Ago 04
Siamo sicuri che due morti siano meglio di una? Di Alessandro Bertirotti
È tutta questione di… civiltà.
Sono molte le azioni macabre che la nostra umanità, tanto occidentale quanto orientale, mette in atto con costanza e continuità criminali.
La nostra società, quella stessa società che osiamo persino definire civile, facendoci scudo di una Rivoluzione Francese che ha creato nuovi ed illuminati mostri in sostituzione dei precedenti meno illuminati, produce, nei civilissimi Stati Uniti, e precisamente nello stato dell’Arizona, a Tucson, l’esecuzione di questa soluzione: 15 tentativi, consecutivi, con diversi dosaggi di sedativo e veleno, per uccidere un uomo colpevole di efferati delitti.
Non a caso ho voluto intitolare il mio intervento in questo modo; perché è venuta l’ora di parlare chiaramente, e dicendo subito che l’essere umano si è evoluto a suon di crimini; contro se stesso, contro la natura e contro i propri figli, dal momento che ha operato allontanandosi dalla responsabilità delle proprie azioni. Inoltre, sempre l’essere umano continua ad evolversi nascondendosi dietro convinzioni ed idee che sono il monumento alla menzogna verso la propria coscienza, nel tentativo di trovare costanti giustificazioni alle proprie nefandezze.
Per esempio, il reo in questione aveva commesso omicidi e per punirlo in modo esemplare ce lo siamo tolti di mezzo, forse nella speranza di averlo punito, ma come?
Una punizione ha un significato e una sua efficacia, sia nel caso del bambino che dell’adulto, solo se permettiamo al colpevole di trovarsi di fronte ad una nuova occasione di comportarsi male e lui sceglie, coscientemente e in nome di quello che gli abbiamo insegnato, di non reiterare il reato già commesso. È la stessa cosa che insegniamo ai nostri ragazzi e ragazze quando gli si impartisce il comando di sistemare accuratamente la propria cameretta come punizione per la loro condotta scolastica, non sempre civile. Se vogliono dimostrarci di aver capito che è necessario essere educati a scuola, di fronte alla successiva situazione favorevole per la reiterazione della cattiva condotta, sceglieranno il comportamento che i genitori hanno loro insegnato. Questa è la finalità di una punizione, ma infliggere la morte ad un carnefice è solo un tentativo di mettersi a posto la propria coscienza, mentendo alle vittime dei suoi criminie a se stessi, con l’eliminazione dell’ultimo anello di una lunghissima catena di responsabilità comuni.
Soddisfare la sete di vendetta delle vittime, prostrate dalla gravità del crimine che ha letteralmente mortificato il loro cuore e la loro mente, non le aiuta ad elaborare la loro tragedia interiore e il rapporto con il resto del mondo. Una vendetta non porterà mai la mente che la sperimenta alla completa soddisfazione, perché non si potrà mai essere sinceramente convinti che due morti sono meglio di una.
Una punizione la cui efficacia possa durare anche nel tempo è tale quando si condanna una persona a fare del bene, magari proprio alle persone che ha mutilato negli affetti più importanti, anche da lontano e senza nessun contatto fisico evidente.
Solo così, penso, potremo dire un giorno di punire per educare e non punire per eliminare in me lo stesso atteggiamento che intendo estirpare nell’altro.
Condanniamo, e tutti assieme, a fare del bene, e per primi dunque, condanniamoci.
Di Alessandro Bertirotti, l'Antropologo della Mente