede la separazione dell’indirizzo politico da quello amministrativo, cioè alle regole sulla trasparenza ed alla normativa anticorruzione. Gli ordini, infatti, (art. 2 comma 2 e 2 bis del decreto legge 101/2013) sono tenuti ad adeguarsi “tenendo conto delle relative peculiarità”, ai principi cui, invece, devono attenersi le altre amministrazioni, “con propri regolamenti” cioè con ampi spazi di autonomia e di discrezionalità al di fuori di ogni controllo, senza dover rendere conto delle loro attività e senza dover risolvere eventuali incompatibilità. Nella pratica continuano a ripararsi sotto l’ombrello pubblico e sotto la definizione di enti pubblici non economici deputati a tutelare, in via prioritaria, gli interessi della collettività e, solo in via subordinata, quelli degli iscritti, ma si sottraggono agli oneri pubblici, privatizzandone i vantaggi. Infatti, per delega statale gestiscono, in regime di monopolio, i rispettivi settori di attività, decidono chi possa, e fino a quando, esercitare la corrispondente professione, riscuotono un “pedaggio” dagli iscritti, sui quali esercitano anche il potere giurisdizionale. Si servono, inoltre, di dipendenti appartenenti al comparto pubblico e sono sottoposti al controllo ed alla giurisdizione della Corte dei conti (Corte Cost. sentenze nn. 29/1995 e 470/1997). L’asserzione che l’ingerenza dello Stato non sia compatibile con l’autonomia finanziaria e regolamentare contrasta con la loro funzione pubblica e con la natura dei contributi che hanno valore costitutivo dello status tanto che il loro mancato pagamento implica la cancellazione dall’albo e la perdita del diritto al lavoro. Si tratta, quindi, di una deroga alla spending review che non consente, ad es. al responsabile dell’anticorruzione di cui all’art. 1 comma 7 della legge 190/2012, di rilevare e segnalare le incompatibilità degli incarichi dei componenti gli organi di controllo con quelle di gestione, incompatibilità che sono molto diffuse nelle realtà ordinistiche.
Al di là dei dubbi di costituzionalità della normativa, che non assicura l’imparzialità dell’azione amministrativa prevista dall’art. 97 della Cost., la mancata separazione tra l’indirizzo politico e quello amministrativo rende difficile la rilevazione dei conflitti d’interesse con buona pace della trasparenza. Così, Andrea Mandelli, è stato il relatore in commissione Bilancio di questo disegno di legge nonostante sia titolare di farmacie, presidente della Federazione Nazionale dei Farmacisti, presidente dell’Ordine Farmacisti di Milano, presidente della Federazione Farmacisti della Lombardia e Consigliere comunale a Monza con buona pace del conflitto d’interessi. Nonostante le norme sulla trasparenza si applichino a tutti gli enti, pubblici o privati, che abbiano una qualche vaga pubblica funzione, le norme sono sempre ignorate quando sono in gioco interessi elettorali. E il comico sarebbe Beppe Grillo !
Di Riccardo Cappello, Il Cappio
Dic 18