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Mag 14

I GIORNI DELL’ASSENZA. Di Maurizio Bonanni

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  Signore e Signori, il Diavolo vi sfida! I "Giorni dell'Assenza" di Rosanna Di Crosta Landi (Graus Editore) è un libro di straziante testimonianza, in cui il nome dell'ucciso, marito e padre adorato, entra in profonda risonanza con gli stati d'animo del lettore. Chi scrive è una donna e una moglie che ha visto la sua esistenza sconvolta dall'omicidio efferato del marito, ucciso a tradimento da una banda di balordi e truffatori del cui capo si fidava! E quel nome, il suo nome, "Roberto", ha occorrenze in numero praticamente illimitato: una sorta di esorcismo verbale per richiamare in vita colui che non potrà più essere tra di noi. Cosa accade quando si passa da un'esistenza banale, fatta di attese per la cena, dell'accudimento e della cura comune dei figli ancora bambini, di piccole faccende domestiche dove la presenza dell'altro, il suo posto nel letto matrimoniale è cosa scontata, ovvia come il succedersi delle stagioni? Il libro-testimonianza di Rosanna è qualcosa di più di un diario, di punti e virgole e di caratteri vergati con rabbia, sfumati nell'inchiostro che si impasta con un pianto irrefrenabile, distillato in abbondanza da una disperazione ragionata, ma mai ragionevole, urticante come il veleno di una medusa oceanica. Il suo non-racconto, infatti, è un viaggio negli inferi degli stati d'animo di un essere umano sconvolto, sradicato dal suo alveo naturale di famiglia serena e normale, in cui a farci da guida non è il buon Virgilio ma Mefistofele in persona, che intinge la sua penna d'oca nera nel sangue perenne di chi non potrà più tornare. Allora, l'esistenza di chi ha amato con tutta se stessa assomiglia al moto scomposto della coda recisa di una lucertola che si agita disperatamente, alla ricerca inconsulta del tronco al quale ricongiungersi. Per capire il messaggio di chi scrive occorre partire -come nei testi arabi- dall'ultima pagina, dall'Appendice, in cui Rosanna declina in tutti i modi possibili la frase iniziale "Ho raccontato". Ma è proprio nell'assenza di un racconto vero e proprio che sta la sua grande forza evocativa e comunicativa. Perché la trama è quella del Destino cinico e baro, che ha deciso di terminare in modo inaccettabilmente violento l'esistenza di un uomo buono, ucciso da quella stessa "Banalità del Male" che descrive Hannah Arendt nel suo libro omonimo. Perché Male e Bene, dice Rosanna, sono come lo Yin e lo Yang della filosofia cinese: l'uno sta nell'altro e ogni uomo è il contenitore di entrambi. Così, chi ama oltre se stessa l'uomo che ha sposato diviene la lucida testimone del proprio calvario senza fine, in cui la negazione della realtà e della verità inaccettabile è come il relitto per il naufrago, che vuol vedere la prua della nave mentre scivola nella spaventosa depressione dell'ennesima onda gigante. E sono gli oggetti, innanzitutto, a parlare del dolore: quelli che mancano e gli altri che restano senza più un padrone (una lavatrice senza più camice maschili da lavare; creme da barba rimaste intatte e mai più usate...), come tante prefiche al capezzale del defunto. Struggente, poi, è il rapporto tra madre e figli (lei "Principessa", lui "Cucciolo", nomignoli dati loro dal padre) la cui matrice biologica comune sprigionerà l'energia necessaria alla sopravvivenza, alla metabolizzazione graduale, lenta ma costante, del dramma vissuto. Il testo di Rosanna è una tavolozza di colori puri, impastati poi, di volta in volta, dall'odio, dal rancore, dalla sete di vendetta e da un amore disperato, amalgamati dalla pressione spasmodica delle dita sulla tela della quotidianità. Le pagine del libro disegnano con una luce accecante i sogni, gli incubi, le gramaglie e lo sconcio di presenze irritanti e indesiderabili, come quelle mosse dalla morbosità, dall'assenza della partecipazione profonda che caratterizza gli atteggiamenti di tante, troppe persone superficiali. È come un guardarsi allo specchio e vedere riflesse mille immagini di un "Se" frammentato e filiforme, senza più unità interna e identità. Ma, per fortuna, nella vita di Rosanna esistono anche volti umani di segno opposto, teneri, discreti e intensamente partecipativi, che fanno da ancoraggio affettivo solido, costante e "resiliente" per quelle tre fragili esistenze private del loro amatissimo timoniere. Un libro molto bello e intenso, scritto da una mano leggera e veloce, inciso sulla pietra viva dell'assenza di chi, nel ricordo, è destinato a rimanere per sempre accanto e "dentro" di noi. Di Maurizio Bonanni
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