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Set 02

Il regno del Califfo Nero, di Maurizio Bonanni

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Bin Laden andava preso sul serio. Credevamo che i suoi miliziani e i taliban fossero un esercito di terroristi straccioni, che avevano approfittato del vantaggio di operare all’interno di una “No men land” a-statuale, per farsi stato fondamentalista sunnita essi stessi, a migliaia di miglia di distanza dalle nostre (sempre più insicure) frontiere. Credemmo (non io, di certo!) di poter “esportare la democrazia” (democracy building), dopo aver spodestato con le armi odiosi regimi dittatoriali, prima invadendone e, poi, pacificandone i territori relativi. Invece, ci trovammo con migliaia di bare di soldati e civili da rimandare a casa, favorendo così la rivolta delle nostre opinioni pubbliche occidentali, che votarono democraticamente per il ritiro dei rispettivi contingenti!  Del resto:  Nemo profeta in patria”. Vale anche per me. Da molti anni parlo del rischio di una nuova “crociata” in terra araba e musulmana. In un mio editoriale dell’aprile 2004, dal titolo profetico (“La Crociata del XXI sec”), sostenevo che il fanatismo islamico sarebbe stato il vero boia dell’Occidente.

 

Per colpa, soprattutto, nostra e di quel morbo inguaribile del “Relativismo” (ricordate l’appello di Papa Benedetto?) contemporaneo, che rende il nostro mondo, di fatto, incapace di fissare un netto discrimine tra un’idea-valore, da una parte, e la sua versione antagonista, dall’altra. L’Islam, invece, non risente di questa limitazione. La sua linea dell’orizzonte separa chiaramente il cielo, costituito dal paradiso di Allah, e la terra sottostante -da purificare con ogni mezzo-, abitata dal popolo dei miscredenti, che vanno sottomessi, o convertiti. Dieci anni fa, rimarcavo come la sfida del fondamentalismo rassomigliasse sempre di più (c’erano state le Twin Towers, l’Afganistan, l’invasione dell’Iraq e una scia ininterrotta di attentati suicidi, in cui avevano già perduto la vita centinaia di migliaia di innocenti) a una “guerra globale”.

Questo scenario traeva la sua ragion d’essere dal fatto che noi, i cristiani, e loro, i musulmani, siamo presenti in tutte le aree del globo (Russia e Cina comprese, grazie alle forti minoranze islamiche, presenti all’interno, come all’esterno dei relativi territori!), e ci contiamo a miliardi. In questo senso, analizzando con grande attenzione i precetti e i valori simbolici del Corano, ritengo che debbano essere compiutamente approfondite e analizzate le connessioni profonde tra la globalizzazione, e il dilagare inarrestabile del fondamentalismo islamico. Contagio, quest’ultimo, che le illimitate potenzialità di Internet amplificano in modo abnorme, diffondendo, a livello planetario, le immagini di un Occidente depravato, amorale, idolatra del materialismo e del dio denaro. Ed è così, in buona sostanza, che la diffusione della fede qaedista e fondamentalista si alimenta del disgusto e del rifiuto dei nostri modelli di vita, per accrescere l’esercito dei suoi.. martiri. Il web planetario, poi, le consente di farsi strada, attraverso l’azione di una rete capillare di predicatori (corroborati dai filmati propagandistici della Guerra Santa),nelle menti di moltissimi giovani musulmani che, sentendosi estranei alle società occidentali in cui vivono, tendono atteggiarsi come nostri nemici giurati, pronti a una battaglia "purificatrice".

