Ott 27
Stati criminali assetati di sangue, di Alessandro Bertirotti
È tutta una questione di… malvagità.
L’Ansa ci comunica l’ennesima soluzione definitiva, l’ennesima morte inflitta da uno Stato che non perdona, specialmente quando si vogliono salvare atteggiamenti esemplari, quelli che rimangono a confermare la tradizione culturale di un popolo che non intende evolversi, anche se alcuni cittadini lo desidererebbero probabilmente, molto.
Ancora una volta si tratta di violenza gratuita, un tipo di violenza particolarmente amata dalla nostra specie, e che trova la sua origine nella area più antica del nostro cervello, il sistema rettiliano (secondo la teoria del Cervello Tripartito di McLean), che abbiamo mantenuto presente ed attivo nel tempo, e tipico dei rettili mammifero-simili della preistoria.
Se questa violenza è poi rivolta ad una donna, considerata meno che niente, ossia l’espressione di un possesso qualsiasi, come potrebbe essere una sedia di cucina, allora tutto è giustificabile in nome del relativismo culturale. Esistono, per fortuna, macroscopiche differenze fra i diversi Stati del mondo, specialmente per quanto riguarda il valore attribuito al mondo maschile rispetto a quello femminile.
Un ambito all’interno del quale queste differenze sono decisamente aggressive e vitali è quello della libertà sessuale, che viene volutamente confusa con l’idea di poter fare del sesso e di se stessi quello che si vuole. O meglio, il maschio umano, in diverse forme e tipologie, è l’interprete principale della sessualità, mentre la femmina umana ne rappresenta l’occasione fortuita, grazie alla quale molte perversioni diventano persino giustificabili. Si tratta, però, di un’antichissima libertà sessuale solitaria, basata sul godimento egoistico tribale, analogo a quello individualistico nelle società occidentali avanzate, che esclude ogni rispetto nei riguardi degli altri.
Abbiamo ancora tanta strada da fare, prima di comprendere che la sessualità, anche se privata, deve seguire canoni di rispetto e dignità che coinvolgono un’intera cultura, un intero modo di pensare se stessi e il sesso opposto. E noi, qui in Occidente, possiamo renderci conto di quanto siamo miseri rispetto a questo tema se accendendo la televisione riflettiamo su come si presentano le femmine e i maschi.
Di Alessandro Bertirotti, l'Antropologo della Mente