È tutta questione di… ineducazione.
Leggere una notizia come questa diventa l’occasione di ragionare seriamente sulla relazione che esiste fra la famiglia, i media e la scuola.
Dalle dichiarazioni della Preside emerge che la scuola ha fatto quello che ha potuto, eppure non è affatto vero. Nello stesso modo si sono comportate le famiglia di questi ragazzini, perché in altra situazione esistenziale questo non sarebbe stato possibile, oppure sarebbe stato difficilmente attuabile.
Ma oggi parlare di regole e di educazione all’uso dei media (che dovrebbero fare capo alla responsabilità tanto familiare quanto scolastica) è ancora assurdo nella nostra nazione e rimangono troppo pochi coloro che, tra insegnanti e genitori, si prendono la briga di educarsi su queste tematiche per educare a loro volta.
Non si tratta affatto di “ragazzate“, oppure di cosiddette “bravate”, perché quando in una mente adolescenziale accadono fatti di questo genere dovrebbe scattare un vero e proprio allarme generale, fondato sul presupposto che essere messi di fronte alla visione di certe immagini crea uno stato subdolo e inconscio di emulazione ed imitazione.
Tutto quello che i nostri sensi incontrano nella loro vita rimane in memoria, anche quando noi crediamo di non aver prestato attenzione a quella situazione oppure evento. La nostra mente immagazzina stimoli e informazioni, e seleziona poi via via che cosa recuperare nel momento in cui diventa possibile fare riferimento a ciò che è stato memorizzato.
Nel vedere con una certa frequenza, scene di violenza di tutti i tipi, la nostra mente impara a credere che sia del tutto normale, ossia possibile e quotidiano, comportarsi come i personaggi che si vedono, senza distinguere il nocivo dall’innocuo. La nostra mente, e l’ho ripetutamente scritto, non sceglie tra il peggio ed il meglio, ossia non possiede un atteggiamento etico e morale innato, ma sceglie tra ciò che è piacevole e ciò che è spiacevole. Se fosse vero il contrario, basterebbe la dicitura “Nuoce gravemente alla salute” sui pacchetti di sigarette per smettere di fumare, eppure sappiamo tutti che si tratta di una strategia del tutto inutile quando non di una presa in giro. Del resto è nota a molti la presenza di studi che dimostrano come una frase simile stimoli invece a comportamenti esattamente opposti: si fuma molto di più.
Ecco perché di fronte a queste notizie le cose da fare sono semplici e poche: limitare l’uso di internet ai nostri figli, controllando come vi navighino e per questo è necessario stare accanto ai figli, ossia educarli con quella consapevolezza che avevano le vecchie generazioni, quando non vi erano strumenti in grado di sostituire la presenza dell’adulto. Questo richiede fatica, e i genitori ne vogliono fare sempre meno, specialmente quando tale fatica richiede anche una certa competenza rispetto al mondo vissuto dai loro figli.
E la Scuola?
Questa si dovrebbe aggiornare, e non mi interessa se a pagamento del singolo docente o meno, e continuamente, cercando di presentare ai giovani vere e proprie lezioni nelle quali si spiegano i processi inconsci sottesi all’uso di internet, con particolare riferimento ai video.
E infine: sarebbe forse il caso che molti media e redazioni decidessero, come ha fatto Rai News 24, di sospendere la messa in onda oppure in rete di scene di violenza a questi livelli. E mi sto riferendo anche ai film, ai telefilm e alle serie nelle quali non si vede altro che aggressioni e violenze, in altra parola: sangue.
Ci vuole una volontà condivisa che vada in questa direzione, altrimenti situazioni di questo genere si ripeteranno certamente, senza che la sospensione agisca da deterrente, anzi… forse peggio.
Di Alessandro Bertirotti, l'Antropologo della Mente
Apr 02