A scoprirlo l’eurodeputato Ignazio Corrao che denuncia l’assenza di prodotti del Mezzogiorno d’Italia nella lista dei 100 prodotti che l’UE tutelerà nell'ambito dell’accordo di libero scambio con il paese del dragone: “Il Ministro Martina non si è mai visto a Bruxelles ai tavoli dove si dovrebbe difendere la nostra produzione. Presenti in lista solo i grandi consorzi”.
"Nessun prodotto agroalimentare siciliano o del mezzogiorno d’Italia presente nella lista delle 100 indicazioni geografiche nell'ambito dell'accordo di libero scambio che Bruxelles ha siglato con la Cina”. A scoprirlo è l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Ignazio Corrao che ha reso nota la lista della commissione Agri a Strasburgo in cui figurano i 100 prodotti europei DOP e IGP da tutelare nell'ambito dell’accordo economico di libero scambio con la Cina. “Siamo venuti in possesso - spiega Corrao - del documento sottoposto all'agenda della commissione Agri convocata a Strasburgo in sessione straordinaria lunedì sera. E’ un documento che contiene le indicazioni geografiche tipiche (GI), ovvero quell'elenco di prodotti che ci mettono al riparo dagli effetti mortali degli accordi di libero scambio che l’Unione Europea continua a portare avanti. Il Governo Italiano ha infatti dato a Bruxelles un elenco di prodotti Dop e IGP che avendo questo marchio, dovrebbero essere messi al riparo dalla concorrenza mondiale quando l’Europa fa accordi per commercio di libero scambio. Questo elenco contiene 100 prodotti da tutta Europa e 26 italiani. Sapete quali sono i riconoscimenti per i prodotti del meridione d’Italia? A parte la mozzarella di bufala Campana, zero! Non v’è traccia del nostro Nero D'Avola, del nostro Bianco d'Alcamo, del nostro olio extravergine o delle nostre arance. Non v’è traccia degli oli pugliesi, dei prodotti del Salento, di quelli sardi, calabresi o della Basilicata. Ricordo che appena un anno fa a Palermo - continua Corrao - il ministro all'agricoltura Maurizio Martina e l’assessore regionale all'agricoltura Antonello Cracolici brindavano in un teatro Politeama pieno di bandierine festanti di associazioni di categoria alla salute dell’agricoltura siciliana. Ebbene, era un bluff, il ministro Martina continua a disertare i tavoli europei dove si dovrebbe e potrebbe tutelare l’agricoltura del mezzogiorno e l’assessore Cracolici dispensa strette di mano e sorrisi sul PSR in pieno stile propagandistico anni ‘70. Agli agricoltori non servono mance, ma regole certe per stare sul mercato e queste regole, le fa la politica. Quindi se i tedeschi sono capaci di far tutelare i propri vini, vini spesso sofisticati con zucchero, non capiamo per quale ragione (o forse sì), i politici italiani non facciano valere le ragioni dei produttori del Mezzogiorno. Così, quando leggo di convegni con brochures degustazioni e volantini in cui si magnifica l'operato del governo regionale e nazionale sulla tutela e promozione dei prodotti del nostro agroalimentare, sapendo come vanno realmente le cose, provo un magone impressionante. Conosco bene la fatica dei nostri agricoltori e sapendo come votano e cosa propongono i loro rappresentanti politici a Roma e Bruxelles, trovo assolutamente ingiusto e disumano che i nostri produttori vengano presi in giro in questo modo. Evidentemente il Governo del nostro Paese non ritiene che il Sud Italia valga qualcosa. Nella lista dei 100 prodotti che riconoscerà la Cina, vi sono solo prodotti afferenti a grossi consorzi che hanno maggiore presenza nella Grande Distribuzione Organizzata, come ad esempio il Parmigiano Reggiano, prodotti che in sostanza hanno già la possibilità di farsi rispettare nell'esportazione, mentre i piccoli, come il pomodoro di Pachino, se vogliono affacciarsi al mercato cinese, non godono di alcuna tutela e se vengono clonati, i nostri produttori non hanno gli strumenti economici ed amministrativi per difendersi. Siccome l’IGP è una sorta di merce di scambio, i produttori meridionali, sono stati trattati alla stregua delle figurine di calcio da barattare con i cinesi. L’unica dimensione presa in considerazione per individuare questi 26 prodotti italiani che fanno parte della lista dei 100 è la dimensione economica, cosa che dovrebbe essere l’opposto in un negoziato: Il produttore di arance della Piana di Catania, se riesce ad aprirsi un varco nel mercato cinese, non avrà la potenza che avranno gli altri consorzi nel farsi pubblicità, nel potersi permettere una tutela legale in Cina. Ecco perché il Ministro Martina, il sottosegretario Castiglione o l’assessore all'Agricoltura Cracolici mentono sapendo di mentire, perché quando parlando di valorizzazione di prodotti siciliani e di internazionalizzazione, fanno solo fuffa dato che poi quando c’è da mettere nero su bianco non fanno nulla di quello che promettono. Tra i vantaggi che prevede il rientrare in quella lista, ci sono anche la possibilità di sovrapprezzo che arriva sino al 2.000%. Sul piatto ci sono 100 prodotti europei e 100 prodotti cinesi, riconosciuti reciprocamente. A chi sta in quella lista, viene assicurato dalle autorità cinesi ed europee il massimo livello di protezione per il problema della contraffazione. Se ci sono ad esempio casi di clonazione del marchio, del packaging o contraffazione, non occorre che l’imprenditore italiano, vada a fare un’azione giudiziaria, a cercarsi lo studio legale cinese o a studiarsi il sistema giudiziario cinese, ma gli basterà un’azione amministrativa. Basterà notificare cioè l’esistenza di contraffazione per ottenere il giusto risarcimento, cosa che per un imprenditore piccolo sarebbe fondamentale. Alla luce di questo ennesimo schiaffo nei confronti dei nostri agricoltori e produttori, ci auguriamo - conclude Corrao - che questi prendano coscienza di chi li rappresenta a livello istituzionale e che siano capaci di ribaltare il tavolo”.Giu 15