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Ott 15

Il De profundis oggi, di Alessandro Bertirotti

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Alessandro Bertirotti Il mondo deve essere cambiato davvero da quando l'Uomo ha imparato a leggere e a scrivere, specialmente nel momento in cui ha iniziato a fare le due cose contemporaneamente. Non è stato così subito, perché prima di giungere a questo obiettivo è stato necessario imparare ad utilizzare la mano in modo adeguato allo scopo e, in particolare come attuare proficuamente l'opposizione del pollice alle altre dita. In sostanza, alla base delle attuali ed evolute capacità di scrittura e lettura, vi è sempre l'azione, intesa come sapere fare qualche cosa, qualsiasi cosa. Questo tipo di relazione, fra il fare del corpo, i gesti del corpo, e l'azione preventiva e modellatrice dei segni che diventano gesti, è sostanzialmente alla base di tutta la comunicazione umana, e in qualsiasi regione del mondo. Se il gesto del corpo è dunque alla base della comunicazione, sia essa verbale o non verbale, ecco perché diventa importante, per sentirsi vivi, ancora vivi, anche se in condizioni di afflizione, come può essere la detenzione, scrivere le lettere ai nostri cari, a coloro che sono apparentemente lontano dai nostri occhi ma dentro i nostri cuori. Con la parola indirizzata a qualcuno cui vogliamo bene, un mondo di bene, riusciamo a costruire il ponte che unisce i nostri cari a quella parte più nascosta che portiamo segretamente dentro di noi, perché proprio nella scrittura riusciamo ad essere più sinceri, realistici e persino a dominare la timidezza che svanisce miracolosamente. Sì, perché dietro la scrittura mi posso nascondere, anche se rivelo me stesso. Anzi, molto probabilmente si riesce meglio, in questa sorta di invisibilità, a descrivere se stessi, per meglio far emergere i sentimenti che forse, fossimo l'uno di fronte a l'altro, gli occhi negli occhi, non potremmo dimostrare. Nelle parole abita l'amore, mentre la lontananza dalle persone che amiamo si riduce sempre più, tanto da farci credere che l'agognato momento del ritorno a casa sia, in un certo senso, molto più vicino di quello che ci dice la burocrazia del Ministero della Giustizia. Nelle parole abita anche la consapevolezza delle proprie colpe e dei propri reati, che devono essere necessariamente espiati, altrimenti non si potrebbe comprendere la gravità delle nostre azioni, le quali, in quanto tali e come tutte le cose di questo mondo, portano con sè altrettante conseguenze. È dunque importante sapere che le parole possono liberare l'Uomo dalle sue condizioni terrene, dalle cose che gli capitano in quel preciso momento in cui le parole nascono nella mente, ma è altrettanto importante sapere che le parole aiutano a comprendere i nostri errori, forse anche a giustificarli, sebbene continuino ad affliggerci. In questo modo si scopre quanto possa essere determinante, per una adeguata sopravvivenza in carcere, utilizzare la parola secondo queste due prospettive, nel momento in cui scriviamo di noi a qualcuno che, fuori, è sempre pronto a leggerci. Per questo motivo auguro a tutti voi di incontrare nella vostra vita la parole più belle del cuore, con le quali comunicare l’affetto ai vostri cari e a noi i vostri pensieri. Di Alessandro Bertirotti, l'Antropologo della mente
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