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Mar 07

Le nuove frontiere dello screening neonatale, di Alessandra Broglia

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Un aggiornamento di alto profilo scientifico, articolato in tre Lectures,  si è tenuto lo scorso mese di gennaio presso importanti sedi pediatriche; la prima nella capitale, per poi trasferirsi a Firenze, presso l’Ospedale Meyer, e a Padova, all’interno del Dipartimento di Pediatria dell’Azienda Universitaria Ospedaliera. Organizzate dalla Fondazione Sigma – Tau, ha avuto a Roma, presso l’ospedale Bambino Gesù, la sua tappa d’inizio, introdotta dal Direttore Scientifico, prof. Bruno Dalla Piccola, illustrando le ultime frontiere per un servizio indispensabile alla salute della collettività, da parte del SSN: lo screening neonatale per le malattie metaboliche. Questo tipo di esame viene effettuato nel neonato entro i primi tre giorni di vita, prelevando alcune gocce di sangue dal tallone. È un’attività di sanità pubblica, che consiste nell’identificazione precoce di condizioni per cui possa esistere una terapia che porta a una riduzione della mortalità del paziente affetto. Questo tema e le problematiche annesse, sono state discusse dal prof. Nicola Longo, importante genetista in ambito pediatrico, che insieme alla d.ssa Marzia Pasquali (nella foto), sono presenti a Salt Lake City, nell’Università dello Utah. L’incontro ha voluto significare un momento di confronto scientifico, tra le ricerche svolte all’estero e in Italia, esposte dal Dott. Carlo Dionisi Vici, presidente della Società Italiana per le malattie metaboliche e a Roma coordinatore della stessa area di ricerca nonché Responsabile dell’U.O.C. di patologia metabolica dell’Ospedale Bambino Gesù. Dalla dettagliata spiegazione del prof. Longo, si è evinta l’ulteriore importanza e complessità di screening di questo tipo, evidenziando l’esempio di patologie rare come la fenilchetonuria, caratterizzata da un’alterazione che genera un eccesso dell’amminoacido fenilalanina nel corpo. Tra i nati prima e dopo l’avvento del new born screening il prof. Longo ha usato l’aggettivo “drammatico” per definirne la differenza, descrivendo il caso di una signora che non parla, ha problemi nel camminare e molti disturbi di tipo psichiatrico. Emblematico il caso opposto di una ragazza, cui fu effettuato questo screening, in grado di condurre un’esistenza normale, infatti ha una vita lavorativa, famigliare e sta cercando di diventare mamma. Questa è la differenza che si riesce a fare nel caso di questa malattia metabolica, non a caso fu la prima a essere inclusa in questo tipo di screening. Cercando di ampliare sulle altre patologie rare, delle altre si hanno molte meno informazioni, evidenziando l’esempio di patologie nei difetti del ciclo dell’urea, dove l’effetto dello screening risulta molto più limitato, poiché ancora pare non esista un impatto marcato non prima di sei mesi o un anno di vita. Questo screening neonatale, insieme alla spettrometria di massa, effettuato nello Utah, può identificare più trenta malattie metaboliche e non si presenta come un processo statico ma dinamico che cambia col tempo, grazie anche allo sviluppo di nuove terapie e nuovi test, per identificare queste condizioni alla nascita. Importante in Italia come negli Stati Uniti, che tutti i gruppi che effettuano il new born screening siano in grado di collaborare insieme, magari effettuando meeting mensili con il Dipartimento di Sanità Pubblica, perché il programma progredisca, potendo migliorare le condizioni se sopraggiungono problemi, con specialisti, pediatri di base e laboratori che effettuano i cosiddetti confirmatory test. L’introduzione di nuovi metodi diagnostici, come ha concluso il professore, sarà in grado di continuare a espandere questo processo per continuare a identificare in modo precoce i bambini per cui è possibile individuare una terapia. Molto dettagliata è stata la descrizione della dott. ssa Marzia Pasquali descrivendo il gruppo di lavoro di Salt Lake City, che effettua lo screening con quattro persone che lavorano a tempo pieno, per un complessivo numero di circa 100.000 screening annui. Non meno incisiva è stata l’esposizione del dott. Dionisi Vici, che ha evidenziato la situazione italiana. Questo screening in Italia è regolato dall’articolo 6 della legge quadro n. 104 del 5 febbraio 1992, che lo ha introdotto per tre malattie: fenilchetonuria, ipotiroidismo congenito e fibrosi cistica, divenuto poi obbligatorio per le suddette patologie. Mentre per le prime due vi è una copertura