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Feb 02

TUTTA COLPA DELLE STELLE, di Maurizio Bonanni

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  modificata Che cosa significa il.. non gioco? Ovvio: il senso è quello di lasciare agli altri la possibilità di vincere, negandola a se stessi. È questo il grillismo? Ha ancora un significato stare in politica, come terza forza parlamentare, sterilizzando milioni di consensi e di speranze dei cittadini che ti hanno votato? Curioso: i guru della Rete, che credono fermamente nella democrazia digitale, non hanno fiducia nella.. Rete! Già: perché qualche migliaio di votanti li controlli e li influenzi pure. Ma non mille volte tanto, per la legge dei grandi numeri. Il problema è la segretezza del voto, per cui non puoi consegnare con la scheda elettorale una password per rivotare nell'urna digitale, aperta ogni giorno dell'anno, in base al principio della consultazione permanente e della sovranità della Rete sugli indirizzi e le linee politiche del Movimento. Così, sono soltanto due soggetti (manipolatori, o usurpatori di democrazia dal basso?) a sfruttare la loro posizione dominante, per decidere strategie suicidarie, come quella di lanciare la candidatura di Romano Prodi per il Quirinale, dimenticandosi delle accuse feroci che gli stessi personaggi gli hanno rivolto, nel tempo, a causa del suo ruolo fondamentale nel gestire il passaggio lira/euro e il tasso di cambio relativo. Certo, i due strateghi vi spiegheranno che il loro tentativo mirava a creare una profonda spaccatura nel Pd, realizzando così il sogno a lungo accarezzato dell'implosione del sistema politico, già avvenuta, a metà, per lo sfarinamento progressivo del centro destra. E, qui, decisamente, è mancata la lucidità necessaria, per accorgersi che, nel frattempo, l'uomo nuovo del Pd, nato come venere da una costola demitiana della stravecchia sinistra Dc, stava tenendo il timone ben saldo della sua barca rosa, ricompattando il dissenso interno, e mettendo in subordine (e non rottamando -almeno per ora-, si badi bene!) il famoso Patto del Nazareno, "che niun conosce, ma di cui tutti parlano"! Il sistema è stato scosso da un doppio colpo di maglio, a blitz riuscito, grazie alla candidatura univoca al Quirinale di Sergio Mattarella, nuovo Presidente della Repubblica (al quale vanno i miei migliori, personali auguri, per un settennato che si annuncia tormentato). La mazzata numero uno l'ha ricevuta il neo-cespuglio alfaninano, di quelli che si credono furbi, costantemente con il piede in due staffe politiche, ma che assomigliano, come una goccia d'acqua, alla peggiore Dc, adoratrice dei giochi di potere, e lontana dalla gente come nessuno mai, prima di allora. Se, in precedenza, si poteva pensare a una sorta di gioco di squadra, tra Berlusconi e il suo delfino (per dare, in qualche modo, sostegno al "Fiorentino", evitando elezioni anticipate, che tutti temevano -e continuano a temere- come la peste, a causa delle spinte radicali di M5S e Lega, per l'abbandono dell'euro e l'uscita dalla Ue), oggi quell'ipotesi si è del tutto frantumata e rivelata inconsistente. Alfano si vede nell'angolo, stretto nella morsa a tenaglia del dissenso interno (destinato a svuotare il suo gruppo parlamentare artificiale, di finti dissidenti da Berlusconi), e dall'ipotesi di dover abbandonare la sua creatura prediletta: il Potere ministeriale. La gabbia della tigre, però, gli è stata allestita fin dalla proclamazione di Mattarella a Presidente. Alcuni hanno scavato la buca profonda; altri ancora hanno ancorato sul fondo le punte delle lance, rivolte verso l'alto. Infine, i trapper hanno ricoperto e mimetizzato la fossa, che è stata costruita lungo il sentiero obbligato, che Angelino dovrà necessariamente percorrere, e che lo porterà a dover scegliere tra la guida del Partito e la sua permanenza nell'attuale Governo. Non potrà, cioè, evitare di pagare pegno alla sua piroetta del no a Mattarella, seguita a ruota dalla decisione opposta e improvvisa di votarlo assieme a Pd e Sel. Certo, la scusa addotta ai suoi è semplice e chiara, quanto banale: si voleva evitare come la peste che il successo del Premier avesse il colore sinistro degli innamorati di Tsipras. Ma, così facendo, ha lasciato solo il suo migliore alleato elettorale, che pure privato di molta linfa vitale, rimane pur sempre il secondo, o terzo Partito, del panorama politico italiano, senza il quale, peraltro, non si va da nessuna parte, se si desidera costruire un fronte moderato, antagonista al Pd. Paradossalmente, le sue mosse non hanno fatto altro che aumentare la già pericolosa fluidità del sistema. Non creda Angelino, infatti, che gli Italiani siano poi così narcotizzati dai talk, nei quali lui è perennemente invitato, e non tenga conto delle sue cattive figure, un po' grilline, quando accetta lo scontro tra comari, anziché il profilo alto della discussione politica vera. Il Paese quattro conti se li sa fare benissimo. E vede, ad es., che il Premier governa grazie alla proibizione del vincolo di mandato, per cui costruisce, come la Fata Morgana, la sua maggioranza attuale con il Frankestein parlamentare che tutti conosciamo, mettendo assieme le membra defunte di Scelta Civica (che pesa come un prefisso telefonico, nel gradimento elettorale) e quelle dell'Ncd di Alfano, tolte a un altro corpo vivente. Il secondo colpo di maglio, infine, il Segretario del Pd lo ha assestato al duo Grillo-Casaleggio, instaurando tra i parlamentari dell'M5S una campagna-acquisti mai vista prima. Niente più panchina lunga, per il Movimento. Chi ha fiutato il pericolo della non-rielezione (tutti, in pratica), vanno di corsa a chiedere la grazia a S. Matteo, per un posto in lista. Grillo era andato in Parlamento per suonare le campane dei due poli, ed è stato trombato dalle sirene dell'odiato Nazareno. Perché, giustamente, grillini non vuol dire grullini! Tutti vedono e sanno benissimo che, a conti fatti, in base alle approvande nuove regole elettorali, l'M5S potrebbe far rieleggere meno della metà dei suoi attuali parlamentari, tra i quali in molto pochi possono sperare in una loro ri-designazione, a seguito di eventuali, future e patetiche parlamentarie. Solo il Premier, ora, può fare la mossa sbagliata che lo faccia cadere. Ma tutto fa presupporre che non lo farà. Trefilerà il Patto del Nazareno, fino a farlo passare per la cruna dell'ago dell'approvazione -obtorto collo- delle sue riforme, al prezzo scontato dell'ulteriore rischio concreto di implosione di Fi. Intanto, ha già asfaltato Grillo e i suoi, rendendoli definitivamente irrilevanti, come ruota di scorta eventuale, per la creazione di maggioranze alternative. Staremo a vedere come evolverà il tutto. Certo, i troppo furbi finiscono, alla lunga, sempre per bruciare in uno dei due, o più forni che hanno, meticolosamente, costruito nel tempo, per vincere la gara del potere.. Di Maurizio Bonanni
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