Gen 30

Medici, professionalità all’abbandono, parla Magi

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Medici, professionalità all’abbandono, parla MagiLa frequenza delle aggressioni che i medici e gli operatori sanitari subiscono descrive un fenomeno ormai cronicizzato. Il numero delle violenze fisiche, verbali e morali rappresenta una vera e propria emergenza sociale cui non si riesce a fare fronte. Una grande sfida per la tutela dei camici bianchi, ma anche per la sicurezza dei cittadini. Ne parliamo con il dottor Antonio Magi, presidente dell’Ordine provinciale dei Medici-chirurghi e odontoiatri di Roma. Cosa si può fare perché i medici non siano lasciati soli? Qualcosa come Ordine abbiamo fatto. Ho da tempo convocato tutti i direttori generali delle aziende ospedaliere, le direzioni sanitarie e l’assessore alla Sanità. Sono venuti da noi all’Ordine dei medici per discutere sul da farsi riguardo alle aggressioni. Ho fatto vedere loro i numeri raccolti tramite Inail. Quindi i casi denunciati, che sono la punta dell’iceberg, perché la maggior parte, non vengono denunciati se non ci sono situazioni davvero eclatanti. È stato istituito un tavolo di confronto fra Osservatorio nel Lazio, dove operano i responsabili di tutte le aziende compreso i Risk management e l’Ordine dei medici. Abbiamo già prodotto un documento con ciò che questo tavolo deve monitorare, con i primi numeri che abbiamo a disposizione. Con delle raccomandazioni date alle aziende di attivare determinati percorsi quali l’accoglienza, il controllo dei locali, alcune attività, il personale, il lavoro in gruppo specie in alcune fasce orarie, quali sono in caso di aggressione gli atteggiamenti da tenere mentre il personale svolge la sua attività, come capire i segnali prima di una aggressione. Abbiamo già messo in moto questi meccanismi. Inoltre, ho partecipato ad alcuni interventi alla Camera dei deputati per quanto riguarda la norma di legge e sensibilizzato la ministra della Salute Giulia Grillo che è venuta all’Ordine dei medici di Roma, dove è iscritta, che ha fatto la proposta sulla violenza agli operatori sanitari e dove sono stati presentati altri due disegni di legge, uno presentato da Fratelli d’Italia e l’altro dalla sinistra sempre sullo stesso tema. Come può la categoria medica riconquistare la fiducia della popolazione? Questo è l’altro problema. L’operatore durante il servizio non è un pubblico ufficiale. Le aziende ad oggi hanno sempre lasciato i medici da soli, abbandonati a se stessi. Con la procedura d’ufficio invece si supererebbe. Per cui noi abbiamo chiesto questo accorgimento e devo dire che nella prima stesura dell’Osservatorio della Regione Lazio si consiglia alle aziende di stare vicino al medico in fase di querela. Se il medico venisse riconosciuto come pubblico ufficiale ci sarebbero una serie di oneri per lui. Infatti, noi non vogliamo che sia definito tale in senso stretto, ma che nell’ambito della legge ci sia la possibilità di procedere lo stesso d’ufficio, indipendentemente dalla figura dell’operatore, in modo tale da far emergere tutto quello che noi oggi non vediamo, perché ci sono vari tipi di violenza, verbale, fisica, minacce, insulti, percosse, omicidio. Poi ci sono le donne che hanno paura di svolgere la loro attività professionale in luoghi più sperduti e limitrofi. Perché un’azienda sanitaria non si pone la domanda di mettere una donna in condizione di lavorare in sicurezza? Le strutture devono essere vigilate e i turni controllati, non c’è dubbio. Addirittura, nel Friuli Venezia Giulia c’è stata l’iniziativa degli alpini che autonomamente si sono resi disponibili a scortare i medici, sia donne che uomini, nel momento in cui vanno a svolgere le loro attività e poi rimangono di guardia. Questo è stato un segnale forte. Noi abbiamo chiesto al Prefetto di Roma e ad altri di mettere dei posti di protezione nei Pronto Soccorso, di vigilare in alcune strutture in particolare. Una volta c’erano. C’erano una volta e poi sono venute meno per mancanza di personale, è un problema nazionale. Lei confida che ci sia una soluzione a queste problematiche oppure ci stiamo avviando verso una lenta china? Se stiamo con il fiato sul collo penso di sì. Perché a parte i medici che subiscono la violenza e gli operatori, anche i pazienti vengono danneggiati se i medici non sono sereni nello svolgimento della loro attività. Per cui è un problema grosso che bisogna assolutamente risolvere. È però uno dei tanti problemi che ha la sanità in questo momento. Quindi fa parte di una di quelle cose che vanno a tutela del cittadino. Bisogna isolare certi soggetti. È anche questione di educazione civica che manca, perché non c’è solo la carenza nelle strutture sanitarie, c’è carenza anche nelle scuole, professori picchiati, nei campi da gioco del calcio, guardi gli arbitri; negli autobus, nei taxi. Si vive un grandissimo momento di inciviltà. In più, dobbiamo recuperare quel rapporto fiduciario e questo dipende un po’ da tutti quanti, dai media, dall’aggressività di certi avvocati scorretti, medici che non sanno comunicare con i pazienti, che non sanno cos’è l’empatia nel tempo di cura, perché ciascun paziente ha diritto al suo tempo nella cura. Queste sono cose che camminano insieme e vanno superate tutte quante. Questo mea culpa mi piace. Un mea culpa relativo, perché c’è qualcuno che non sa comunicare e quello è un problema proprio personale ma bisogna anche considerare che abbiamo attualmente un personale molto ridotto e si lavora sempre in emergenza e si andrà sempre a peggiorare per mancanza di specialità che vedremo sempre meno nel panorama sanitario del Paese da oggi a venire. C’è un collega che mi diceva giorni fa “O faccio un politrauma o un’emorragia, sono da solo e devo decidere da chi devo andare”. Certe volte ho dei colleghi che si trovano in situazioni terribili come questo e allora alla faccia della comunicazione! Bisogna invece dare il tempo necessario al professionista per cui ci si possa dedicare al paziente senza stress. Col fatto del turnover, col fatto che non assumono più nessuno, la cosa si sta esasperando sempre di più. Bisogna risolvere il problema. Poi c’è la parte burocratica che crea ostacoli quotidianamente, il paziente fa la fila per ore allo sportello e poi arriva dal medico già frustrato. C’è carenza dei medici perché c’è un grosso problema con le specializzazioni? Manca una programmazione corretta per il percorso che i medici devono chiudere non con la laurea, ma con la specializzazione. In Italia non programmiamo mai nulla come in tutte le cose e così tanti vanno via a lavorare all’estero, anche per il blocco del turnover, dopo che a spese nostre abbiamo specializzato queste persone andiamo a coprire errori fatti da altri in altri Paesi con le nostre risorse finanziate da noi. Ogni specializzato ci costa circa 400mila euro con soldi pubblici nostri. Alcune specialità vanno anche deserte perché a rischio professionale molto elevato, come ortopedia, ginecologia, anestesia, chirurgia. Per cui bisogna dire che in Italia, come in Polonia e Messico, c’è la penalizzazione del medico. Se sparo a una persona per strada o faccio un errore medico è la stessa cosa nel penale. O creiamo un meccanismo differente e allora creiamo un supporto per i colleghi oppure non so come andrà a finire. Perché un errore può accadere, l’importante che non sia dovuto a negligenza, imperizia. Anche l’apertura a tutti senza il numero chiuso della facoltà di Medicina, senza una programmazione delle specializzazioni, diventa un problema enorme per due motivi: le borse non sono sufficienti, tanti colleghi si laureerebbero ma non possono entrare nel mondo del lavoro, perché non si potrebbero specializzare. Poi perdiamo ogni anno una città grande come Parma come numero di nascite e nessuno ne parla. E quindi se si aprono i numeri chiusi delle università, succederà che poi il medico per vivere si dovrà inventare una malattia. Ci vuole un numero anche lì programmato, comprendendo quali sono le esigenze del territorio. @vanessaseffer
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Gen 24

