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Dic 18

La “Renzite”, di Maurizio Bonanni

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Vi ricordate la “Kryptonite”? Per chi, come me, “non ha più l’età”, era un minuscolo frammento minerale del pianeta di origine fatale all’alieno Superman, un personaggio che i più giovani conoscono attraverso i cartoon e i film di fantascienza, tipo Batman, o Spiderman (risp.: “uomo-pipistrello” e “uomo-ragno”). La “renzite” -che ha una vaga assonanza con l’influenza di stagione-, invece, si presenta come una pietra filosofale, in grado di produrre gli stessi, tremendi effetti della Kryptonite sull’establishment politico italiano. Soprattutto a sinistra. Si sa, i popoli (tutti!) passano la vita a costruirsi Totem da adorare, ai quali attribuiscono, di volta in volta, poteri magici, taumaturgici e, in generale, sovraumani, chi li affranchino, o li liberino dai dolori e dalle miserie terreni. In questo senso, è davvero il turno di Renzi. Grazie al Pd che, pur essendo l’unico Partito-chiesa sopravvissuto alla Guerra Fredda (finita, ufficialmente, nel 1991), sa farsi del male come nessun altro al mondo, scegliendo le primarie “aperte”, che sanno pescare i futuri leader al di fuori delle parrocchie chiuse, rappresentate dai circoli e dalle sezioni del Partito. “Exit” Bersani l’Emiliano, “come-in” Renzi il Fiorentino.

Allora, quali scenari si profilano, da oggi, con una Segreteria del Pd composta da giovani leoni, che non hanno nulla a che fare con la storia del Pci e della Dc? Diciamo subito che il risultato immediato -quanto meno, apparente- potrebbe essere quello della rapida dissoluzione dello schema consociativo del catto-comunismo, che ha rappresentato l’ideologia dominante in Italia, dal 1948 a oggi. Da qui, discendono le seguenti correnti di pensiero, in via di formazione e di definizione. La prima, vede i “Barbari” insediarsi molto presto nella “Sala Ovale” di Palazzo Chigi, con Matteo Renzi che sfila, senza tanti riguardi, la poltrona presidenziale a Henry Letta, con grande ambascia di Napolitano. Questo perché, se è vera la minaccia per cui: “o il Governo si dà da fare, o va a casa”; oppure “la riforma elettorale è mia e la gestisco io”, allora è chiaro che i giochini di potere quirinalizi (tipo: “tutto cambi, affinché nulla cambi”) sono arrivati al capolinea. Anche perché Napolitano, strada facendo, si è fatto dei nemici giurati, che hanno dalla loro la maggioranza relativa dell’elettorato italiano, come Berlusconi e Grillo.

Ed è proprio da questi tre “Outsider” (SB, Grillo e Renzi) che sta per arrivare il colpo di grazia all’immobilismo e al nullismo politico, che caratterizza questa drammatica fase di transizione, caratterizzata dall’acuta scarsità di risorse pubbliche e dalla rivolta, sempre più accentuata, dei “creatori netti di ricchezza”, contro i “consumatori netti di ricchezza”. I primi sono sempre meno, per via della drastica diminuzione della popolazione attiva italiana e per il sensibile declino del numero e del fatturato delle aziende produttive. I secondi, invece, sono maggioranza assoluta nel Paese, e s’identificano con: milioni di pensionati, che percepiscono pensioni superiori ai contributi netti da loro versati; i ceti parassitari della politica; la burocrazia e tutti coloro che, in modo diretto o indiretto, vivono di spesa pubblica. Davvero un bel problema, perché chiunque si voglia insediare, in futuro, a Palazzo Chigi e nelle Segreterie dei Partiti, non potrà evitare il confronto con questa Maggioranza di blocco, capace di impedire qualsiasi cambiamento sostanziale del sistema, che ne comporti una perdita, più o meno rilevante, delle attuali rendite di posizione. Si tratta, infatti, di un blocco sociale coeso e molto esteso, beneficiario dei privilegi e della sicurezza economica, che gli derivano dalla sicurezza del posto di lavoro e dalla relativa inamovibilità, garantiti da risorse pubbliche.

Questa Maggioranza di “assistiti”, tra l’altro, ha come alfieri vittoriosi tutti i maggiori Sindacati di categoria e una miriade di organizzazioni minori dei lavoratori pubblici, in grado di bloccare, in ogni momento, la “giugulare” del Paese, attraverso scioperi selvaggi e mirati. Renzi, all’apparenza, non sembra avere i mezzi e gli strumenti intellettuali necessari, per affrontare il problema dei problemi, rappresentato dalla costruzione, in tempi il più possibili rapidi, di uno Stato “Leggero”, burocraticamente parlando, attraverso un forte alleggerimento della pressione fiscale, affinché i cittadini siano liberi di scegliersi i fornitori privati di servizi (oggi pubblici), come sanità, scuola, trasporti. Pertanto, la seconda corrente di pensiero, vede un arroccamento di Renzi, nell’immediato, sulle due questioni più spettacolari: la riforma elettorale e istituzionale e, a seguire, quella del welfare e della parziale liberalizzazione del mercato del lavoro. Su ambedue i fronti, troverà di trasverso la parte più tradizionale e conservatrice del suo Partito, mentre, paradossalmente, l’attuale opposizione di Fi (e, forse, Grillo) potrebbe convergere tatticamente sulle sue proposte, pur di ottenere, sul filo di lana, un’apertura della finestra elettorale per il marzo 2014.

Da un lato, infatti, il modello renziano del “Sindaco d’Italia” -a Costituzione invariata, dati i tempi stretti-, potrebbe risolversi in un modello di compromesso, per cui s’innalza la soglia (al di sopra del 40%) per ottenere il premio di coalizione del 55% e, nel caso che nessuna lista superi il suddetto sbarramento, le due più votate vanno al ballottaggio e il capolista di quella risultata vincente viene indicato al Presidente della Repubblica per l’incarico di Primo Ministro. Nel modello è incluso il voto di preferenza e il ridisegno dei collegi in circoscrizioni molto più ristrette. Su questo schema, Renzi potrebbe cercare l’accordo con Berlusconi che, in un confronto diretto con il nuovo Segretario del Pd (beneficiario di un mandato plebiscitario, grazie alle recenti primarie), non potrebbe mai più cavalcare lo spettro del “pericolo comunista”, potendosi dedicare a temi molto più sentiti, come l’abbattimento dell’attuale livello di tassazione e la realizzazione di uno Stato leggero ed efficiente.

Sulla riforma del lavoro (aspetto cruciale per il rilancio degli investimenti italiani ed esteri), Renzi non avrà vita facile, perché la rivoluzione vera, all’interno dell’attuale contenitore post-comunista, è quella storica di staccare dalla motrice politica del Partito il blocco inerziale del maggiore sindacato di sinistra: la Cgil. Una cosa, però, è sicura: la “renzite” obbligherà il governo Letta a mettere le ali sulle riforme di sistema, per sfuggire all’ordine imperativo del: “tutti a casa!”. La protesta dei “Forconi” può essere, oggi, mero folclore e un problema minore di ordine pubblico. Domani, invece, la protesta fiscale potrebbe rappresentare l’arma finale, per la giustiziazione di questo governo e dell’attuale, intollerabile sistema di privilegi, di cui beneficiano i politici e la burocrazia italiani.

Di Maurizio Bonanni

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