Mag 26
UEXIT. Di Maurizio Bonanni
"Grexit" e, poi, "Uexit"? Cioè, prima la Grecia fuori dall'Euro (default, o meno) e, poi, implosione della Ue? Quanta forza avranno, in futuro, i movimenti stile Syriza, Podemos e il partito di destra polacco Diritto e Giustizia (Pis) di Andrzej Duda per dare la spallata finale all'Euro, all'austerity alla tedesca e all'iperregolazione di Bruxelles? Davvero è solo demagogia, o la rivolta popolare (da noi, v. M5S e la Lega di Salvini) contro la finanza internazionale -che investe 18.000 miliardi di dollari per salvare il sistema bancario mondiale e non le molte centinaia di milioni di persone che soffrono a causa di questo!- rischia di travolgere una costruzione del tutto artificiale come quella che ha la sua coda a Francoforte e la testa a Wall Street? Vogliamo ascoltare che cosa ci dice una voce fuori dal coro, come quella di Peter Koenig, già nello staff dei pensatori della Banca Mondiale?
La sintetizzo così. Primo: la crisi del 2008 è servita per rafforzare il dollaro come valuta mondiale di riserva e di scambio e per evitare il fallimento delle principali banche statunitensi ed europee, facendo pagare il salvataggio relativo ai nostri contribuenti. L'effetto più deteriore di questa strategia è stato, da un lato, la strisciante privatizzazione del welfare più avanzato del mondo e, dall'altro, l'indebolimento e la destabilizzazione dell'Euro, a danno delle popolazioni del Vecchio Continente. Secondo: le condizioni draconiane e ingiuste (che pregiudicheranno il futuro di più generazioni!) imposte alla Grecia dalla Commissione Europea avevano il fine di tutelare le banche tedesche e francesi, esposte per 120 miliardi di euro (dati 2010). I francesi, in particolare, hanno finanziato le spese militari del Governo greco, malgrado che la Grecia avesse firmato un trattato di pace con la Turchia! E, se dovesse andare male, saranno sempre i contribuenti europei a dover ripianare quelle loro sofferenze bancarie!
Terzo: Paesi del Sud Europa, come Spagna, Portogallo, Italia e Irlanda (governati da compiacenti governi neo-liberisti) sono stati sommersi da un debito pubblico non necessario e non trasparente. I media hanno convinto le opinioni pubbliche interessate che i sacrifici erano necessari per ripianare l'elevato indebitamento del sistema bancario. Nessuno che ne abbia mai spiegato le vere ragioni, o abbia chiesto ai cittadini se volessero lasciar fallire quelle stesse banche che si erano indebitate ai soli fini speculativi! Quarto: la Banca Centrale Europea (Bce) è stata intenzionalmente privata dello statuto di banca centrale tradizionale (di ultima istanza). Il suo compito, finora, è stato di mettere a disposizione centinaia di miliardi (a un tasso inferiore all'1%) a banche francesi e tedesche, per l'acquisto di titoli del debito sovrano di Grecia, Spagna, Portogallo a un tasso del 6-7%!
Infine, due ultime considerazioni. In via teorica e pratica, i Paesi più in difficoltà dell'area euro potrebbero adottare un sistema di "public banking" nazionalizzando tutte le banche private in crisi e imponendo alle proprie banche centrali di stampare euro, da mettere a disposizione delle public banks a interessi molto bassi, cosicché queste ultime possano reimmetterlo nel circuito del credito nazionale agevolato a famiglie e imprese, per rivitalizzare le proprie economie. Si noti, infatti, che non esiste una clausola dello statuto della Bce che impedisca alle banche centrali di stampare la moneta comune. Certo, poi la burocrazia di Bruxelles potrebbe minacciare i "colpevoli" di escluderli dalla Ue, ma niente di più! Ultimo punto: la Ue (di proposito, o per negligenza) ha costituito l'eurozona senza prendere le necessarie precauzioni finanziarie, per impedire l'accesso a Paesi come la Grecia e ad altre economie di dubbia solidità.
Conclusione (mia): chi, come e perché ha voluto che il potere d'acquisto delle famiglie italiane fosse falcidiato del 50%, pochi mesi dopo l'introduzione dell'euro? Apro, da parte mia, la caccia al colpevole...
Di Maurizio Bonanni