Che brutto momento per i medici

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Che brutto momento per i mediciSolo pochi giorni fa scrivevamo dello spot televisivo e radiofonico contro la categoria medica. Uno spot promosso dall’ennesima associazione di presunta tutela degli interessi dei cittadini, laddove gli interessi, di natura esclusivamente economica, vengono rappresentati da quanti lasciano balenare l’idea di sostanziosi risarcimenti ottenibili a costo zero, denunciando per malpractice un medico. Iniziative che, in spregio alla deontologia professionale ed anche al buon senso, promettono anche “nessun costo in caso di rigetto della denuncia”. Ricordate il personaggio di Walt Disney, quell’avaro ma simpatico Paperon de’ Paperoni, le cui pupille si trasformavano nel simbolo del dollaro quando qualcuno gli faceva intendere la possibilità di facili e lauti guadagni? Ingordigia e avarizia ma almeno tanta simpatia: e in tante situazioni alla fine usciva il cuore d’oro del vecchio zione plutocrate. Magari ora il simbolo del dollaro viene sostituito da quello dell’euro nelle pupille di questi promotori finanziari di facili arricchimenti alle spalle dei camici bianchi. E, visto che le strategie di marketing sono in continua evoluzione, ci permettiamo di suggerire a questi sedicenti benefattori una variante pubblicitaria, un’offerta promozionale cumulativa: denuncia tre medici, il quarto lo aggrediamo noi, magari al Pronto Soccorso, gratis! Sì, proprio così: questa può essere la nuova strategia pubblicitaria. Magari è un po’ aggressiva ma che importa, i medici alle aggressioni ci hanno fatto il callo. E anche agli stupri durante i turni di guardia, ai colpi di cacciavite inferti in un parcheggio al termine del servizio, a qualche colpo di pistola sparato così, tanto per dare una lezione a quel dottore che “ha ammazzato” un parente. E vai col Far West, con la giustizia sommaria, e tutto questo nel silenzio della politica che ha difficoltà a definire questi fenomeni nell’unica maniera possibile: azioni criminali. E queste azioni criminali potrebbero anche essere, almeno in parte, frutto di queste anomale brutte campagne mediatiche. Bene ha fatto il presidente dell’Ordine dei medici di Roma, Antonio Magi, a chiedere al ministro della Salute Giulia Grillo, anche lei medico, “di agire a tutela soprattutto dei cittadini, ma anche dei suoi colleghi e di voler porre in atto tutte quelle azioni che riterrà opportune, intervenendo sugli organi competenti per l’adozione di tutti quegli strumenti che evitino messaggi distorti, veicolati addirittura da canali pubblici” e ancora che “siano attivati tutti gli strumenti di repressione prima e di controllo poi di ogni discutibile forma di pubblicità, da qualunque parte provenga, che danneggi il pubblico interesse e la corretta informazione e che soprattutto non inganni i cittadini”. E bene ha fatto Biagio Papotto, segretario generale Cisl medici, a chiedere a gran voce “perché nessuno tra i politici, gli opinion leader, i commentatori mette in evidenza quanta fatica, quante vite vengono salvate ogni giorno, quanta qualità c’è nella sanità italiana, che mette il nostro Paese al terzo posto nel mondo”. L’argomento è ampio e complesso, ma occorre avere la consapevolezza che, a fronte dei milioni di atti medici eseguiti ogni giorno, tutti i giorni dell’anno, i casi accertati di malpractice sono davvero una percentuale ridottissima. Davvero dobbiamo continuare a farci male come cittadini e come collettività solo perché qualcuno ha interesse a scatenare una corsa al risarcimento con lo slogan che tanto provarci non costa nulla? @vanessaseffer    
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Gen 22

