L’intangibilità dell’assetto degli ordini professionali dovrebbe far riflettere su quali siano le linee guida del Governo Renzi. Il quale da un lato attacca gli organismi screditati e dall’altro rafforza i poteri di quelle corporazioni che costituiscono una solida cerniera tra Stato e mercato e che, muovendosi nella zona in cui maggiore è l’interferenza fra economia, politica e società, garantiscono la stabilità di quel contesto che si dice di voler rottamare. Si aggredisce il sindacato ma non si accendono i riflettori sui costi delle attività professionali per imprese e cittadini. Il nuovo processo civile viene affidato integralmente all’ordine forense alla faccia del conflitto d’interesse e della terzietà del giudicante. Tutto ruota, infatti, intorno all’albo degli avvocati al quale devono essere iscritti mediatori, arbitri e patrocinatori delle parti le quali, quindi, devono dare per scontata la professionalità, la correttezza e l’etica degli iscritti senza poter in alcun modo verificarla. E pensare che in una lettera inviata nel lontano agosto del 2011 al presidente del Consiglio il direttivo della BCE aveva incluso tra le riforme necessarie “La piena liberalizzazione dei servizi professionali”. Ma, nessuno politico osa affrontare le sfide in mare aperto, allontanandosi dalla sponda degli interessi costituiti. Meglio aggredire i sindacati, che tutelano interessi in via di estinzione, che toccare gli ordini professionali rischiando di restarne stritolati. Ma la saldatura tra politica, burocrazia e professioni blocca le vie di uscita della metropolitana sotterranea nella quale il Paese viaggia da anni. E se cominciassimo a rottamare gli ordini professionali ?
Di Riccardo Cappello