Gen 10
LA ROULETTE ISLAM, di Maurizio Bonanni
La Roulette Islam? Tanti giocatori, due soli colori: verde e nero. Il primo, viene definito "moderato", il secondo jiahdista. C'è chi punta tutto sul primo; e c'è chi fa il "cavalluccio" su entrambi, per cui non vince, né perde mai. Questa ultima specie di scommettitori a vuoto si chiama dei dialoganti, luogo privilegiato dei distinguo e della fede compromissoria, per cui una soluzione e un accordo con il feroce nemico, volendo, si trovano sempre. E si è visto come funziona il ragionamento di quest'ultimo filone di pensiero, nel caso di Hamas-Israele: un dialogo impossibile tra chi (il primo) ha nella sua carta fondativa la mission della distruzione dello Stato ebraico, che fa del secondo interlocutore la vittima predestinata. Tipo: prima muori, e poi ci parliamo (con te da morto, s'intende!). Forse, in passato, per la questione palestinese, è esistito un barlume di speranza, che oggi si è del tutto spento, a causa della dittatura fondamentalista in Cisgiordania. Chi scommette, invece, sul nero pieno, pensa che si possa ragionare con coloro che, per prima cosa, mettono la pistola (o l'AK-47) sul tavolo, per rendere più ragionevole il dialogo!
Ma veniamo all'oggi. A Charlie Ebdo e alla strage di innocenti in Nigeria (per un numero stimato di migliaia di vittime!), per mano della più sanguinosa milizia armata jiahdista: quella di Boko Haram. Ovviamente, a causa del fattore di prossimità, la strage parigina è vissuta in modo drammatico dalla maggioranza degli europei, perché ogni cittadino dell'Unione sente che quello che è accaduto al centro di Parigi lo riguarda; lo minaccia da vicino, perfino quando va nel supermercato sottocasa. La Nigeria, invece, non lascia traccia alcuna. Pensiamo che, sotto, sotto si tratti di selvaggi, permeati (questo è verissimo) di una cultura tribale ancestrale, che risuona come un epifenomeno rivendicativo per quelle popolazioni, scagliato come un'arma invincibile verso l'Occidente invasore, per riscattare la passata, aborrita (spesso, a ragione!) dominazione coloniale.
Da almeno venti anni, si parla di blindatura delle società democratiche, per impedire che le nostre libertà si traducano in un vantaggio pratico, per i miliziani jiahdisti e terroristi (tutti, rigorosamente, cittadini occidentali, che si muovono, quindi, come pesci nell'acqua, all'interno dei territori nazionali), che serrano la giugulare di un intero Paese, paralizzandolo con il terrore, come farebbe una vedova nera con la sua preda. Come si è visto nei recenti blitz delle teste di cuoio francesi, la Jihad è un potente propulsore psicologico ed emotivo, capace di offrire a marginali e piccoli delinquenti l'occasione della vita, per diventare dei giganti mediatici, costringendo tutto il mondo a puntare gli obiettivi sulle loro gesta armate e sull'eccidio di civili e poliziotti. Di conseguenza, il rischio più immediato, mortale, è quello dell'emulazione delle gesta dei miliziani jiahdisti, da parte di migliaia di giovani musulmani (di terza generazione), naturalizzati europei (o americani!).
Ad esempio, uno dei fratelli Kouachi -con alle spalle una storia di piccolo spaccio e consumo di droga, fallito in tutti i sensi-, grazie alla Jihad, ha visto il proprio nome comparire sulle prime pagine dei giornali e sui telegiornali di tutto il mondo. Lo scopo della sua vita è stato così raggiunto, al modico prezzo di tredici vittime. Quanti Kouachi ci sono in Occidente nelle stesse condizioni psicologiche, che possono cercare il loro epocale riscatto, lasciandosi armare la mano da imam improbabili e improvvisati, che li spediscono, per il relativo addestramento, nel regno del Califfo Nero? Del resto, non è pensabile che le prossime due generazioni di musulmani mediorientali escano (mentalmente e culturalmente) dal regime tribale dei loro avi.
A proposito dell'Isis: vi siete mai chiesti che fine abbiano fatto le divisioni regolari che si arrendono (consegnando ai vincitori le loro armi moderne, grazie alle diserzioni di massa) ai miliziani del Califfo? Vi siete resi conto che la nostra superiorità aerea non è assolutamente in grado di fermare i nuovi barbari? Non avevamo, forse, lo stesso vantaggio in Afganistan e Irak? A che serve bombardare, quando l'Isis controlla città densamente popolate e, quindi, per cercare di neutralizzarli, occorre impiegare contro di loro adeguate forze terrestri? E, anche qui, ricordate che cosa accadde al migliore esercito del mondo, quello israeliano, quando tentò di bonificare il Libano dagli hezbollah? Siete in grado di citarmi una sola opinione pubblica occidentale che sia, oggi, disposta a veder rientrare a casa decine di migliaia di sacchi neri, senza reagire e chiedere il ritiro immediato dei propri soldati? È lì che risiede l'immensa forza dei fondamentalisti, che non temono perdite illimitate, e praticano la guerra non ortodossa, con migliaia di uomini e donne bomba, seminando tritolo in ogni forma e circostanza, o facendo stragi con gli AK-47. I fondamentalisti, forse, non uccidono chiunque, tra la popolazione civile, che si renda complice di una qualsiasi intendenza con il nemico invasore? Per battere costoro, non rimane altro che scegliere una guerra non convenzionale, molto più crudele della loro.
Ma, l'Occidente e i suoi giovani sono disposti a morire a migliaia, per difendere le terre del petrolio? Per inciso: se avessimo puntato, a suo tempo, all'indipendenza energetica, dotandoci di una rete sicura di centrali nucleari di terza e quarta generazione, non ci troveremmo oggi schiavi di guerre religiose medievali, che si scatenano lontano da noi, nelle aree petrolifere mediorientali più ricche e vitali per noi, con gente che dovrebbe restare nel proprio Medioevo culturale per sempre (e l'Arabia Saudita è uno di questi!). Certo, se avessimo la forza federativa necessaria, dovremmo fare come all'epoca dell'invasione del Kuwait, da parte di Saddam Hussein, mettendo su una coalizione mista arabo-occidentale, che ci liberi per sempre dell'Isis e delle milizie di Boko Haram.
Tuttavia, il problema insolubile risiede nel fatto che chi ha scatenato i demoni del fondamentalismo, non ne potrà mai essere il giustiziere naturale. L'involuzione tecnologica nello sfruttamento tecnologico degli immensi giacimenti irakeni, libici e nigeriani, fa estremamente comodo a Emirati e Arabia Saudita, che possono autonomamente pilotare gli attuali, forti ribassi del prezzo del petrolio, per contrastare la quasi autosufficienza degli Stati Uniti, nello sfruttamento degli scisti bituminosi, conveniente solo e soltanto quando il prezzo del greggio superi i 100 $ a barile. Sapete quale è la materia prima indispensabile, che manca del tutto all'Occidente? Il coraggio.
Di Maurizio Bonanni