MASSONERIA, OMTI: PARLA LUIGI PRUNETI

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MASSONERIA, OMTI: PARLA LUIGI PRUNETITrecento anni dopo la nascita della Massoneria a Londra nel 1717, nasce a Lecce il 24 giugno 2017 l'OMTI, Ordine Massonico Tradizionale Italiano: l'obbedienza massonica che ha come reggente il Gran Maestro Venerabile Professor Luigi Pruneti, fiorentino, entrato in Massoneria dal 1974 nella Loggia A.L.A.M. della Gran Loggia d'Italia, dove ha ricoperto tutti i ruoli ed ogni tipo di incarico. Oggi, a meno di due anni dalla nascita, l'OMTI conta circa ottanta Logge e mille iscritti in tutta Italia. La Massoneria in Italia, contrariamente ad altri Paesi, è vista in maniera negativa. Quali sono le motivazioni a giudizio del Gran Maestro dell’OMTI? Le motivazioni sono di carattere squisitamente storico. La Massoneria subisce in Italia la prima scomunica con Papa Clemente XII nel 1738. È subito invisa dalla Chiesa cattolica e le motivazioni che portarono alla scomunica furono diverse, più che altro fu la paura che questa strana fetta del Regno Unito fosse veicolo di eresia. Ne paese anglicano era stata costituita la prima Loggia fiorentina fra il 1730/1731, soprattutto da residenti stranieri di altra religione che erano nella stessa Loggia, con elementi locali cattolici. Non solo, ma si sapeva benissimo che nelle Logge vi erano, in parità, anche invisi odiati giudei. Questa promiscuità non piaceva. Un altro elemento fondamentale che indusse il pontefice alla scomunica era che tanti locali, all'interno di questa Loggia, erano già ammalati del morbo dell'Illuminismo, che era visto dalla Chiesa come una filosofia devastante nei confronti della religione portando avanti questo verbo della ragione universale cioè che gli uomini sono tutti uguali perché hanno il dono della ragione e la ragione che pensa e lotta contro tutte quelle superstizioni non è anticristiana ma mette in dubbio tante cose. Quindi alla scomunica non ci fu scampo. Poi c'è invece un elemento che gioca a favore della Massoneria. Anche se questa non c'entra niente, per alcuni la Massoneria è sempre legata a questo episodio: la Rivoluzione Francese. È un fatto devastante per l'opinione pubblica dell'epoca. Come lo scandalo di Notre Dame, uno dei maggiori templi della Cristianità trasformato nel tempio della dea ragione. Vi è sempre nell'uomo il rifiuto di cogliere la complessità della storia dove ogni cosa che nasce, ogni grande evento, non ha una sola causa ma tante concause. Molti pensarono che dietro la Rivoluzione Francese ci dovesse essere un complotto e così nacque la teoria del complotto massonico, che portò avanti un abate francese, Augustin Barruel, padre del cospirazionismo, che rifugiatosi nel Regno Unito scrisse “Memorie per la storia del giacobinismo”. Ma i complotti massonici per la Chiesa sono stati tanti altri: quest'anno è l'anniversario del complotto massonico della Seconda Guerra d'Indipendenza. Precedentemente, tutti i tentativi insurrezionali per portare alla unità d'Italia, la guerra d'indipendenza, i carbonari, tutto questo fu visto, in parte giustamente, come un complotto della Massoneria. L'unificazione del Paese che è poi la Liberazione del 1870 viene vista come “contro” il Soglio di Pietro. Sicché, l'Italia unita, questa ideologia di carattere laico e non laicista in taluni casi, la legge Coppino che eliminava l'obbligo del catechismo a scuola e lo sostituiva con i primi elementi di educazione civica, essendo fatti tutti sostenuti dalla Massoneria, ecco che dava una visione negativa sulle scena cattolica della stessa. La Massoneria ha anche combattuto delle battaglie che non è riuscita a vincere, ma che venivano viste anch'esse come contrarie alla morale cattolica, come la battaglia per il divorzio, la battaglia per la cremazione. Ora sono tutti d'accordo di cremare un corpo, ma allora era visto come un'offesa, come un volere eliminare la possibilità che l'anima sopravvivesse, uno schiaffo terribile per la visione cattolica del tempo. Ma la Massoneria portava avanti lo stesso queste battaglie. Poi siccome ha una visione cosmopolita e universale, quando nacque il partito nazionalista in Italia nel 1910 la Massoneria venne invisa da questo partito che invece era contrario a questo affratellamento tra i popoli. I popoli e le nazioni dovevano essere pronti a combattersi per lo spazio vitale, era questa la concezione nazionalista e quindi era il primo partito che poneva l'incompatibilità fra Massoneria e iscrizione al partito. Quindi a temere la Massoneria era prima la Chiesa e poi la politica? Nel 1914 c'è stata la scomunica dei Massoni da parte del Partito Socialista al congresso di Ancona con Mussolini. Tre componenti della politica italiana - i cattolici, la destra nazionalista estrema e il socialismo di carattere marxista - sono contrari ideologicamente alla Massoneria. Questo è fondamentale per far si che la Massoneria in Italia sia vista male. In più la Massoneria italiana ha avuto un inciampo notevole e non si può negare, con il caso P2, che è stato strumentalmente usato per gettare fango sull'immagine della Massoneria stessa. Essenzialmente è un'eredità di carattere ideologico e politico quello che agisce contro la Massoneria. Forse per la sua natura di associazione segreta? La Massoneria di per se stessa non è un'associazione segreta, è sempre stata un'associazione riservata. È stata segreta quando se fosse stata palese sarebbe stata perseguitata. Riservata significa non essere costretti a giocare al grande fratello. Riservatezza è il rispetto della privacy, è il fatto che gli iscritti alla Massoneria come gli iscritti a qualunque altra associazione culturale o di pensiero non sono tenuti a chiamare o a dichiarare in piazza quello che pensano. Che vi sia questo diritto fondamentale di non dover dichiarare per forza ciò che si pensa agli altri, altrimenti si verrebbe giudicati. La Massoneria nei momenti di persecuzione sfilava per le strade con i suoi paramenti e dunque non è di per se stessa segreta. Se si pensa che il Grande Oriente d'Italia viene tutt'ora chiamato Palazzo Giustiniani perché la sua sede storica era quella in Roma, se fosse stata segreta nessuno avrebbe saputo questo. Le obbedienze che si richiamano a Piazza Del Gesù perché lì a Roma avevano la loro sede evidentemente non erano tanto segrete e nascoste. I più importanti esponenti della Massoneria sono tutti noti e non segreti. I documenti sull'appartenenza alla Massoneria ci sono tutti, quelli che non ci sono, sono stati bruciati, distrutti dai fascisti o da altri massoni, altrimenti ci sono. Perché un giovane nella nostra era di tecnologie sempre più sofisticate dovrebbe avvicinarsi alla Massoneria, ad una ritualità fatta di grembiuli e compassi, di templi da edificare? Perché la Massoneria indica una strada, una via da seguire. La Massoneria è tante cose: un fenomeno associativo, una scuola di educazione civile, è una comunità iniziatica, un percorso spirituale. Se qualcuno desidera qualcosa di diverso da ciò che può offrire una società esclusivamente consumista e edonista, la Massoneria può essere una strada. Ce ne sono tante altre, ma la Massoneria è una di queste, che persegue determinati fini. Uno è quello di sociabilità, una capacità di stare insieme pur in una libertà assoluta di pensiero e dunque c'è un confronto libero di idee, con un'intuizione di fondo, che il confronto delle diversità, un confronto civile per un dialogo fra le diversità fa crescere, fa andare avanti, è stimolante. Insegna un modo comportamentale di stare insieme nella diversità, appunto. Fra l'altro ti porta ad un continuo desiderio di crescita, di approfondimento, di miglioramento. La Massoneria usa volutamente il suo metodo di crescita, il “simbolo”, perché il simbolo è un veicolo di messaggi sempre diversi. Mentre la parola