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Apr 23

La Maladolescenza, il saggio-testimonianza della nota psicologa Maria Rita Parsi, di Maurizio Bonanni

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Foto Maria Rita Parsi Psicologa 

 

La psicologa Maria Rita Parsi pubblica, per Piemme Edizioni, il saggio-inchiesta “Maladolescenza”, ovvero: “Quello che i figli non dicono”, ma confessano -attraverso testimonianze choc, pubblicate in forma anonima-, in 15 lettere, raccolte dal giornalista Mario Campanella. Il libro rivela l’incomunicabilità intergenerazionale, che contraddistingue l’attuale destino dell’Homo Informaticus, e ne irradia con una luce “gamma” (invisibile, ma terribilmente energetica e distruttiva) il suo presente e prevedibile futuro. La sintesi drammatica che se ne può estrarre, come una sorta di cicuta digitale, è quella del dramma di un individuo (soprattutto giovane e adolescente) completamente nuovo, perennemente annegato in un oceano d’informazioni, di cui non ha nessun controllo, privo com’è di strumenti adeguati di navigazione intellettuale, sentimentale e spirituale. Bene e Male, fortemente relativizzati e resi “liquidi”, fluiscono attraverso le maglie larghissime della Rete verso un’utenza sempre più fragilizzata, priva di robuste armature valoriali. Sicché, satanismo, nazismo, droga, nichilismo omicida -nei confronti dell’autorità genitoriale-, alcool, autolesionismo, anoressia, sesso freddo -maniacale e compulsivo- rappresentano altrettanti aspetti degenerativi, condensati nelle pagine (scritte in prima persona da altrettanti adolescenti) contenute nel saggio documentale sulla Maladolescenza.

Le immagini cangianti di Demoni e Angeli scorrono, incessantemente, le une sulle altre, lungo superfici sovrapposte e invertite, disorientando le menti più acerbe. E gli adulti, a loro volta nuovi schiavi della Rete, si lasciano intrappolare e ipnotizzare dagli innumerevoli siti del sesso-casinò (appuntamenti -come puntate- al buio; approcci mordi-e-fuggi, con contatti fugaci, e perfino anonimi..), e dalla pornografia senza limiti e senza freni, che destruttura progressivamente le generazioni meno verdi, e crea sconcertanti, ambigue insicurezze comportamentali nelle menti in formazione di giovani e adolescenti di tutto il mondo. Perché, oggi, anche i caratteri, ormai sempre più labili, delle mappe di connettività tra le diverse generazioni hanno una matrice derivata dalle leggi della Globalizzazione. Mode, stili, pratiche d’uso, etc., prodotti da singoli individui (o da nickname di comodo), gruppi, aziende virtuali, etc., che le generano (notte e giorno, in modo prevalentemente delocalizzato, o di difficile tracciabilità) da un qualsiasi punto del globo interconnesso, per quanto effimeri e assurdi essi siano, transitano alla velocità della luce -come immensi treni binari- e si propagano, in tempo reale, lungo una rete invisibile di molte centinaia di milioni di nodi, entrando nelle case, nei luoghi di lavoro, negli spazi del tempo libero di tutti noi.

 La vera, irreversibile catastrofe antropologica dei nostri tempi è quella del disaccoppiamento tra il principio delle libertà individuali e quello della responsabilità delle scelte. Questo sta accadendo (irreversibilmente), grazie soprattutto alla possibilità di creare, a livello individuale, un vero e proprio Avatar (un autentico “Doppio”) digitale, etereo, quanto immortale. L’inscindibilità di quei due principi, elaborata fin dalla nascita delle moderne civiltà, era coerentemente operata sulla base di valori consolidati dalla tradizione, traslati costantemente nel tempo, attraverso una efficiente interfaccia intergenerazionale (elastica e permeabile), senza soluzioni di continuità. L’era digitale ha reso praticamente impossibile e incompatibile questa trasmissione ereditaria che, fino a metà del XX sec., avveniva in tempi ragionevolmente lenti e ordinati, scanditi da precisi traguardi e dai riti iniziatici, legati alla maturazione individuale, tacitamente condivisi dall’intera collettività di riferimento.

Oggi, l’oceano informativo alimenta il delirio di onnipotenza delle giovani e giovanissime generazioni (a partire dai dieci/dodici anni!), che trovano ampi motivi di autoesaltazione, in quanto liberi di scegliere, in modo anarcoide, incoerente e contraddittorio, le mille, diverse direzioni possibili di autoapprendimento, non più, ormai, delegate ad autorità esterne (genitori, scuola, istituzioni,..), senza, tuttavia, che la loro personalità in divenire abbia sviluppato forme sufficienti di autocontrollo. Altra devastante forma di disaccoppiamento è quella tra Manualità ed Esperienza Creativa. Gli oggetti e la loro sostanza materica non fanno più parte dell'esperienza tattilo-sensoriale, soprattutto tra i più giovani.. Così, anche il dolore altrui si virtualizza.. I giochi non sono più fatti di cadute e di ecchimosi, di equilibrio e di disequilibrio. I campi da gioco sono sempre di meno e quei pochissimi restano costantemente deserti.. L'incontro/scontro fisico con l'avversario, il cui rispetto si apprende nella fase concreta e fisica del gioco sportivo, viene meno, si virtualizza anch’esso, all’interno di videogiochi che inducono dipendenza, fino a sviluppare forme comportamentali paranoidi-ossessive, da trattare sia farmacologicamente, che con lunghe sedute psicoterapeudiche.

 

Il saggio non fa che ribadire la tematica complessa della famiglia allargata, della Morale debole, relativistica, opposta all'assolutismo dell'educazione classica e del suo set di regole prefissate. La chiave interpretativa di fondo è quella che denuncia il tramonto definitivo dei  tempi "lenti", per l'assorbimento delle grandi innovazioni politiche, sociologiche e, soprattutto, di quelle legate alle rivoluzioni tecnologiche, che oggi si diffondono a una velocità impressionante, senza che gli individui abbiano sviluppato una sorta di “immunizzazione” intellettuale nei confronti del mezzo e dello strumento comunicativo.Volendo capirne molto di più, è opportuno leggere le prime quaranta pagine del libro, in cui Maria Rita Parsi descrive, con grande competenza, lucidità e saggezza, i termini esaustivi della crisi antropologica e intergenerazionale in cui ci troviamo imprigionati, senza vie d’uscita, almeno per ora..

Di Maurizio Bonanni

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