Nov 10
UN MATTEO PER DUE. Di Maurizio Bonanni
Chi dei due Matteo sarà quello.. vero? Renzi, per dire, è un moderato prestato alla sinistra, o viceversa? E Salvini, chiediamoci: è di destra-destra, o sta anche lui a metà del guado per costringere tutti gli altri a seguirlo? Mi domando se Berlusconi, l'indomito Cavaliere, sia andato a finire nella Rete leghista o, come vorrebbero in molti, nel mausoleo di Arcore.. Capisco che non sia bello iniziare con tutte queste domande soprattutto se, come nel mio caso, non vi siano risposte coerenti da dare. Ma vorrei vedere voi. La politica italiana vi sembra avere un minimo di coerenza da qualche decennio a questa parte? Allora, permetterete che anch'io tiri un po' a indovinare. Prendiamo la questione che vale un trono: "Chi è a capo di che cosa?". In un'epoca malata grave di leaderismo non s'intravvede nemmeno uno che si chieda dove sia l'interesse reale del Paese, oltre a vedere benissimo dove stia il proprio tornaconto. Il bello è che chi accusa gli altri di facili populismi è, per sua sfortuna, il più populista di tutti.
Prendiamo il Giano bifronte del renzismo. Da un lato, si ribadisce la fedeltà agli stereotipi incrollabili del populismo di sinistra, con l'impiego pubblico e lo statalismo dilagante a fare da padroni. Già, perché senza il primo, mantenuto con i soldi del secondo (cioè di tutti noi), il potere se lo potrebbero scordare a Via del Nazareno. Poi, però, si tenta di tirare la volata ai "Poteri forti" facendo lo sgambetto all'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e a una Triplice sindacale arrivata spennata e senza più fiato alla resa dei conti della globalizzazione. Gli sbiaditi vessilli rosso-rosa-bianchi si reggono, ormai, solo grazie a una legislazione illiberale sulle quote d'iscrizione (rinnovate automaticamente ogni anno, a meno di formale disdetta, per chi lavora nel pubblico impiego), sui distacchi pagati dallo Stato e, cosa gravissima, sui ritardi epocali a proposito della rappresentatività e dell'esercizio del diritto di sciopero. Memore della lezione del Gattopardo, il Mastro fiorentino non ha fatto nulla per mettere fuori gioco i sindacatini (capaci di bloccare, con le loro minisigle, perfino il traffico urbano di una megalopoli come Roma!) e i colossi sindacal-corporativi del pubblico impiego.
Ma, attenzione: nessuno dei due Matteo è proprio così strambo! Il primo, quello che "governa" (si fa per dire..) sa di avere come spina avvelenata al suo fianco un partito e una classe politica assolutamente screditati agli occhi del cittadino elettore. L'odio popolare per i Partiti raggiunge ormai punte vicine al 98%. Quindi: occorre spostare l'attenzione; circondarsi di fedelissimi pretoriani (prefetti, magistrati, manager di razza padrona, etc.) e da qui in poi governare il Paese con l'emergenza e la surroga. L'impiego a tappeto dei "Commissari" (più o meno straordinari) per il primo aspetto; il ricorso ai "tecnici" nel secondo caso. L'altro Matteo, colui che grida nelle piazze "Il Re è nudo!" (verità lapalissiana, per cui parte in concreto vantaggio volendo sfidare la leadership di Matteo-1), ha dalla sua un talento di caterpillar davvero invidiabile, essendosi fatto (ma anche rotto) le ossa nelle guerre di trincea leghiste.
Per ora, Salvini sembra riuscire nell'impresa davvero temeraria di schiodare la sua Lega dalla blindatura territoriale padano-veneta, per portarla ovunque, al Nord come al Sud, attraverso una sorta di lepenismo italianizzato, che ha come capisaldi la lotta all'Europa padrona, all'immigrazione irregolare e al lassismo in materia di sicurezza, unita alla rivendicazione grillina di un reddito di cittadinanza per tutti. La cosa più interessante di questo ricombinarsi di forze di centro e di centro destra (Alfano, in tutto questo, è destinato a rivelarsi ininfluente alla prima vera conta elettorale) è la possibilità di fissare politicamente un nuovo spartiacque, costringendo Grillo all'isolamento minoritario o, in alternativa, all'allineamento suicidiario con il Pd in caso di ballottaggio tra le due liste più votate, qualora non si pervenisse a nessuna intesa sulle richieste modifiche all'Italicum. Partita aperta, direi. Ma la "bollinatura", non c'è che dire, anche stavolta è opera di Berlusconi, come quando "sdoganò" Fini (e mal gliene incolse!) nel 1994.
Di Maurizio Bonanni