indica un concetto, solamente questo, un simbolo può racchiudere tante indicazioni diverse e dunque chi è iscritto alla Massoneria è portato ad andare sempre oltre, a non accontentarsi di quello che ti viene indirizzato, indicato dai media, ma a cercare di comprendere e ad avere una assoluta autonomia di pensiero. La Massoneria è anche un impulso a vivere meglio il rapporto con se stessi per conoscersi meglio e migliorare il rapporto con gli altri che è fondamentale, per il mondo che va verso la globalizzazione e in un'intercultura totale e assoluta; la Massoneria è uno strumento per la convivenza, per la crescita insieme che è il futuro. Parole come Loggia o Tempio possono incuriosire o preoccupare un lettore, o come si dice, un profano. Può spiegare meglio cosa sono una Loggia, cosa si intende per Tempio? È abbastanza semplice: la Massoneria è costituita da nuclei che sono autonomi, dette Logge. Come se fossero tanti Club. Ogni nucleo ha il suo nome distintivo e ha una sede dove si riunisce e segue naturalmente delle regole generali che sono le Costituzioni, usa il metodo che vi è indicato dai rituali e si riunisce in un luogo che è chiamato Tempio. Il Tempio è il luogo delle riunioni. Siccome la Massoneria usa nel suo percorso il metodo della simbologia, questo luogo chiamato Tempio ha in sé elementi simbolici fondamentali, che rimandano al mitico Tempio di Salomone, il Tempio dei Templi. Il Tempio rappresenta lo spazio infinito, un contesto generale universale e cosmico. In effetti, nel Tempio, varcate le due colonne d'Ercole che rappresentano il limite fra il mondo esterno e il mondo interno, si arriva in un ambiente dove ci sono simboli astronomici, che sono il sole, la luna la volta stellata, e simboli astrologici con le costellazioni che rimandano sempre all'universale: il pavimento a scacchi dove vi è il bianco e il nero, le tessere bianche e nere che indicano la nostra vita, il nostro piano esistenziale, il continuo conflitto fra bene e male ma anche il conflitto fra il positivo e il negativo, la necessità di superare durante il proprio percorso di vita le difficoltà che ci saranno sempre. Non vi sarà mai bianco se prima non attraverserai il nero e dunque è un messaggio di carattere esistenziale. Poi c'è anche il richiamo al lavoro che ogni Libero Muratore deve fare su se stesso, l'autocostruirsi, da pietra grezza a pietra levigata. Ognuno deve lavorare su se stesso per migliorarsi, per far sì che le potenzialità che sono dentro di noi diano poi un'opera perfetta. Quello che diceva Michelangelo che “Ogni David è racchiuso in ogni blocco di marmo, sta all'artista tirarlo fuori”. Ogni Libero Muratore è l'artista di sé stesso. Contrariamente ad altre obbedienze la sua accetta le donne. Per quale motivo e soprattutto avete donne ai livelli alti della vostra Istituzione? La nostra comunione accetta le donne ma non è l'unica. Ormai sono moltissime le comunioni a livello europeo e mondiale che accolgono le donne. La Massoneria in origine era riservata solamente agli uomini, perché le donne non erano considerate esseri liberi a tutti gli effetti, erano sottoposte sempre a una tutela, maritale o paterna, poi la Massoneria nell'Inghilterra all'inizio del'700 era una sorta di club ed i club erano esclusivamente maschili. Gli uomini facevano società all'interno dei club, le donne facevano società all'interno dei salotti. Ovviamente uomini e donne di una certa levatura. Poi i tempi naturalmente sono cambiati, siccome oggi la donna giustamente è un essere libero a tutti gli effetti, perché dovrebbe essere esclusa da questo contesto che è un contesto aperto a “tutti gli uomini di buona volontà”, a tutti coloro che si considerano uguali agli altri uomini, liberi fra liberi, fratelli per fratelli, sarebbe un controsenso. E abbattendo le griglie di un tradizionalismo che non ha più ragione di esistere, la Massoneria si è aperta. Ma già i primi esempi di Massoneria mista si ha nei primi dell''800. La nostra comunione è di questo avviso. Lei è considerato uno dei più autorevoli esperti di esoterismo. Riesce a fare comprendere al grande pubblico di cosa si tratta? Per esoterismo, che è diventato un termine molto vago, che indica un sacco di cose, l'esoterismo nasce dalle scuole filosofiche elleniche ed era contrapposto ad essoterismo. Essoteriche erano le comunicazioni rivolte a tutti, quelle esoteriche invece erano gli insegnamenti interne della scuola, quelle riservate agli studenti, era un insegnamento assolutamente riservato, quindi vi era un aspetto più chiuso, nascosto. L'esoterismo è un insegnamento più rivolto ad una branca antropologica dove si va oltre l'apparenza, si va all'interno del mistero delle cose. Gli insegnamenti esoterici sono tanti, come la cabala ebraica. Una lettura particolare della Torah ebraica che va oltre di quello che è il linguaggio comunicativo del testo ebraico, che cerca di interpretare i messaggi nascosti, i messaggi segreti, subliminali. Un altro insegnamento esoterico o un aspetto esoterico della nostra tradizione occidentale è l'alchimia, il voler trasformare la materia fino ad arrivare alla pietra filosofale, quell'elemento purissimo che trasforma il piombo in oro, ma al di là di questo aspetto prettamente simbolico è una trasformazione intima dell'uomo e del suo modo di essere, un raffinamento dell'uomo attraverso la trasformazione di se stesso. L'esoterismo è comprendere la simbologia, il linguaggio simbolico che spesso l'arte ci comunica perché nell'arte ci sono dei messaggi nascosti che vanno al di là dell'apparenza. Pensa a quanto fanno discutere talune opere di grandi autori che rappresentano qualcosa ma in realtà sappiamo bene che l'autore voleva trasmettere qualcos'altro. Pensiamo a Giorgione, a la “Tempesta” di Giorgione, un quadro che rappresenta una donna nuda e un cavaliere in un ambiente sotto un cielo di tempesta. Pensiamo ai “Tre filosofi” di Giorgione, alla “Flagellazione di Cristo” di Piero della Francesca. Vi è all'interno dell'opera d'arte un messaggio diverso, un messaggio chiuso, un messaggio riservato forse a pochi, a coloro che riescono a leggerlo. L'esoterismo è dunque un andare al di là di quello che appare, quello che è la superficie ed entrare nel profondo, per cercare di comprendere le origini vere e nascoste di quel fenomeno. Intrighi, complotti, giochi di potere, vi definiscono fratelli coltelli anche per le vostre lotte intestine. Vi accusano di tutto e di più. Se così stanno le cose di che vi occupate nel poco tempo della giornata che rimane? In effetti uno dei più grandi nemici dei massoni è proprio il tempo per fare tutto quello che si dovrebbe fare. Ci occupiamo di vari aspetti. Il primo di numerarsi stando insieme seguendo un metodo ben preciso, quello massonico. Un metodo che si basa essenzialmente su degli elementi: il silenzio, il valore della parola, il simbolo e un modo di comportarsi ritualizzato. Nel lavorare insieme in un Tempio massonico, che è un contenitore di simboli su argomenti posti sempre all'ordine del giorno e che hanno sempre una attinenza con la Massoneria. Attraverso questo metodo vi è una crescita conoscitiva, psicologica e sociale. Poi c'è un'attività di carattere esterno, che è agire sul mondo della cultura, perché la cultura è il lievito della società. Una società che muove la cultura è una società in crescita, che ha prospettive. Una società priva di cultura è destinata ad implodere dentro se stessa. Siccome la Massoneria è un'associazione che si autodefinisce progressiva e proiettata verso il futuro, parte dal presupposto che attraverso l'opera di acculturamento la società deve crescere, quindi è sempre propositiva. Infine la solidarietà, noi proponiamo forme solidaristiche interne ed esterne, anche in Paesi dell'estero. @vanessaseffer
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Gen 15