In tal modo, l’allargamento delle aree di conflitto era del tutto scontato, a partire dalla sfida qaedista, lanciata da Bin Laden, con il suo sogno nero del neo Califfato. L’odio mortale contro l’Occidente secolarizzato (e verso gli ebrei di Israele, considerati il Cavallo di Troia degli Usa in Medio Oriente) la considero una lebbra invincibile e inarrestabile, soprattutto in quelle vaste aree, dove sono presenti, in forma minoritaria o maggioritaria, comunità musulmane, con al loro interno forti organizzazioni radicali jihadiste. Proprio questo carattere di “adiacenza” planetaria, tra occidentalismo e integralismo, rappresenta un innesco senza fine, che moltiplica a dismisura i bersagli possibili, in America, in Europa, e ovunque vi sia un nesso tangibile con l’Occidente. Uno dei modi privilegiati di penetrazione capillare di questa minaccia islamica è rappresentato, ovviamente, dalle recenti, forti ondate immigratorie, in provenienza dai Paesi mediorientali, sconvolti dalla guerra civile, come Libia, Irak e Siria (ed Egitto). Sul vecchio Continente si stanno riversando gli sconfitti di Assad e dei governi provvisori di Bagdad e Tripoli, e molti tra di loro vantano una sicura fede fondamentalista.

Fin dove arriva questo odio? Una cosa deve essere chiara a tutti: i confini dell’empietà che noi abbiamo conosciuto e regolato (vedi Convenzione di Ginevra) in passato sono, oggi, tutti saltati. Il ritorno alla pratica della decapitazione, dell’umiliazione estrema del vinto, con esecuzioni di massa e riduzione in schiavitù, per donne e bambini (che, per la leva jihadista, sono arruolabili soldati, dai dieci anni in su, come le bambine-spose, qualora abbiano conseguito la maturità sessuale!), sono il frutto della predicazione estrema, torquemadiana, per dire al mondo che la Morte Nera si prenderà tutto ciò che ritiene essere suo, di diritto. E sue sono le terre abitate dai musulmani sunniti mediorientali, innanzitutto. Perché i confini odierni sono stati tracciati, in astratto, sulle carte geografiche dell’epoca, con un atto incosciente di imperio, dalle ex potenze coloniali, spezzettando alla rinfusa clan, etnie, tradizioni e credenze religiose. Sappiate che l’Occidente perderà tutte le guerre contro lo jihadismo. Come ha fatto in Afganistan e in Irak. Perché, per vincere, non può usare nessun altro principio di deterrenza (a che serve l’atomica, contro le tribù che si sono schierate con l’Isis?), che non sia lo scontro diretto, armi in pugno (esattamente come ai tempi delle crociate dell’XI e del  XIII sec.), tra i miliziani e le nostre truppe regolari.

 

Ma, in questa nuova guerra mondiale, l’Occidente dovrebbe essere disposto a sacrificare centinaia di migliaia di soldati, per una causa che, in fondo, riguarda il mantenimento del controllo di un territorio -praticamente- desertico. Perché, alla fine, stiamo tutti lì (il Papa, in primo luogo) a negare che si tratti di una guerra di religione, auto assegnandoci l’obiettivo limitato di “fermare” la minaccia di un pugno di terroristi assassini. Mi spiace, ma non credo che sia così. L’Isis, o chi per lui, sia per l’oggi, che per il domani, nasce da un magma ideologico-religioso caldissimo. Quell’ondata unnica, oggi, può essere, forse, arginata temporaneamente in superficie, ma la sua parte principale, attiva nel sottosuolo, si ripresenterà sempre all’improvviso, in mille forme diverse, con mutazioni sempre più virulente. Detto con franchezza, nei prossimi mesi, mi aspetto ben di più degli attentati di Londra e Madrid, di dieci anni fa, qualora riuscissimo, militarmente, a decimare i ranghi dell'Isis e ad arrestarne l'avanzata..

