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Ott 20

I Sonagli del “Pupo”, di Maurizio Bonanni

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Al “Piccolo” dell’Eliseo è andato in scena, dall’8 al 20 ottobre, lo spettacolo “Il Berretto a Sonagli”, opera teatrale tra le più celebri e psicologicamente involute di Pirandello,  con un magistrale Pino Caruso, nella parte di Ciampa,  e con gli attori della compagnia, perfettamente accomodati nei ruoli rispettivi (ovvero: Emanuela Muni = “Beatrice”; Alessio di Clemente = “Fifì”; Franco Mirabella = “Commissario Spanò”; Matilde Piana = “Fana”;  Carmen Di Marzo = “Saracena”; Anna Rita Granatiero = “Nina”; Anna Malvica = “Signora Assunta”). La regia di Francesco Bellomo dà ampio respiro alla teoria pirandelliana, in base alla quale i “Pupi”, restano tutti rigorosamente “tricordi”, come una testa a tre facce, munita di un berretto a sonagli, che cambia ritmo. La prima, quella fuori controllo, che insegue i diverticoli della “Corda pazza”, si accorda con i sensi della follia, della gelosia, della vergogna e del disonore, che chiama sangue e vendetta, per la sua soddisfazione.  La seconda, la “Corda civile”, è quella che governa le apparenze, i ruoli e i rapporti tra di essi, nel mondo codificato dei “Pupi”; una sorta di doppio della persona vera, quella che nasconde, cioè, le sue emozioni profonde, dietro la figura simbolica (la sola, cioè, che tutti vedono!) del proprio “Pupo”.

 Tra le due, la “Corda seria”, che rappresenta una sorta di ponte sospeso tibetano tra la Civile e la Pazza, per cui la Persona investe e fa riferimento alla “Persona” dell’Altro, affinché vi sia un necessario cortocircuito tra l’emotività di entrambi, né bella, né brutta, ma semplicemente vera e autentica, come una sorgente che nasce dalla terra. In una cornice scenica immutabile, sul palcoscenico è composta un’unica stanza, quella del salotto buono di casa del Cavaliere, datore di lavoro del Ciampa, che contiene le vite di tutti i “Pupi-Persona”, moltiplicati per le tre facce di ciascuno di loro. Così, Fifì, fratello dissoluto di Beatrice, perdigiorno e giocatore d’azzardo, che lucra sulla morbosità della sorella, e sua madre, Donna Assunta, impersonano i custodi delle forme, che lasciano perennemente attiva solo la corda civile dell’Opportunità. Per costoro, il giusto senso è nel ribaltamento tra i torti e le ragioni -tra marito fedifrago e moglie tradita-, quando queste ultime minacciano la solidità dell’impianto familiare tradizionale. Nulla, nel rito immutabile del Presepe composto della Famiglia, deve poter alimentare l’insaziabile fame di scandalo della belva feroce pubblica, che presiede al Senso Comune, anche se l’anima di Beatrice, sorella e figlia delle due statuine del Presepe, dovrà immergersi nella follia del proprio ripudio, facendo fragorosamente vibrare i campanelli della sua Corda pazza.

Il Ciampa (tragico, triste, rassegnato e astuto), impersonato da Pino Caruso, è magistralmente racchiuso nel suo strumento a tre corde: le poche parole che pronuncia sono sommesse, senza ancoraggi superflui nel grido, o nella smorfia di dolore. In lui, la Corda seria -da finto umile, pronto ad artigliare senza pietà la sua preda, al momento opportuno- si alterna, in modo naturale, impeccabile, a quella Civile, quando compare dinanzi a Beatrice, per ricevere le sue istruzioni, facendosi strumento involontario dell’artificio costruito dalla donna tradita, per distruggere i Pupi del marito e dell’amante di lui, Nina, moglie del Ciampa. Presentando Nina -docile strumento della sua volontà di marito tradito- a Beatrice, la offre come ostaggio, pur di scatenare la Corda seria della sua padrona. Tutto, affinché la gelosia manifesta, nella sua violenza e aggressività, avesse l’effetto declaratorio della improponibilità di una convivenza, tra le due coppie sposate, che avrebbe consentito alla Corda civile del Ciampa di prendere il largo, mettendo una distanza incolmabile tra se stesso e i Pupi di Beatrice e di suo marito.

Privato e pubblico, poi, si intrecciano e si scontrano attraverso i mondi opposti della serva Fana -timorata di Dio, ingessata nella mente e nel corpo in una rigida divisa di servizio- e della cartomante, Saracena, che porta le malizie del mondo nel rapporto coniugale di Beatrice, stimolandone oltre ogni modo la Corda pazza, affinché i pendagli del Berretto a sonagli producano il rumore deflagrante dello scandalo conclamato. Saracena è la femminista agguerrita ante-litteram, che conosce l’animo maschile come pochi, per averne gustato il dolce e sottile veleno, suo e di altrui, distillato attraverso il rito confessionale della cartomanzia, l’arte di dire facendo dire agli interessati ciò che adorano sentirsi dire se stessi. A parti ribaltate, Fana prova dentro di sé la stessa risonanza, opponendosi con tutte le sue forze affinché nulla muti, nella vita ordinaria della famiglia, per cui ha dato in tanti anni il meglio delle proprie energie affettive e lavorative.

Spanò, invece, è il ritratto dell’impotenza della Corda civile, che deve amministrare il sotterfugio della trappola, dandogli una veste amministrativa, attraverso la sola “verità” che i “Pupi” apprezzano: quella descritta nei verbali di polizia, dove sostanza e apparenza coincidono nella finzione scenica del “Tutto a posto, e nulla in ordine”! Uno spettacolo da non perdere, ovunque esso sarà presente in futuro!

di Maurizio Bonanni

 

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