Clochard: CRI Roma “Urgenti altre strutture di ricovero notturno”

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Oggi un'altra notizia di una persona senza dimora morta a Roma questa notte forse per il freddo. E' urgente trovare soluzioni a partire da quella che la nostra città si doti di altre strutture di ricovero permanenti. In assenza di quelle soluzioni strutturali che sono necessarie e che continuiamo a sollecitare da tempo, in queste ore va affrontata quella che appare una vera e propria emergenza. La situazione che troviamo nelle strade, monitorata anche dai Volontari della Croce Rossa che cercano di fare il possibile per portare aiuto è drammatica. Lo ribadiamo. O si prende atto che quella delle persone senza dimora è una situazione da risolvere e gli si dà priorità cercando le risorse e le soluzioni o rischiamo di fare, soprattutto quando fa freddo di notte una tragica conta delle vittime, nonostante gli sforzi fatti per affrontare l'emergenza freddo.
dichiarazione di Debora Diodati, Presidente della Croce Rossa di Roma
 
Ufficio Stampa e Comunicazione
Croce Rossa Italiana - Comitato Area Metropolitana di Roma Capitale
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Gen 15

Massoneria: Goi, parla Stefano Bisi

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Massoneria: Goi, parla Stefano BisiLa Massoneria si affermò in Europa e nel mondo difendendo principi e ideologie umanitarie. Nel 1717 a Londra se ne dà costituzione più formale come unione di associazioni ed organizzazioni gerarchiche dette “Logge”. La prima testimonianza certa e documentata della presenza massonica nel nostro Paese risale al 1728 a Napoli, ma ci sono tracce che testimoniano la presenza della prima Gran Loggia italiana nata ancora prima, nel 1723 a Girifalco, un piccolo centro abitato con appena settemila abitanti, che si adagia fra le colline coperte da ulivi secolari, all’ombra del Monte Covello, tra il fiume Pesipe e il Caria, poco distante da Lamezia Terme e da Vibo Valentia, sul versante tirrenico, a 36 chilometri da Catanzaro. Proprio lì nacque la prima Gran Loggia massonica italiana, la Fidelitas. Oggi in Italia la Massoneria è frammentata in diverse obbedienze e comunioni. Fra queste il Grande Oriente d’Italia (Goi) guidata dal Gran Maestro Stefano Bisi dal 2014, che dal 1982 appartiene alla Loggia Montaperti di Siena, la sua città, al quale chiediamo di spiegarci alcuni aspetti della vita massonica, per far comprendere meglio al grande pubblico in cosa consiste e se c’è un “segreto massonico”. Il Goi, contrariamente ad altre obbedienze, ha deciso di comunicare anche attraverso i social. Questa scelta avviene in coerenza alle sempre più diffuse iniziative di apertura per fare conoscere anche ai non aderenti, i cosiddetti profani, ciò che è e vuole rappresentare nel Paese l’istituzione massonica? Si, perché noi ci consideriamo uomini senza tempo ma nel tempo. Nel senso che siamo fedeli a valori tradizionali di libertà, uguaglianza e fratellanza che sono i nostri valori fondanti. Però siamo anche nel mondo e quindi bisogna interpretare i cambiamenti del mondo, senza essere schiavi di questi cambiamenti. È una linea anche complicata da seguire però ci proviamo, quindi il nostro sito internet è da anni molto aggiornato, in più la presenza sui social è significativa. Così come di recente sono stato alla Conferenza Mondiale dei Gran Maestri a Panama e anche molte altre Comunioni massoniche estere stanno seguendo questa linea. Con tutti i rischi che comporta stare sul web, perché essere presenti ha i suoi aspetti positivi ma anche negativi. E’ sempre andato tutto liscio, non avete mai riscontrato aspetti negativi dalla vostra presenza in rete? Finora tutto liscio, ci siamo e cerchiamo di essere attenti. Non bisogna esserne schiavi. Le nuove tecnologie devono servire a farci capire e conoscere di più al mondo che ci circonda. Se vogliamo abbattere certi pregiudizi bisogna spiegare chi siamo e che cosa facciamo, che è difficile, però bisogna provarci. E per spiegare chi siamo e che cosa facciamo bisogna utilizzare nuovi strumenti. In ogni fase della vita della Libera Muratorìa c’è stata l’attenzione al tempo che cambiava, anzi in tanti casi ci sono state avanguardie di massoni per i diritti, pensiamo alla scuola pubblica, alla legge sul divorzio, sono stati anticipatori in un certo senso. Nel nostro Paese la Massoneria viene avvertita in una accezione negativa. Senza scomodare il ricordo degli innumerevoli eroi del Risorgimento e i Padri della Patria che erano affiliati alla Massoneria, cosa può dire il Gran Maestro del Goi a quanti vogliono cercare, senza alcuna preclusione, di conoscere il significato dell’essere massoni oggi? Intanto di avvicinarsi a questo nostro mondo senza pregiudizi, ciò vuol dire vedere, cercare di conoscere, cercare di capire. In fondo noi siamo un luogo dove si fa educazione alla cittadinanza, nel senso che nelle Logge si parla uno alla volta e quindi c’è un dialogo, c’è una vocazione all’ascolto e credo che questo sia un modo di fare educazione alla cittadinanza. Perché oggi in tantissimi urlano e quindi vuol dire che questa manca, c’è la voglia di sopraffare l’altro, la voglia di non ascoltare. Il paragone rischia di essere inadatto considerate le sofferenze del popolo ebreo a seguito delle atroci persecuzioni razziali ad opera del nazifascismo: tuttavia c’è chi vede un parallelo tra le persecuzioni di quel momento buio della storia ed il buio della ragione che sembra avere caratterizzato in parte l’azione della precedente commissione antimafia. Ritiene che sarà nuovamente tempo del Myosotis? Spero di no, perché spero che il mondo capisca. Certo ci sono dei segnali che sono inquietanti, ormai sono tre anni che dico che quando comincia la persecuzione della Massoneria suona il campanello d’allarme per la democrazia. Successe nel 1925 quando il Parlamento approvò la legge firmata da Benito Mussolini e dal Ministro della Giustizia Alfredo Rocco, che dichiararono fuorilegge la Massoneria. Antonio Gramsci si oppose a questa legge, non perché fosse massone perché non lo era, ma dopo da lì ad un anno finirono le libertà di tutti, dei partiti, dei giornali. Quindi bisogna stare attenti, quando comincia la persecuzione della massoneria in certi casi, come la legge siciliana, una persecuzione vera e propria, suona un campanello d’allarme. C’è una poesia di un pastore luterano e teologo tedesco, Martin Niemoller, che durante un sermone disse “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”. Ecco, questa poesia bisogna tenerla bene in testa. I Massoni amano definirsi gli uomini e le donne, del dubbio. In una società che vuole solo certezze ad ogni livello, non ritiene l’istituzione massonica antistorica? No, non è antistorica perché sappiamo interpretare i cambiamenti del mondo, siamo fedeli ai nostri principi fondanti di libertà, uguaglianza e fratellanza, ma siamo attenti anche al mondo che cambia, quindi non siamo antistorici e lo dimostra che nonostante qualche aggressione di troppo il Grande Oriente d’Italia abbia una presenza diffusa su tutto il territorio nazionale in tutte le province, 850 Logge che raccolgono 23000 fratelli. Un’attività consistente, sia di carattere interno che esterno. Il Tempio ha un passo sulla via, nel senso che è aperto al mondo, cioè non esiste un massone che sta chiuso nell’interno del tempio, fa lavori rituali anziché star fuori. Il massone è uno ed uno solo e lavorare per il bene dell’umanità vuol dire fare anche attività culturali, esterne, filantropiche. Noi ne facciamo tantissime in tutta Italia. Ma già il lavoro rituale come ho detto prima del parlare, dell’abituarsi al confronto, è già un’attività che fa bene all’umanità. C’è un prete, Padre Enzo Bianchi, che è stato Priore della Comunità di Bose, che dice una cosa molto bella che si adatta bene anche al pensiero dei Liberi Muratori “quarant’anni fa inaugurai la scuola per insegnare la Parola di Dio contenuta nella Bibbia. Oggi ci vorrebbe una scuola per insegnare a parlare, a dialogare, a confrontarsi”. Questo mi pare che noi lo facciamo: “abbassare i toni e alzare lo sguardo” come ha detto l’architetto Renzo Piano, a proposito della polemica sul ponte di Genova. Le donne non possono chiedere di entrare nel Goi ovvero, come dicono i massoni, a loro è impedito di bussare all’Istituzione. Aiuta le lettrici a comprenderne le motivazioni autentiche? Si, ci sono due ragioni fondamentali: innanzitutto noi ci consideriamo gli eredi dei costruttori delle cattedrali medievali che erano uomini e l’altro motivo è che il Grande Oriente d’Italia fa parte di un sistema internazionale di relazioni con altre duecento Comunioni massoniche dove non è prevista la presenza di donne, perché altrimenti ci sarebbe una irregolarità per questo sistema di relazioni. Quindi al momento non è in agenda un cambiamento del Dna del Grande Oriente d’Italia. La Massoneria e i poveri. L’accusa che viene rivolta abitualmente è che la Massoneria ama fare opere di solidarietà nei confronti di chi versa in stato di bisogno per fare operazioni di facciata, una sorta di specchietto per le allodole per fare la parte dei buoni. Credo che la premessa per far parte del Grande Oriente d’Italia sia di dover essere “buoni”, il che vuol dire non dare un calcio a chi ha bisogno. Se noi facciamo come diceva Mario Calvino, che era nostro fratello, padre dello scrittore Italo, che non era nostro fratello, “la Massoneria è una associazione che tutela il libero pensiero e cerca di fare del bene all’umanità e fare del bene all’umanità per il Libero Muratore è un dovere gradito”. Noi non è che facciamo opere di bene come specchietto per le allodole, le facciamo perché l’interruttore del nostro cuore è sempre acceso. Abbiamo fatto l’impianto di illuminazione del campo sportivo di Norcia anche superando ostacoli burocratici di varia natura, perché ci siamo sentiti di farlo. Abbiamo fatto ambulatori odontoiatrici, i nostri fratelli sono impegnati in associazioni di volontariato, ma questo rientra nel nostro essere massoni. In fondo, di aiutare gli altri è scritto nella promessa solenne che noi facciamo quando veniamo iniziati. E’ un dovere, ma è un dovere previsto anche dalla Costituzione italiana, all’articolo 2, che dice che bisogna adempiere ai doveri di solidarietà economica, politica, sociale, quindi ogni cittadino dovrebbe essere impegnato se rispetta la Costituzione della Repubblica come noi facciamo, ad aiutare gli altri, a rimuovere gli ostacoli. Anche questo è un altro articolo scritto nella nostra Costituzione, ostacoli che impediscono la crescita culturale e sociale delle persone. Intrighi, complotti, giochi di potere. Vi accusano di tutto e di più. Se così stanno le cose, di che vi occupate nel tempo ridotto che vi avanza? Nel poco tempo che ci avanza ci occupiamo del mondo, della nostra vita. Siamo esseri umani normali, forse diversamente normali. La sera andiamo in Loggia, indossiamo un grembiule, dei guanti bianchi, accendiamo le luci che rappresentano la Sapienza, la Forza e la Bellezza e da questo punto di vista siamo persone diversamente normali. Poi siamo cittadini nel mondo e del mondo, voglio sperare che non vengano posti limiti al fatto di poter andare al bar, in una biblioteca, a fare passeggiate. Spero almeno questo venga consentito ancora in futuro. Lei ha scritto un libro “Storia dei rapporti fra Massoneria e Chiesa, da Clemente XII e Benedetto XVI”. Mi racconta qualcosa dei reali rapporti fra Massoneria e Chiesa Cattolica? Ho provato a fare un racconto fino a Benedetto XVI perché scrissi nel 2008, quindi magari andrebbe aggiornato con Papa Francesco e la Chiesa Cattolica, ma sicuramente la scomunica del 1738 di Papa Clemente XII poi con modifiche varie è un passaggio importante. Ora la scomunica nel Codice di Diritto Canonico non c’è più. Ma c’è stata un’altra data importante quella del 20 settembre 1870 con la Breccia di Porta Pia che sicuramente ha inciso nei rapporti fra la Chiesa e la Massoneria, soprattutto in Italia. Però ci sono dei fatti rilevanti accaduti anche negli ultimi tempi, c’è stato un bell’articolo del Cardinale Gianfranco Ravasi pubblicato sul Sole 24 Ore nel 14 febbraio 2016, intitolato “Cari fratelli massoni”, dove diceva che nel variegato mondo massonico ci sono esperienze significative di rapporti di attività filantropiche, “al di là della diversa identità non mancano i valori comuni: di comunitarismo, beneficenza, lotta al materialismo, spiritualità”. Quindi aveva parole di apprezzamento per il nostro lavoro e questo è un fatto significativo perché il Cardinale Ravasi è uno degli esponenti della gerarchia ecclesiastica più noti, importanti, più rappresentativi. Poi, negli ultimi tempi, ho incontrato a Matera Don Paolo Renner, il Direttore dell’Istituto di Scienze Religiose di Bolzano, che ha parlato dei rapporti tra Chiesa Cattolica e Massoneria e poi vicino a Gubbio con il Priore di Fonte Avellana che è un camaldolese impegnato nel mondo, col quale abbiamo avviato un dialogo significativo. Poi anche a Castel del Monte con il responsabile del Centro del Consiglio Ecumenico della Comunità. Ci sono delle attività di dialogo in corso che noi facciamo, perché credo che i muri vadano superati. Lo dice sempre Papa Francesco e lo dico anch’io da molto tempo, da quando sono stato eletto. Bisogna abbattere i muri e costruire i ponti, i ponti uniscono. @vanessaseffer
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Gen 10

Al malato si deve dire sempre la verità? E come?

