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Set 24

“CHE” PAPA! Di Maurizio Bonanni

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  Giochiamo con le parole? "Che" Papa può avere significati divergenti (ma non opposti, per molti). Il primo: facciamo -a futura memoria, per quelli della sinistra-sinistra- Papa il "Che", in quanto santo martire dell'odiato capitalismo. Il secondo: diciamo "ma che bravo il Papa!". Pensate che i due aspetti siano compatibili? Siete solo dei maligni. I gesuiti, lo dovreste sapere, sono molto pazienti, pur venendo assai dopo la tradizione cinese che consigliava al saggio di sedersi lungo la sponda del fiume, in attesa che passasse la salma dell'odiato nemico. Il Vaticano ha dovuto aspettare meno di cento anni perché ciò accadesse per le spoglie degli eredi di Lenin e Stalin, e appena poco più di mezzo secolo quando, giorni fa, ha sottomesso al rito del bacio (simbolico) dell'anello lo zombie di Cuba. Cosa straordinaria davvero, a ben pensarci! E tutto questo è avvenuto "pacificamente". La Russia e Cuba si sono riscoperte cristiane, com'era ovvio, del resto. Due millenni contro pochi spiccioli di anni. Lotta impari davvero. Ma, nel riannodare le fila tra la rivoluzione cubana e l'odiato capitalismo c'è, come novità assoluta, un sottile filo rosso del primo Papa latino-americano, nato e vissuto in quell'America Latina, così tanto cara al "Che" della rivoluzione castrista del 1959. Un colpaccio per il regime castrista che aveva l'assoluta necessità di riabilitarsi agli occhi del mondo e, finalmente, offrire un po' di benessere all'occidentale alla sua deprivatissima popolazione. Di finto comunista, ormai, non era rimasta che la Cina, dopo il solenne abiuro della Mosca post-sovietica. Pertanto, occorreva molto alla svelta sostituire gli aiuti "socialisti", dati a Cuba assai generosamente da Krusciov a Gorbaciov, con quelli ben più appetibili del capitalismo americano, soprattutto quello finanziario. Infatti, non escluderei affatto che Cuba si organizzi prossimamente come una vera e propria piattaforma finanziaria "off-shore" a due passi dal grande continente americano. La cosa davvero singolarissima, poi, è riconoscere nel gesuita Francesco la genuina volontà di costruire un ponte tra le società latinos e l'America del Nord, ai cui confini premono centinaia di milioni di aspiranti profughi economici di lingua spagnola. Al Papa (il primo della storia) è stato concesso l'onore di parlare dinnanzi al Parlamento degli Stati Uniti, ridisegnando e dando un volto a quella funzione ecumenica che un Onu -farcito di dittatori senza scrupoli, con il seggio di diritto all'interno della sua Assemblea- non può più garantire. Ma, Francesco è anche il Papa che dovrà districarsi tra crociata e crocifissione, dovendo in qualche modo coinvolgere l'Occidente nella protezione dei cristiani africani e mediorientali, oggi perseguitati con ferocia e accanimento dai fondamentalisti musulmani. Gli abbiamo già sentito dire che "bisogna difendere con ogni mezzo" quelle nostre povere comunità straziate da un genocidio etnico-religioso, che ricorda ben altri tempi bui. La Ratisbona di Ratzinger oggi è sempre più lontana. Il "Logos" non ha più nulla a che vedere con il richiamo alla Jiahd coranica, da parte dei neri sicari di Al Bagdadi e di Bogo Haram, dove il diverso, l'infedele va sottomesso o ucciso, in questo secondo caso preferibilmente crocefisso a arso vivo secondo le più tragiche conclusioni della Roma pagana e della Santa Inquisizione spagnola, che seguì -va detto- un interregno di pace, armonia e rispetto durante il dominio islamico in Europa. Intanto, l'opinione pubblica di Obama ha avuto il suo grande regalo mediatico, con il richiamo solenne del Papa contro gli imperdonabili peccati della pedofilia sotto la toga. Non critichiamo troppo, quindi, Papa Francesco: sotto quel sorriso affabile si cela una volontà di ferro. Se fossi un radicale musulmano, non dormirei sonni tanto tranquilli. Di Maurizio Bonanni
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