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Apr 29

A PALERMO CI FACCIAMO DEL MALE DA SOLI

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A PALERMO CI FACCIAMO DEL MALE DA SOLI   Un po’ è l’inedia, decisamente l’invidia, poi la nostra tipica trasognata baldanzosa andatura a sottolineare la nostra figaggine intrinseca, di quando pensiamo di averla combinata a qualcuno e di averla pure passata liscia, come sempre. Questa è la volta di alcuni piccoli locali palermitani, presi di mira per “differenti” normative con conseguenti contravvenzioni amministrative per motivi sanitari, per avere lavoratori in nero e per aver occupato abusivamente il suolo pubblico. Un lavoro egregio dei vigili urbani che solo in alcuni casi sono stati accompagnati dai NAS che hanno compiuto il loro dovere, e ne spiegheremo il perché, ma che è stato mal interpretato da chi ha riportato le informazioni accomunando senza una logica precisa (o chissà!). Della quarantina dei locali controllati intanto solo tre sono stati “nominati” sulle testate giornalistiche web, cartacee e televisive, mettendo insieme la vicenda del Tao Cube, che si è macchiato di aver occupato pochi metri di suolo pubblico, un pezzetto di marciapiede e un pezzetto di strada destinato al parcheggio dei motorini (non si fa e non ci sono scusanti neppure per la scrivente), ma che ha prodotto solo un verbale di 158 Euro, poiché nessun altro illecito è stato rilevato all’interno del locale e i quattro tavolini sono stati immediatamente rimossi, insieme alle tre piante che delimitavano quello spazio, con il caso del Cotton Club cui è stata applicata una pena più grave, ossìa la sospensione dell’attività in quanto è stata verificata la posizione irregolare di otto lavoratori, tra l’altro palermitani, praticamente l’80% della forza lavoro del locale. Per non parlare di mettere insieme questi due locali che hanno un certo tipo di problema, che resta sempre e comunque entro certi limiti, ossìa lavorativo-amministrativo, più o meno gravi e sempre differenti fra loro, con altri che nella descrizione di altre testate giornalistiche parlano di giovani arrestati, di diversi locali della movida palermitana ispezionati dai NAS per droga, di personale di certi locali che in seguito alle perquisizioni dei carabinieri sono stati trovati in possesso di dosi di sostanze stupefacenti, di gente che è finita all’Ucciardone, di altri che coltivavano piante di cannabis in casa. Tutto descritto insieme negli stessi articoli, negli stessi pezzi, stessi giornali e stessi passaggi telegiornalistici sputtananti (voglio pensare per leggerezza solamente), che mettono però in difficoltà la gente che cerca di lavorare onestamente e che sebbene abbia sbagliato, non sia stata del tutto alle regole, per cui giustamente deve pagare un’ammenda, sebbene abbia ripetutamente provato a mettersi in regola, come le due ragazze del Tao Cube (ma anche questo non è facile a Palermo) e si siano sentite rispondere “ritornate, adesso non c’è il sindaco, non sappiamo chi deve firmarvi il permesso per il suolo”, non dovevano prendere iniziative personali, non si dovevano “allargare”. Ma nemmeno vanno accomunate a dei farabutti e a degli spacciatori, mettendo a rischio l’intera attività, sentendosi dire quando vanno in giro “come vi è finita, vi hanno messo i sigilli.. ma quando riaprite!” ma quali sigilli, non hanno mai dovuto chiudere, ma la gente che ha letto ha messo tutto insieme e chi le ripaga di questo? Il prezzo del loro errore (158 Euro) è stato pagato! Avere un’attività anche piccola con i tempi che corrono è un’impresa titanica, dovremmo essere accudenti, protettivi nei confronti di queste realtà e ringraziare perché hanno il coraggio nonostante di stare lì e provare. Avete notato che da quando non c’è più Roney Palermo è orfana di un posto dove trascorrere qualche ora, dove passare un po’ di tempo, incontrarsi? Quanto piaceva ai palermitani di stare in quella vetrina in pieno centro! Nessun altro posto è riuscito veramente a supplirlo, un po’ per la location, ma soprattutto per il tempo lungo da cui veniva, per come ci ha accompagnato negli anni, nei decenni, siamo cresciuti con quella pasticceria, dove si faceva colazione, il brunch, il thè, i pasti da portare via. Quanti piccoli e grandi posti aprono e chiudono tentando di dar vita alla città, di essere un riferimento, un punto di aggregazione, un luogo dove ci si possa sedere in santa pace e star lì per essere visti, ascoltati o al contrario per passare inosservati e lasciar passare il tempo. Non c’è pietà né il buon gusto di lasciar vivere gli altri, di provare, di capire che c’è spazio per tutti, che se aprono tanti locali e se si aiutano a mantenerli vivi, la città e tutti noi ne avremmo un vantaggio. Le più grandi città europee e del mondo hanno migliaia di locali, pure uno accanto all’altro, e tutti convivono e fanno muovere energia, moneta, turismo, mode, musica, gente. Da noi regna sovrana l’invidia. Questo è il nostro problema. Anche adesso che si parla di suicidi perché ogni giorno chiudono a mazzi le attività lavorative, non si arriva a fine mese, c’è disperazione. Non c’è pietà né solidarietà per l’essere umano. Vanessa Seffer
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