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Parlano Giuseppe Quintavalle e Luciano Cifaldi, rispettivamente commissario e direttore sanitario della Asl Roma 5. Cosa comunicare al paziente e in che modo: la questione è oggetto di dibattiti e confronti. Anomalie procedurali o addirittura la mancanza della espressione formale al trattamento o ad indagini diagnostiche non sono prive di conseguenze di tipo legale. Una comunicazione superficiale, frettolosa o addirittura erronea, può avere effetti devastanti. Di Vanessa Seffer Nelle aule accademiche, nei congressi medici e nelle aule giudiziarie si dibatte spesso di temi quali il consenso informato e la comunicazione al malato in quanto anomalie procedurali o addirittura la mancanza della espressione formale al trattamento o ad indagini diagnostiche non sono prive di conseguenze di tipo legale. Altri argomenti sui quali si dibatte, riguardano la opportunità o meno di comunicare la verità alla persona malata e le modalità di comunicazione della stessa.Le fasi che precedono l’acquisizione del consenso alle indagini diagnostiche ed alle terapie sono molto delicate. Una comunicazione superficiale, frettolosa o addirittura erronea, può determinare un effetto moltiplicatore delle ansie e delle paure avvertite dal paziente e dai suoi familiari costituendo spesso la fase prodromica di possibili denunce. A tale proposito si confrontano, e si scontrano, due principali scuole di pensiero: quella tipicamente anglosassone afferma che comunicare la verità al malato è il comportamento migliore ed in questa comunicazione trovano ampio spazio numeri e statistiche, percentuali di sopravvivenza e di guarigione su casistiche. Una seconda scuola di pensiero, che trova ampio seguito anche in Italia, e che probabilmente deriva da una cultura umanista più evidente, si basa anch’essa sui dati statistici ma ribadisce la necessità di adottare ogni opportuna cautela e delicatezza proprio in considerazione del vissuto emotivo che accompagna la persona affetta da malattie potenzialmente ad esito infausto. Ne parliamo con il Dott. Giuseppe Quintavalle, psichiatra, commissario straordinario della Asl Roma 5 e Direttore Generale della Asl Roma 4 e con il Dott. Luciano Cifaldi, oncologo e Direttore Sanitario della Asl Roma 5. Dott. Quintavalle, appare evidente che il dovere professionale ma anche medico-legale di comunicare informazioni relative allo stato di salute è già per se stessa una procedura complessa, non priva di problematiche poiché i risvolti pratici, nella realtà quotidiana, sono molteplici. E’ chiaro che, al di là delle scelte tecniche, della modulistica da firmare, delle procedure da adottare, del rispetto della pressante normativa sulla privacy, c’è l’esigenza di stabilire una modalità applicabile in maniera diffusa tale da costituire un possibile standard informativo a tutela del malato e dei familiari ma anche a tutela del professionista per eventuali, e di questi tempi non improbabili, contenziosi giudiziari con tutto ciò che ne deriva, dagli aspetti assicurativi, alla sfiducia, alla medicina difensiva con l’aumento di spesa pubblica conseguente al proliferare di indagini aventi anche la finalità di autotutela. Dott. Cifaldi, alla opportunità di adottare uno standard si contrappone di fatto il reale riscontro che ogni medico è tradizionalmente votato ad utilizzare un personale linguaggio che nasce dalla propria educazione, dagli studi e dalla esperienza acquisita con la pratica clinica. In questo percorso formativo gli influssi ambientali sono a volte determinanti? È vero. Il linguaggio del “sapere medico” è specifico, abbonda di termini tecnici, spesso appare incomprensibile ai più. Appare chiaro pertanto che è difficile trovare una risposta esatta, e dunque ragionevole, alla domanda relativa al cosa e come comunicare alla persona malata. Il pianeta cancro è come il cubo di Rubik e le sue quasi infinite sfaccettature e dunque non è semplicemente riconducibile ad elementi di spesa farmaceutica e di costi del Servizio Sanitario Nazionale. A ben pensarci a quanti di noi è capitato di formulare o di vedere formulata la richiesta, specificamente espressa da parte dei familiari del malato, di una informazione annacquata, ammorbidita, edulcorata, non veritiera e dunque manipolata “a fin di bene”? E qui ritorniamo al quesito su cosa dire, sul grado di verità da trasmettere. Dire poco? Dire tutto? E cosa è poco? Non esiste un benchmark, un punto di riferimento in questo tipo di comunicazione mentre invece appaiono alti i rischi medico legali collegabili ad un atteggiamento che recepisca in maniera quasi passiva la richiesta basata sulla generica opinione che il “malato preferirebbe non sapere”. Come si esce dal ginepraio Dott. Quintavalle? Come si mettono in fila regolare i quadrati del cubo di Rubik? Un aiuto può derivare dalla consapevolezza che nelle malattie altamente invalidanti e a prognosi potenzialmente infausta occorre differenziare la comunicazione al malato da ogni altro tipo di informazione e comunicazione alla quale siamo abituati nella nostra quotidianità e che non si può prescindere dalla necessità di dare compimento ad una relazione empatica. Tutti i medici sono in grado di creare una relazione empatica? Non credo tutti ma bisogna fare il possibile, perchè ogni persona malata, tanto più invalidante e grave è la sua malattia, sente su di sé la minaccia costante che la patologia stessa porta alla integrità psicologica e fisica: e allora spetta ad ogni medico essere capace di dimostrare che ogni azione è finalizzata al benessere del malato. E magari il malato e i suoi familiari, anche di fronte alla ineluttabilità della malattia, potranno riprendere a considerare il medico come un alleato e non come un individuo da trascinare a torto o ragione nelle aule di un Tribunale dove poi, nella quasi totalità dei casi verrà assolto perchè non colpevole del reato per il quale è stato denunciato. Il commissario straordinario della Asl Roma 5, Dott. Giuseppe Quintavalle, attribuisce grande importanza ai percorsi di comunicazione ed umanizzazione e sono in programma specifici corsi di formazione per il personale aziendale. @vanessaseffer   Da Sanità Online-News
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Gen 10

Un’aggressione al giorno leva il medico di torno

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Un’aggressione al giorno leva il medico di tornoIl 5 maggio 1860 Giuseppe Garibaldi decise di porsi al comando dei mille volontari, di salpare da Genova Quarto in direzione della Sicilia, con l’obiettivo di liberare il meridione e giungere all’Unità d’Italia. Con la proclamazione del Regno d’Italia, Vittorio Emanuele II assunse il titolo di Re d’Italia. Dopo averla unita territorialmente, restava tuttavia il problema di unificare l’Italia dal punto di vista amministrativo, economico e politico. Questo era sì un problema, ma forse non veniva ritenuto il principale. Tanto che che Massimo D’Azeglio pronunciò la famosa frase “fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”, anche a significare che per quanto geograficamente e politicamente nel 1861 risultasse unita, nel Paese avrebbero continuato a regnare culture e tradizioni variegate e ben differenti tra loro. Oltre all’unità politica, altrettanto importante era la necessità di realizzare tra gli italiani uno spirito civico e una coscienza nazionale, un’autentica unità nel sentire e nell’agire. Bene, oggi nel 2019 possiamo affermare, senza alcun orgoglio, che il vaticinio di D’Azeglio è stato realizzato. L’Italia è unita, dalle Alpi alle Madonie, isole comprese, in un comune sentire ed agire: le aggressioni al personale sanitario. - Aprile 2018, ospedale Civico di Palermo: infermiere aggredito due volte nello stesso turno; - Maggio 2018, ospedale San Gerardo di Monza: aggressione a medici ed infermieri in pronto soccorso; - Luglio 2018, ospedale di Cinisello: aggrediti un medico e quattro infermieri; - Luglio 2018, ospedale di Catania: aggrediti medici e distrutte, con il lancio di una barella, le apparecchiature; - Luglio 2018, ospedale di Capri: aggressione a medico ed a due infermieri; - Luglio 2018, Jesolo: aggressione ad un medico del pronto soccorso; - Agosto 2018: Crotone, aggressione a medico ed infermieri; - Agosto 2018: Messina, aggressione a medici ed infermieri; - Settembre 2018: Sanremo, medico legale accoltellato e ucciso; - Settembre 2018, ospedale di Como, aggressione a medici ed infermieri, poi vengono picchiati i poliziotti intervenuti (interessante variante sul tema); - Ottobre 2018, ospedale Molinette a Torino, nuova aggressione a medici ed infermieri; - Novembre 2018, Ferrara: insulti, minacce ed aggressione a medici ed infermieri; - Novembre 2018, ospedale di Tivoli: aggressione al personale del Pronto Soccorso; - Dicembre 2018, Crotone: dottoressa aggredita e accoltellata nel parcheggio dell'ospedale: - Dicembre 2018, Napoli: padre di un paziente minaccia di uccidere infermieri e medici; - Gennaio 2019, Bisceglie: aggressione in pronto Soccorso contro infermieri e medico. Alla povera cronista si perdonerà se, per motivi di spazio editoriale ma soprattutto per motivo di autentico disagio e sofferenza nello scrivere queste parole, la lista risulterà fortemente incompleta, rappresentando solo una minima parte di quello che sta accadendo nel Paese senza che la politica intraprenda azioni concrete, rapide, incisive, dure, per stroncare questi continui atti di criminalità. La latitanza ed il silenzio della politica sulla questione delle aggressioni al personale sanitario rischia di essere, ovviamente solo da un punto di vista morale, l’equivalente del concorso nella commissione di un reato. Solo poche voci, fra cui quella della Cisl Medici, si è sentita andare nella direzione giusta, per stimolare comportamenti virtuosi a questo governo che ha avuto in affidamento un patrimonio professionale che dovrebbe tutelare, su cui dovrebbe vigilare meglio, piuttosto che lasciarlo solo a se stesso. Ovviamente in questo caso non si determina quanto espresso dall’art. 110 del Codice Penale: certo sarebbe interessante approfondire se il silenzio della politica possa contribuire in qualche modo a stimolare l’impulso psicologico alla realizzazione di un reato che materialmente viene commesso da altre persone. Risuona una strofa tra le meno conosciute dell’inno di Mameli: “Noi siamo da secoli calpesti, derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi”. Ecco ora non siamo più divisi perché almeno un tema ci accomuna: dal nord al sud le aggressioni al personale sanitario non hanno distinzione di luogo e di dialetti. Corriamo il rischio di assuefarci alla notizia di questi criminali comportamenti che si ripetono ormai con una frequenza quotidiana. Senza renderci conto che siamo di fronte ad una vera, drammatica emergenza sociale. @vanessaseffer
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Gen 04

