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Set 11

“QUOTE” O.. “ALIQUOTE”? Di Maurizio Bonanni

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Junker dà i numeri. Anche se è vero che lo fa con.. "formula piena" (vedi scrittura matematica bruxelloise per la suddivisione dei profughi). Ovviamente, sul metodo e sulla sostanza esplode mezza Europa (per ora all'Est) in dissenso. Parafrasando Don Abbondio, "se uno il carisma non ce l'ha, non se lo può dare". E Junker è solo un pavido esecutore della volontà espressa da Berlino-Francoforte, il vero boa costrictor delle politiche europee. Però, veniamo un po' a noi. C'è qualcuno in Europa davvero capace di risolvere i problemi delle trasmigrazioni epocali da un continente all'altro, per ragione di guerre, fame e persecuzioni, come sta avvenendo tra Africa ed Europa? Diamoci una risposta seria, una buona volta. Ed è "No", non ce l'abbiamo noi la Fata Turchina, se non quella figlia di un dio minore, un pochino sovrappeso, nata nella Germania dell'Est, quando ancora c'era "Lui", il Muro. E vedete come l'unica cosa che riusciamo benissimo a fare (in fondo, non fummo il parto ideologico dei Fra' massoni?) è quello di costruire muri nuovi di zecca. Le chiamiamo, per pudore, barriere anti immigrazione. Come i dossi stradali per limitare la velocità e rallentare il traffico. Ovvio che con gli esseri umani non funziona. Quando c'era "Lui", lo zar sovietico, le frontiere dell'Est erano blindate da un esercito super armato che aveva l'ordine di sparare a vista sull'aspirante profugo. E si buon capire come il disincentivo abbia perfettamente funzionato. Invece, i confini tra gli Stati africani (ribollenti di popolazione giovane, sovraeccitata per quello che vede su internet e in tv, a proposito dei paradisi consumistici occidentali) sono talmente porosi e evanescenti, che tutti possono andare oltre. Mentre dalla Cortina di Ferro non si poteva fuggire, da quella della fame e della disperazione invece si può, dato che i governi africani, spesso corrotti e dalle entità statuali più nominali che reali, non vedono l'ora di scaricare su altri i loro problemi di crescita demografica e di miseria nera dilagante. Già, ma come si spiega che l'Africa, malgrado le devastazioni e la spoliazione delle multinazionali occidentali e dei grandi combinat moderni cinesi, rimane un continente ricchissimo? La risposta è semplice e ovvia: il 99% dei nativi africani "non" ha accesso a quelle risorse e l'1%, invece di ridistribuirle, prospera e accumula riserve per migliaia di miliardi di dollari concedendole allo sfruttamento di Occidente e Asia, Cina in testa. Vi diranno: è la globalizzazione, bello mio!". Non so a voi, ma a me verrebbe di sparare a vista! Siccome, però noi nasciamo milioni di anni fa in Africa e, come i loro abitanti attuali, abbiamo i commerci e il baratto nel sangue, invece dei conti stralunati di Junker io preferirei sostituire alle "quote" le.. "aliquote". Spiego meglio il concetto. Immaginiamo di costruire un grande monopoli (non siamo noi campioni mondiali?) mettendo su ogni Paese africano, esportatore netto di migranti economici, un bel gruzzolo di miliardi di euro, e facciamo con loro questo ragionamento, ammettendo che il "contratto" abbia validità annuale, rinnovabile tacitamente: "se alla scadenza annuale del contratto non ci sono stati flussi in uscita di migranti economici, i soldi te li prendi tutti, nel senso che li usi per finanziare le più importanti infrastrutture collettive che ti mancano. Altrimenti, per ogni migrante che sono costretto a rimpatriarti, ti defalco le relative spese dall'ammontare complessivo pattuito, maggiorante di un coefficiente predefinito, in base al contratto". Così, risarciremo molto parzialmente l'Africa delle nostre spoliazioni e potremo spedire in loco un sacco di bella gente nostrana, tecnici e formatori molto ben preparati e supportati politicamente, per migliorare "in concreto" (con le opere vere -come strade, fogne, ospedali, etc., etc.- e non con le chiacchiere!) la vita di chi soffre -anche a causa nostra!- per miseria, denutrizione e mancanza dei mezzi minimi di sussistenza. Con una mission fondamentale: non regaliamo il pane, ma insegniamo loro a coltivare la terra! Di Maurizio Bonanni
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