È tutta questione di… distorsione della realtà.
Quando si impartisce una benedizione si consegna il nostro “bene dire” a colui che la riceve, il quale, appunto, diventa “bene detto”. La stessa cosa accade, anche se è al contrario, quando si lancia una maledizione, perché si consegna all’altro il “male dire”, creando il “male detto”. Anche l’informazione è in grado di maledire, e mi sembra che in questi ultimi tempi lo faccia persino con una certa cognizione di causa, come emerge chiaramente da questo articolo dedicato alla felicità. Confondere e vendere le felicità con i processi chimici grazie ai quali nel nostro cervello subiamo un’alterazione dello stato di coscienza che definiamo comunemente felicità, vuol dire mistificare il dato chimico e biologico attribuendogli il ruolo di effetto, quando si tratta solo di un processo causale. Mi spiego meglio. È ovvio che i comportamenti umani, le sensazioni e le emozioni sono il frutto di processi chimico-biologici che avvengono nel corpo e nel cervello, visto che siamo dotati di questa forma e questa sostanza materiale. Non potrebbe essere altrimenti, almeno su questo sistema solare e sulla base del nostro stato evolutivo attuale. E questo concetto mi sembra di facile comprensione. Confondere, invece, questi processi con il significato, il ruolo e il comportamento che tali meccanismi hanno nella vita quotidiana delle persone, significa svilire con coscienza il ruolo che la mente (che non è il cervello, ma ciò che il cervello fa) svolge nella  costruzione dell’esistenza. Confondere un processo chimico con uno stato esistenziale, significa concepire l’Uomo come il risultato meccanico, incosciente di azioni senza volontà, desideri, sogni e bisogni. Nemmeno gli animali, che abbiamo l’ardire di considerare inferiori a noi, si trovano in questo stato esistenziale, poiché anche loro esercitano una propria volontà, per istinto oppure per affezione. La felicità è ben altra cosa che il risultato di un processo chimico, e anche se la scienza evidenzia gli aspetti chimici del cervello l’essere umano attribuisce un significato a quello che fa grazie alla relazione che stabilisce con il mondo. Una visione prettamente chimica del nostro funzionamento mentale produce la convinzione che tutto avvenga senza la nostra coscienza, la nostra volontà, che sono spesso la sintesi di desideri e bisogni. Si dovrebbe scrivere, per onestà intellettuale e deontologica (ma capisco che i titoli e i concetti sono marketing) che il linguaggio del nostro cervello è formato da processi elettrochimici, grazie ai quali i neuroni comunicano tra loro gli stati neurofisiologici che la mente trasforma – in modo a noi ancora sconosciuto – in tratto oppure stato esistenziale di felicità. La felicità esiste, anche se ne scopro i processi chimici attraverso i quali si forma, e nessuna scienza o giornalismo potrà mai toglierla all’Umanità, a meno che non sia proprio quest’ultima a consentirlo. Di Alessandro Bertirotti, l'Antropologo della Mente