La curcuma non annulla gli effetti del panettone

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La curcuma non annulla gli effetti del panettone Quasi sei milioni di immigrati condividono con gli italiani spazi, case, luoghi di lavoro e anche i supermercati. Ma chi prende spunto dalle abitudini alimentari dell’altro? Cosa c’è da un po’ di tempo nei nostri carrelli che fa la differenza? Abbiamo finito col somigliare ai nuovi consumatori e loro un po’ a noi. Il cibo ci accomuna, i nostri carrelli parlano chiaro: se gli stranieri si stanno “italianizzando” noi ci stiamo “stranierizzando”: mango, papaia, maracuja, quinoa, aloe, kamut. Non possono mancare tutti i tipi di semi: di lino, di chia, di girasole, di sesamo. Qualcuno ha una vera cultura, legge, frequenta corsi, altri non ci capiscono niente, però fa chic e comprano, comprano e utilizzano di tutto. Ma faranno male? E il latte di cocco senza il quale non avremmo mai un vero pollo al curry? Senza lo zenzero, invece, non potremmo più andare a dormire, la nostra tisana che pizzica un po’ la gola con alcune gocce di limone, è il toccasana del dopocena, fa digerire e nonostante i suoi effetti antinausea, con il suo profumo allunga il tempo con gli amici o la persona amata. Ma a dominare, su tutte le spezie, spadroneggiando pure sui benefici della cannella, adesso c’è la curcuma. Lei, con quel colore giallo-oro, si fa largo perché compone una bevanda dal nome che la dice lunga su quanto possa far sognare e rendere misteriosi i sogni di ciascuno di noi: il Golden Milk. Soave, intrigante, berne una tazza ti fa già sentire in uno dei 27 piani di Antilia, avvolta da splendide sete e circondata da splendidi tesori, magari in compagnia di Mukesh Ambani che organizza una festa sontuosa in quei 37mila metri quadrati che si ergono in mezzo alla popolazione più povera del mondo. Alla base della vera ricetta troviamo acqua calda, un cucchiaino di curcuma, un pizzico di pepe nero che potenzia le proprietà della polvere dorata. A questa pasta si aggiunge olio di cocco e un dolcificante naturale. Le ricette che variano nelle famiglie indiane a seconda dell’uso terapeutico (?) che bisogna farne. Richiede tempo e attenzione. Oggi, nei nostri supermercati, troviamo la curcuma nelle tisane, in compresse da sola o con la piperina, in polvere da sciogliere nel latte di soia, nel latte di riso, nell’acqua o nello yogurt. Ma possiamo affidarci a questi espedienti per sgonfiare la pancia, per avere senso di sazietà, per dimagrire? Quali sono i pericoli che incontriamo nel cercare facili espedienti, piuttosto che fare una vita sana, regolare, senza esagerazioni? I prodotti esotici sono benefici o solo trendy? Le donne dovrebbero consumare circa duemila chilocalorie al giorno e gli uomini 2.500, ma se le persone in questione fossero allenate, andassero abitualmente in palestra, fossero abituate al movimento costante. Di fatto, la stragrande maggioranza della popolazione nostrana vive sul divano, pertanto il fabbisogno delle chilocalorie si riduce drasticamente di circa 300/500 per genere. Di tutto questo e dei supportini miracolosi, semi, curcuma, tisane dimagranti, parliamo con il dottor Andrea Ghiselli, che insegna alla Sapienza di Roma, esperto nutrizionista del Centro di ricerca Crea, fra le cui attività il Centro si pregia di monitorare le abitudini alimentari e lo stato di nutrizione della popolazione italiana. “Li possiamo definire integratori 2.0 – afferma dice Ghiselli – nel senso che l’uomo ha sempre cercato scorciatoie per sottrarsi ai doveri della vita. Uno di questi è mangiare meno e muoversi di più. Siccome non è piacevole allora ricorre agli integratori, alle pillole, o agli alimenti che si ritengono salvifici o detossinanti e più sono esotici e più sono accattivanti. Però sono fuochi d’artificio che per fortuna durano poco. La curcuma insieme alla piperina promettono un aumento del metabolismo basale e dunque un aumento dell’efficacia dimagrante. Peccato che questo non sia stato ancora provato da studi scientifici. La curcuma ha alcune proprietà anticancro però in provetta. Sembra che inibisca la crescita di alcune cellule cancerose, ma sono studi fatti in vitro, non sull’uomo. Nelle provette succede sempre qualche cosa, quindi attenzione, invito alla calma. Bisogna poi ripetere i test sull’uomo perché questi siano effettivamente ritenuti validi. L’unica cosa che dicono questi venditori è che siccome in Oriente hanno un numero inferiore di cancri rispetto all’Occidente, allora dev’essere per forza per la curcuma oppure il curry, oppure le bacche di goji. In realtà in quei Paesi fanno una dieta completamente diversa dalla nostra”. E con i semi la faccenda com’è? I semi non sono detossificanti e oleosi. L’olio dei semi è vegetale quindi un olio insaturo. È un grasso tra virgolette buono come quello dell’olio d’oliva o dell’avocado. In più, alcuni hanno anche delle quantità non trascurabili di calcio. Tra cui, per esempio, i semi di sesamo. Però il contraltare dei semi è che siccome sono grassi ti danno 600, 700 calorie per ogni 100 grammi. Quindi bisogna consumarne una quantità moderata. Allora, vanno bene se noi li assumiamo come muesli inzuppati nel latte, con frutta secca in guscio, frutta essiccata e qualche fiocco di cereali. Alla larga dal panettone? Assolutamente no! Credo che la tradizione vada rispettata. La tradizione è la fetta di panettone nei giorni di Natale. Se però cominciamo a comprare il panettone il primo dicembre e smettiamo il primo febbraio allora non è più tradizione, ma un uso sconsiderato. Anche perché dobbiamo considerare che una fetta di panettone media, non piccola, pesa un etto, un etto e dieci, quindi si tratta di 350, 400 calorie, soprattutto se sono quei panettoni farciti. Rendiamoci conto che si tratta di un alimento molto calorico. Quindi di una coccola che ci possiamo fare ogni tanto e meglio se non alla fine di un pasto tipicamente natalizio italiano, dopo aver mangiato un capretto intero e una teglia di lasagne. Sarebbe bene consumarlo come merenda o come colazione, in sostituzione di pane burro e marmellata. Possiamo mangiare tutto ma al momento giusto, dosando bene le porzioni, senza sperare nell’intervento miracoloso della curcuma, quindi? Mi spiace distruggere questo mito, però è così! Ma invito i lettori a fare la prova. Bisogna verificare quanto pesi una fetta di panettone. È il modo migliore per rendersi quanto hanno mangiato a Natale e cosa stanno continuando ad ingurgitare. D’altronde, la Befana non è ancora arrivata. @vanessaseffer
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Gen 02