al 100%, per la fibrosi cistica, si riesce a soddisfare poco più dell’80% del territorio nazionale e  nonostante l’obbligo la situazione non sembra delle migliori. La legge italiana dice che il rapporto tra i nati in Italia e i centri screening, dovrebbe essere di 1:60000, ma ne abbiamo circa 40 per lo screening obbligatorio, quando ne basterebbero una decina. La Società Italiana per le malattie metaboliche, capace di fornire annualmente i propri dati mediante un rapporto tecnico, ha prodotto delle linee guida nel 2008 per lo screening esteso. Il dott. Dionisi Vici, riportando i dati del 2013 delle varie regioni, ha evidenziato come alcune presentavano completezza dei centri, e altre, come il Lazio, con 50.000 nati come nello Utah, avevano due centri differenziati poiché uno solo effettuava lo screening esteso. Quindi paradossalmente a seconda di dove si nasce si può avere uno screening neonatale esteso, con maggiore attenzione di scoprire eventuali patologie. La novità nasce alla fine del 2013, quando all’interno della legge finanziaria, si scoprì che venivano stanziati i fondi, in via sperimentale e non obbligatoria. Ha continuato poi elogiando il lavoro e l’esposizione del prof. Longo nell’illustrare i criteri fondamentali, già istituiti nel 1968, con l’esigenza di rivederne alcuni, magari includendo nuove malattie come il deficit di creatina. E’ seguita poi una descrizione della situazione europea nell’individuazione di questi centri, spiegando l’estrema diversità delle malattie incluse; come l’Inghilterra e la Francia, che pur effettuando lo screening lo fanno su un numero estremamente minore di patologie rispetto all’Italia. All’interno del Bambino Gesù è stato istituito un progetto per lo studio del basso o alto rischio delle malattie incluse nello screening, con azione sinergica tra centro screening e centro clinico, dove non sempre coesistono, a differenza di Firenze nell’Ospedale Meyer. L’evidenza consiste nel trattamento di questi bambini, poichè non vengono curati solo dal medico ma necessitano di altre figure professionali, con un pool di esperti multidisciplinari. Quindi lo screening serve a fare una fotografia del neonato per preludere a un percorso che duri tutta la vita per vivere bene, con adulti che saranno anziani e se si riesce a migliorarne la qualità di assistenza, si dovrebbe garantirne un percorso a lungo termine. Nel Lazio vi è un centro di screening e due centri clinici ma è fondamentale il dialogo e la sinergia. Il Bambino Gesù sta diventando un riferimento per la regione Marche, caso analogo la Toscana con l’Umbria. L’informazione pare sia piuttosto scarsa tra gli operatori sanitari, ma l’ultimo corso annuale al riguardo, svoltosi nel 2013/2014, ha visto una richiesta di partecipazione di oltre duemila persone, di cui la metà erano infermieri, una parte biologi e il 16% medici, suddivisi tra un 44% di pediatri con i restanti in ostetrici e ginecologi. Quindi rispetto alla storia degli Stati Uniti non siamo così indietro, ma comunque si deve ancora fare qualcosa e italiani all’estero come il prof. Longo hanno esportato una cultura nei confronti di queste malattie tanto da essere riconosciute come figure di riferimento. La transizione dall’età pediatrica a quella adulta, comporta una complessità non indifferente e nello Utah, l’organizzazione cambia da centro a centro, dove il paziente più adulto, seguito dal prof. Longo, ha 86 anni, poiché non ha centri ai quali potersi rivolgere. Ci sono però genetisti per adulti, e in Italia vi è la necessità di avere un centro per adulti accanto a quello pediatrico. Il dott. Dionisi Vici ha riportato l’esempio del Bambino Gesù, dove fu curata una gestante affetta da acidemia metilmalonica, mandata dall’Ospedale Fatebenefratelli. Dopo aver avuto un bimbo eterozigote perfettamente sano, l’Ospedale fu in grado di gestire molto bene il suo puerperio. Tra i vari ringraziamenti conclusivi l’incontro è volto al termine con l’invito ad un nuovo incontro, e l’istituzione di una Scuola di area pediatrica e Master appropriati, poiché sarebbero un’opportunità di crescita enorme, vista l’ultima partecipazione dell’ultimo corso svolto, non dimenticando la transizione della malattia metabolica dall’età pediatrica a quella adulta, di cui la Società Internazionale per le malattie metaboliche si occupa, con un gruppo di lavoro per le malattie dell’adulto, guidato da Carla Hollak, all’Università di Amsterdam, presso il Dipartimento di Medicina Interna. Di Alessandra Broglia, Nuova Opinione Italiana
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