Set 17
“Stare al mondo” di Alessandro Bertirotti
Noi al mondo…
Nell’articolo precedente ci siamo brevemente dedicati ad evidenziare l’importanza del passaggio, durante l’adolescenza, dalla famiglia al gruppo.
Vediamo ora più da vicino il ruolo che il gruppo svolge nel favorire oppure inibire le potenzialità individuali e perché questa potenza di più persone su di una sola è, in effetti, tanto nel bene quanto nel male un elemento importante per la crescita individuale.
Sulla base delle interessanti analisi di Kurt Lewin, il gruppo è un insieme di individui che dinamicamente stanno assieme per la condivisioni di obiettivi comuni, decidendo di autoregolarsi secondo comportamenti approvati dalla maggioranza dei suoi membri. Proprio per questi motivi, emerge subito la considerazione mentale di cui gode il gruppo per l’adolescente: un modello globale di ruoli e funzioni, dotato di una maggiore autorità globale, decisamente maggiore rispetto a quella dei singoli membri.
Questa ultima considerazione è decisamente importante oggi, nel periodo che il mondo intero sta vivendo, ma, oseremo dire, specialmente in riferimento alla crisi esistenziale (e non certo solo economica…) che sta vivendo l’intero Occidente industrializzato. In altre parole, visto che per gli adolescenti il gruppo è considerato nel suo insieme, come fosse un tutto unico individuale, anche se allargato, possiamo comprendere il dramma che i nostri giovani vivono nella valutazione delle istituzioni, recepite dai giovani come gruppi, e specialmente della loro rappresentanza sociale.
Le istituzioni di uno stato, di una società civile, infatti, sono gruppi di persone che vengono valutate e viste dai nostri giovani esattamente come loro stessi giudicano la compagnia con la quale vanno il sabato sera in discoteca, oppure escono per andare a fare un giro in centro città. Il procedimento psicologico che investe il gruppo di appartenenza di autorevolezza ed autorità è identico a quello che da adulti utilizziamo per la valutazione delle istituzioni.
Se i giovani, che valutano sempre attentamente i comportamenti degli adulti, specialmente con un silenzio assordante ed imbarazzante mano a mano che crescono in età e sensibilità, osservano con attenzione il nostro livello di gradimento ed affezione verso le istituzioni, non possono fare altro che chiedersi se valga la pena, alla loro età, ascoltare gli adulti quando dicono di fidarsi degli amici!
In effetti, l’aspetto primario e psicologico che porta un adolescente a credere nel gruppo è quanto investimento affettivo il gruppo stesso garantisce e salvaguarda. Altrimenti, egli pensa (e noi tutti adulti pensiamo assieme a lui…) che non valga nessuna pena e fatica mettersi in relazione con un gruppo che fa sentire a disagio, oppure non tiene in giusta considerazione le esigenze personali di ciascuno.
Affidarsi ad una istituzione sociale e politica significa accettarne le regole che essa impone, ma questa accettazione è la conseguenza di una affiliazione, ossia di un sentirsi consigliati ad operare nella propria vita secondo un affetto positivo. È chiaro che quanto più i giovani ripongono fiducia in una figura e la avvertono come ben disposta ad aiutarli, tanto più ne accetteranno i consigli e la guida, confidando in essa. Maggiore sarà anche il grado di identificazione, maggiore sarà la percezione di questa figura come fonte d’autorità.
In ordine di importanza cronologica ed evolutiva, dovremmo avere sempre i genitori e gli amici al primo posto, anche se, con il procedere dell’adolescenza, l’atteggiamento dei figli verso il padre e la madre si farà più critico e meno passivo. Seguiranno, poi, i docenti, il magistrato ed il sindaco. Il sacerdote (o qualsiasi altro rappresentante religioso-confessionale) è invece una figura particolare, perché può avere estrema rilevanza se il giovane adolescente è religioso e praticante, oppure non averne affatto.
Nello stesso tempo, queste considerazioni scientifiche ci fanno riflettere sul fatto che quanto più una figura è investita d’autorità, tanto maggiore sarà il disagio avvertito dai giovani quando ne trasgrediscono le regole.
I sentimenti di colpa e le azioni di autopunizione si manifestano nei riguardi di quelle figure, prima di tutti i genitori e in secondo luogo il gruppo, con i quali gli adolescenti hanno stabilito rapporto affettivo valido, cioè significativo e forte
Non si deve, infatti, dimenticare che il senso di colpa per la trasgressione (non scoperta…) alle regole dell’autorità, assieme all’autopunizione per la disobbedienza alle varie figure, sono fortemente legati al grado di identificazione degli adolescenti (e degli adulti in seguito) ad esse.
Se le figure di autorità manifestano atteggiamenti protettivi e godono di un buon livello di prestigio agli occhi dei ragazzi adolescenti, maggiore sarà la possibilità che questi ultimi si identifichino con queste figure. In effetti, l’intensità dei sentimenti di colpa è maggiore nei riguardi di queste figure
Quando, invece, il ragazzo vive il gruppo in assenza quasi totale di sensi di colpa in caso di trasgressione a regole, significa che ha stretto con gli amici un rapporto troppo paritario, cioè vissuto come non strettamente vincolante dal punto di vista normativo. Per gli stessi motivi, non dovrebbe esseremolto elevato il potere punitivo degli amici e di conseguenza della futura istituzione.
E’ così che si diventa adulti: con amore, gerarchia e con i sensi di colpa funzionali allo stare in società.
Da ControCampus
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