LA BEFANA VIEN DI NOTTE E AL P.S. TUTTI A FROTTE

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Si dice spesso, ed a ragione, che alcuni servizi erogati per le intere 24 ore dalla sanità pubblica, ed è questo il caso del pronto soccorso, della chirurgia in urgenza, dei reparti di degenza solo per citare alcuni esempi, siano ormai tra i pochi che effettivamente danno risposte immediate e concrete al bisogno assistenziale espresso dai cittadini. Eppure la percezione è che molti cittadini non abbiano la consapevolezza di questa realtà che continua ad essere operativa pur tra le mille difficoltà derivanti dalle ormai croniche carenze di personale ed i molti deficit organizzativi e strutturali che caratterizzano le aziende sanitarie. È una dinamica complessa anche da un punto psicologico. Entrando in casa si spinge l’interruttore ed ecco che si accende la lampadina. Se poi si rimane al buio ci si dirige verso il quadro elettrico e si cerca di capire se è scattata la leva chiamata, non a caso, salvavita. La si solleva e finalmente ecco la luce e la tranquillità che ne deriva. Pensiamo a cosa potrebbe accadere se sollevando la leva non ottenessimo il ritorno della luce: preoccupazione, disagio, forse panico perchè non se ne capisce il motivo. Pensiamo ora a quale reazione potremmo avere di fronte ad una interruzione delle prestazioni sanitarie. Certo si dirà che i medici andrebbero incontro a problematiche giudiziarie e disciplinari perchè l’interruzione di pubblico servizio, oltre ad essere di per sè esecrabile, costituisce un reato e come tale è condannabile. Pensiamo peró a cosa accadrebbe se i medici si attenessero rigidamente a ció che detta il contratto, peraltro in ritardo di dieci anni, se evitassero di fare ore di straordinario, peraltro spesso non pagate e compensabili con ipotetici successivi riposi pressochè impossibili da usufruire considerata la diffusa povertá degli organici di personale. Cosa accadrebbe se i medici, stretti tra le pastoie burocratiche, le accuse di malpractice, gli spot pubblicitari che li dipingono quasi alla stregua di criminali, si limitassero a fare nulla di più di ció che è il loro mandato professionale di diagnosi e cura? Qualcuno direbbe che sarebbe già tanto e che si accontenterebbe di questo perchè ognuno di noi ha una esperienza negativa da raccontare, un ricordo della memoria. Ma torniamo alla frontiera del Pronto Soccorso che dovrebbe rappresentare l’interfaccia tra ospedale e territorio, il servizio dove in prima istanza si rivolgono i cittadini con problemi di salute reputati urgenti. Nella specifica pagina del Ministero della SaIute si legge che “i servizi di pronto soccorso e di accettazione svolgono attività di accettazione per i casi elettivi e programmati e per quelli che si presentano spontaneamente e non rivestono carattere di emergenza-urgenza, nonché per i soggetti in condizioni di urgenza differibile, indifferibile e in condizioni di emergenza”. Dalla lettura della definizione di Pronto Soccorso si trae la conclusione che esso rappresenta il principale biglietto da visita dell’ospedale. Tuttavia le immagini di affollamento e sovraffollamento dei PS, accentuate dai picchi influenzali del periodo, non fanno pensare a quei criteri di affidabilità ed efficienza che dovrebbero caratterizzare una sanità che funziona e dunque nell’immaginario collettivo ne risulta alterata la percezione del buon funzionamento della stessa. Le attese per essere visitati e per essere ricoverati, nei Pronto Soccorso della penisola, sono la evidente dimostrazione di come i tagli lineari cui è stato sottoposto il Sistema Sanitario Nazionale negli ultimi anni abbiano avuto delle pesanti conseguenze sulla qualità dei servizi erogati ai cittadini. Cittadini che peró non si pongono il quesito sulle responsabilità politiche di questo dissesto e, limitandosi a spingere l’interruttore della luce e non ottenendo con immediatezza l’accensione della lampadina, ovvero l’erogazione del servizio atteso, finiscono spesso ad alimentare le cronache quotidiane con atti sempre più frequenti di aggressione ai danni dei medici e degli altri operatori sanitari. Secondo il Programma Nazionale Esiti (PNE) che è uno strumento di valutazione a supporto di programmi di audit clinico e organizzativo, diffuso da Agenas, negli ultimi anni gli accessi di durata inferiore a 12 ore sono stati mediamenre intorno ai 15 milioni. Globalmente i dati 2017 parlano di circa 23.500.000 di accessi all’anno per le varie tipologie di codice e durata degli stessi. Si tratta di numeri enormi a fronte dei quali sono estremamente rari casi accertati di malasanità. I giorni iniziali di ogni anno sono poi sicuramente tra i più complicati per il sistema. La sintomatologia influenzale, febbre alta, mal di gola, raffreddore e problemi gastrointestinali, portano le strutture vicine al collasso per la grande affluenza di pazienti. Ed ecco allora il teatrino della politica.Da un lato le accuse da parte delle opposizioni di inefficienza e di errata programmazione, dall’altra la conseguente risposta di chi governa gli enti regionali con l’elenco delle misure messe in campo per fronteggiare l’emergenza e limitare le difficoltà derivanti dall’iperaffollamento: l’invito a tutte le strutture a dimettere i pazienti 7 giorni su 7, compresi sabato e domenica; l’accordo con le strutture private per la gestione dei trasferimenti in ricovero ordinario; l’apertura degli ambulatori medici di famiglia il sabato e la domenica, compresi i giorni festivi; l’apertura di presidi per i pediatri di libera scelta il sabato e la domenica e nei festivi, ultimo e positivo esempio nel Lazio a Colleferro nell’ambito della Asl Roma 5. Tutto già visto come da copione. Peró in prima fila a “beccarsi le pallottole” restano gli operatori sanitari. E allora viene spontaneo riproporre la proposta della Cisl Medici di far si che le aziende si costituiscano parte civile in caso di aggressione ai propri dipendenti che costituiscono la principale ricchezza della nostra sanità pubblica. @vanessaseffer Da Sanità Online-News
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Dic 30

E LA CHIAMANO CASTA

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“Penso che il ministro Grillo sia d’accordo sul fatto che sia necessario difendere il diritto del soggetto debole. La casta invece penso che sia in grado di difendersi da sola”.Esordisce così il presidente della società promotrice di quell’infelice spot con la Bonaccorti, nella replica ai sindacati medici, agli Ordini Professionali Provinciali, alla FNOM, ai politici che hanno ritenuto di mettersi dalla parte dei camici bianchi. Esordisce con un termine vecchio, stantìo, ammuffito che ampiamente da la misura della totale assenza di un modello propositivo da parte di questa società, che per difendere il cosiddetto soggetto debole non si fa alcuno scrupolo di incitare all’odio contro una categoria che, tra mille problemi ed altrettante difficoltà, continua a garantirci, insieme agli altri professionisti della sanità, infermieri e tecnici, il diritto alla salute. Il termine “casta” ha da vocabolario essenzialmente due significati:1. Gruppo sociale chiuso, che si forma e si perpetua in genti e paesi di particolare cultura (per es. le caste in cui sono divisi gli Indù).Oppure, in forma estensiva: 2. Classe di persone che si considera, per nascita o per condizione, separata dagli altri, e gode o si attribuisce speciali diritti o privilegi. Sulla prima definizione c’è poco da dire, tale è l’evidenza della inappropriatezza del significato se attribuito alla categoria medica.Allora considerato che medico lo si diventa dopo il conseguimento della laurea in medicina e chirurgia, che dura sei anni, e considerato che occorre specializzarsi in una disciplina, della durata di almeno altri quattro anni, per accedere ad un concorso pubblico nel servizio sanitario nazionale, anche la seconda accezione del termine casta è impropria. Medico si diventa, e non si nasce tale per scelta divina. Che poi qualche medico, a livello personale possa ritenere di avere speciali diritti o privilegi, allora questo è un altro discorso. I medici di oggi, alle porte del 2019 sarebbero casta? Questo presidente lo raccontasse ai medici che garantiscono 24 ore al giorno l’assistenza! Lo raccontasse a quanti lavorano senza ottenere il pagamento degli straordinari! Lo raccontasse a chi è senza contratto da dieci anni! Lo raccontasse alla dottoressa violentata a Trecastagni (Catania) durante la guardia! Lo raccontasse ai medici caduti nell’adempimento del loro dovere! Lo raccontasse a quelli malmenati quotidianamente sul posto di lavoro oppure a quella dottoressa accoltellata a Crotone il 4 dicembre. Poi certamente i medici a volte ci mettono del proprio per farsi male da soli e l’esperienza personale può farci ricordare singoli ma rari episodi spiacevoli, più dettati da ineducazione e scarso dialogo, piuttosto che da manifesta ed acclarata incapacità professionale. E magari saranno proprio queste brutte campagne pubblicitarie a far si che i medici, consapevoli anche del loro numero in forte riduzione, tenteranno di diventare una casta con tanto di potestà di contro denuncia per diffamazione e richiesta di risarcimento per danno d’immagine verso il denunciante, quando la causa si risolve in un nulla di fatto come accade nella totale maggioranza dei casi. E allora per il comune cittadino saranno dolori. A proposito, chi curerà il dolore quando il medico sarà definitivamente barricato nella medicina difensiva? Google, una app sul telefonino, un pool di avvocati, Spazio 1999, un volto televisivo, una voce radiofonica, le spezie indiane, una divinità a scelta? Ma mi faccia il piacere! Scomodando il principe Antonio de Curtis in arte Totò. @vanessaseffer   Da Sanità Online-News
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