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Dic 09

La MalaCapitale, di Maurizio Bonanni

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 modificata   Carminati, chi? Il tizio che, per conto di Stay Behind, fu uno dei fondatori dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari)? Sarà stato il colpo in fronte, ma di quel terrorista nero, duro e puro (che voleva difendere in armi la Patria dalla minaccia comunista), non c'è più traccia, stando a quel suo.. Doppio, che fa affari con Buzzi, stringendo accordi e ricattando mezzo Arco Costituzionale. Ma, per quanto curioso e atipico, non è di lui che si dovrebbe parlare. Né di commissariamenti vari, o di scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Roma. Tanto, le code di paglia, politicamente parlando, continuano, da decenni, a bruciare trasversalmente lungo tutta la Penisola. Del resto, il primo degli amministratori locali, che non abbia truccato un appalto, o dato una consulenza di comodo, a favore degli amici degli amici, alzi una mano (che, nella maggior parte dei casi, gli verrà amputata, per manifesta menzogna!). Come mia abitudine, tenterò di indagare l'aspetto sistemico della cosa, ovvero le ragioni profonde che stanno dietro questo intreccio inestricabile tra politica e malaffare, da più di mezzo secolo a questa parte.   Il primo e, forse, il più importante dei fenomeni che hanno generato l'ingovernabilità del sistema, è rappresentato dalla Questione Meridionale, originata da un'Unità d'Italia, che non fu mai volontà di popolo, ma questione di élite politico-massoniche, in cui venne per lungo tempo mantenuta una impenetrabile separatezza culturale tra Nord, Centro e Sud. Nemmeno il fascismo riuscì ad alzare le feritoie della diga che, tuttavia, vennero rimosse in tutta furia dall'avvento dell'industrializzazione selvaggia, sulla quale si innestò il circuito consumistico del c.d. boom economico italiano degli anni 60 del secolo scorso. Per mera necessità, si favorì un'impressionante migrazione interna di molti milioni di individui, sottratti -da un giorno all'altro- alle attività contadine e agricole, per andare a formare un esercito di operai-massa, addetti alle catene di montaggio, nel triangolo industriale Milano-Torino-Genova. Altri flussi consistenti si riversarono sulla capitale, andando a saturare tutte le varie cittadelle amministrative disponibili, traslando così, all'interno delle Pubbliche Amministrazioni, una natura clanistica (legata, cioè, alla terra di provenienza e alla coesione linguistica), del tutto sconosciuta in precedenza.   Su questo fenomeno delle migrazioni incontrollate e demenziali, se ne innestarono altri due, altrettanto destabilizzanti. In primo di questi si chiamò speculazione edilizia selvaggia e abusivismo dilagante. Nel primo caso, una politica imbelle, priva di intelligenza programmatrice, abbandonò milioni di ettari di aree edificabili a un esercito senza scrupoli di imprenditori edili improvvisati. Furono costoro, prendendo a prestito i capitali iniziali dalle banche compiacenti, a inondare le maggiori città italiane con un mare di cemento (orripilante, privo di cultura e totalmente straniante, in quanto originatore di marginalità diffusa). E tutti coloro che non potevano, o volevano accollarsi i costi di una casa di civile abitazione nei nuovi quartieri-ghetto, pensarono bene di ricorrere a un vastissimo, devastante fai-da-te del mattone, ricorrendo all'abusivismo di massa. Nacquero così, nella più totale anarchia, interi sub-quartieri urbani, ciascuno con decine di migliaia di abitanti, senza fogne, né acqua potabile. Lo Stato di allora, impotente come oggi, non seppe far di meglio che chiudere entrambi gli occhi.   Anche perché, nel frattempo, erano cresciute intere classi politiche che, prive di una vera spinta ideologica, si erano concesse all'affarismo e ai patti innominabili con le aree grigie delle varie mafie organizzate. A costoro non parve vero offrire, a milioni di piccoli proprietari abusivi, condoni a cascata, che hanno fatto del territorio italiano un desolante spettacolo di manufatti abitativi fatiscenti, esteticamente inguardabili, ma ancora più scarsamente vivibili, dal punto di vista della rete viaria e dei servizi. Così, il morbo infestante, la peste nera della disamministrazione, si sono diffusi, come metastasi incontrollabili in tutti i gangli della vita pubblica italiana. Sicché, da molto tempo, laddove c'è un'amministrazione pubblica (che, molto spesso, rappresenta l'unico ente di spesa e investimento) e, quindi, appalti pubblici e posti di lavoro garantiti, appaiono sulla scena i più diversi, trasversali conglomerati politico-affaristico-mafiosi, attraverso i quali passano immensi capitali da riciclare.   Il secondo fenomeno indotto è rappresentato dall'uso folle e indiscriminato delle assunzioni di massa nel pubblico impiego, utilizzate come ammortizzatore sociale, per drenare la crescente disoccupazione culturale (soprattutto meridionale), da un lato, e per rafforzare, dall'altro, la presa sulla società italiana di tutte le componenti politiche, che vantassero un qualche potere contrattuale nel territorio. Come se ne esce? La modalità a mio avviso, è semplicissima: far uscire lo Stato dalle gestioni dirette dei servizi pubblici essenziali e dalla burocrazia, creando altrettanti mercati settoriali "veri", dove è il cittadino a pagare di tasca sua (grazie a una fortissima defiscalizzazione!), al costo reale, i servizi resi da lavoratori pubblici-libero professionisti, a Partita Iva agevolata. La fattibilità di tutto ciò? Semplice e immediata. La spiegazione completa nel mio prossimo libro, a.. sorpresa! Di Maurizio Bonanni
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