 

Questo perché gli jiahdisti sunniti inseguono il sogno, per loro fondamentale, concreto e irrinunciabile (per il quale sono disposti a offrire, con gioia, la loro vita, portandosi dietro quanti più nemici possibile!), di ricostruzione del Califfato e del suo dominio sul Vecchio Continente, in particolare. Paradossalmente, in questo scenario, l’America può vivere, per ora, sogni tranquilli, grazie all’oceano che ci separa, malgrado il prevedibile stillicidio di attentati in mezzo mondo, a danno dei suoi interessi. Ma non per molto: se il Califfato divenisse il nuovo regno di Maometto, per la Casa Bianca si riproporrebbe uno scenario iraniano, grazie alle immense ricchezze petrolifere destinate a cadere sotto il controllo dei radicali! Quindi, nel breve periodo, non mi sentirei di escludere un rosario di attentati senza fine, un po’ in tutti i capisaldi urbani dell’Occidente. Potremo reagire, come facemmo in Irak e Afganistan, inviando truppe di terra nel.. Califfato. Dopo di che, tuttavia, saremo costretti a ripercorrere il calvario di Bagdad e di Kabul, con forze di occupazione occidentali logorate, sfibrate e costrette, alla lunga, a un ritiro assai poco dignitoso. Da qui, riprenderebbe avvio il solito circuito perverso, con l’apparizione di una nuova Isis..

 

 E già s’intravvede, per l’Occidente, l’aprirsi di un secondo, drammatico fronte, ai confini con la Russia. Ma di questo ne riparleremo.. Se, poi, il fondamentalismo arrivasse così tanto vicino ai confini di Israele, da minacciarne la sicurezza alle frontiere, allora gli eventi da regionali potranno divenire globali, generando instabilità in tutti e cinque i continenti. Uno stato di belligeranza diffuso, causerebbe una nuova, immensa crisi economica, con effetti imprevedibili in tutte le frontiere “calde”, come quelle tra India e Cina, e tra le due Coree. Il sogno del Califfato, lo ripeto, non è destinato a essere un fenomeno transitorio.. Israele ha distrutto i tunnel, ma ha garantito altri 20 anni di sopravvivenza a Hamas (Qatar, Arabia Saudita, Iran faranno arrivare loro un ennesimo fiume di denaro e di armi..), che andava, innanzitutto, battuto politicamente.. Tra parentesi: continuo a pensare che Israele avrebbe vinto la guerra della propaganda se, prima di bombardare, avesse aperto i varchi della Striscia a donne, vecchi e bambini, invitando le famiglie israeliane a dare loro ospitalità, per tutto il tempo necessario, e ricostruendo, per loro, sempre in territorio israeliano, in appositi insediamenti, le case distrutte. Sarebbe stato un ottimo principio di integrazione e avrebbe messo a tacere le voci di massacro e tentato genocidio.

Man mano che i regimi secolari, o fantoccio, come quello siriano, libico e irakeno (nonché egiziano!), verranno demoliti e conquistati dagli eserciti di Allah, i ranghi dei fondamentalisti si arricchiranno di centinaia di migliaia di nuovi uomini armati -come gli ex soldati degli eserciti sconfitti- e delle loro armi ultramoderne, fornite da un Occidente che, ancora oggi, insite nelle sue pratiche di “vietnamizzazione” dei conflitti locali! Non pochi, ricchissimi giacimenti petroliferi stanno per cadere -o già lo sono- nelle mani dell’Isis, e nel mondo esistono parecchi grandi speculatori senza scrupoli, pronti ad acquistare enormi quantità di petrolio di contrabbando, a prezzi di saldo, in cambio di armi. Verosimilmente, le prossime vittime del fondamentalismo saranno proprio le petromonarchie del Golfo (proprio loro: i grandi burattinai e finanziatori del waabismo!), che vedranno ridursi al lumicino la propria rendita petrolifera! In sintesi: l'immigrazione di massa e il fondamentalismo islamico rappresentano, oggi e domani, una forma inedita di conflitto mondiale, armato e disarmato. E non crediamo che sia meno incruento di quelli che l’hanno preceduto.. Come ci stiamo attrezzando, con il solito: "Armiamoci e partite"?

 

E non accusatemi, poi, di un eccesso di pessimismo!

Di Maurizio Bonanni

 

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