Giu 15

Comitato “Gli Ultimi”

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Vanessa Seffer, presidente del Comitato "Gli Ultimi"

Vanessa Seffer, presidente del Comitato "Gli Ultimi"

La storia recente del nostro paese ci ha consegnato un periodo lungo quasi diciotto anni che ci ha fatto precipitare dentro una spirale economica, che ha peggiorato in maniera repentina le già precarie condizioni di molti, lacerando le aspettative e le speranze di una generazione che aveva ed ha bisogno di realizzarsi soprattutto nel mondo del lavoro, ma che vede allontanarsi sempre più tale prospettiva, con l’incubo di una precarizzazione ad oltranza. Questa condizione già manifestatasi con lo spirare della c.d. “Prima Repubblica”,ha subito una brusca accelerazione dal momento in cui l’Italia, con l’ingresso nell’eurozona, ha dovuto fare i conti con il carico del debito pubblico aumentato dalle scelte di rinvio dei Governi degli ultimi 20 anni, e con un sistema bancario alle prese con la crisi finanziaria conseguente ai crack delle grandi banche statunitensi e internazionali del 2008.Ciò ha comportato l’attuale “credit crunch” a danno della piccola e media impresa e delle famiglie, impedendo di fatto l’accesso al credito a tutti coloro che non debbono staccare cedole o incassare dividendi speculativi. In tale contesto, non si può tacere che l’eurozona ha privilegiato le rendite finanziarie ed i capitali “anonimi”, mortificando le persone ed eliminando la sovranità monetaria dei singoli Stati, sovranità che avrebbe consentito di utilizzare la leva monetaria nazionale quale importante ammortizzatore anticrisi. Ancora, va detto che il debito pubblico, successivamente all’adozione dell’euro, ha subito un ulteriore peggioramento e la nostra una classe politica, insieme agli altri beneficiari di rendite parassitarie di posizione, ha sperperato denaro pubblico a esclusivo beneficio proprio e delle rispettive clientele. Sicché, lo scotto dell’arroganza e dell’irresponsabilità di queste elite è ricaduto sulla testa (e sulle tasche) dei cittadini, insomma sugli ultimi di questa società malata e senza più speranze. A nulla finora si sono dimostrate le denunce nei confronti del sistema bancario, le cui iniziative non rispondono più alle esigenze delle persone, risultando “etero-dirette” dalla banca centrale europea (le varie “Basilea 1, 2 e 3”), sensibile più ai c.d. “poteri forti”, agli intrighi di palazzo, alla criminalità organizzata e/o a logge più o meno occulte con regie internazionali che ai bisogni reali delle persone. Ci hanno così imposto loro uomini e le loro scelte a capo di governi e delle relative politiche di “sacrifici”, intimandoci di non “scegliere” con le regole democratiche, ma di subìre che loro scelte (come se a governare finora fossero state le persone). Per tali ragioni le donne e gli uomini promotori della presente petizione, ancora fiduciosi che “la sovranità appartiene al Popolo”, come solennemente affermato dalla Costituzione del 1946, chiedono al Parlamento che, in questo scorcio finale di legislatura, piuttosto che sfiancarsi nella ricerca di un sistema elettorale che premi l’una o l’altra formazione partitica, adotti misure legislative volte a concretizzare in tempi brevi le indicazioni della presente iniziativa, così sintetizzate:
  • rinegoziare le condizioni per restare nell’eurozona, luogo attualmente di instabilità ed incertezza non solo economica, e che ha permeato ogni aspetto del vivere quotidiano. L’Europa, quindi, deve diventare un orizzonte di speranza per i bisogni delle persone e non solo un luogo di mercanti e/o di speculazioni finanziarie;
  • cancellare il debito pubblico non causato dal popolo e che ha determinato l’impoverimento dei cittadini, operando anche contro gli organismi internazionali quali il F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale), dato che l’Italia è “to big to fail” e che ancora la “sovranità” appartiene al popolo italiano, che conserva intatto il suo diritto a non rispettare le decisioni ingiuste dei “pubblici poteri”;
  • nazionalizzare le banche e le grandi centrali finanziarie nazionali, affinché venga penalizzata la speculazione finanziaria con misure realmente interdittive e con una fiscalità di sfavore;
  • ridare fiducia al credito, con misure di garanzia pubblica (Fondi di garanzia basati sugli asset pubblici) a favore delle piccole e medie imprese, nonché dei settori economici oggi penalizzati (il comparto edilizio, specie di quello a favore delle giovani famiglie; quello dei grandi lavori; l’agricoltura; quello della “green economy”; l’internazionalizzazione delle imprese), investendo da subito nella scuola, nella ricerca pubblica e privata (le “conoscenze” di cui l’Italia è ancora piena), e nei giovani in cerca di occupazione (il “salario sociale” fino al raggiungimento della prima occupazione) le risorse ottenute da una politica di finanza straordinaria (un prestito pubblico obbligatorio, come in tempo di guerra, remunerato con “crediti d’imposta” spendibili) e da una vera lotta alla criminalità economica di mafie e potentati vari, con il ricorso a misure di prevenzione anche nei confronti delle grandi centrali finanziarie);
  • vietare qualsiasi candidatura politica a persone raggiunte da procedimenti giudiziari che possano pregiudicare la loro “moralità” e il loro “onore”, secondo la previsione dell’art. 54, 2°comma, Cost., senza attendere gli esiti di una giustizia lenta e spesso di parte;
  • disporre che gli stipendi pubblici (e/o derivanti da società anche in parte partecipate da enti pubblici) non possano superare quello del Presidente della Repubblica, con taglio di ogni benefit, senza possibilità di cumulare retribuzioni e/o rimborsi spese per cumulo di incarichi;
  • prevedere che coloro che abbiano rivestito incarichi politici per 2 legislature non possano essere ricandidati;
  • riequilibrare la tassazione delle rendite finanziarie e patrimoniali in misura non inferiore al 33%.
Solo così, infatti, la nostra Patria potrà “cambiare” in meglio, ripetendo un “miracolo economico” cui non solo noi italiani crediamo la possibilità: basta soltanto richiamare le parole di speranza al popolo americano dette dal Presidente Barack Obama all’indomani della sua rielezione, malgrado la contrarietà delle mafie e dei potentati internazionali. Insomma, ci dite perché agli americani la “speranza del cambiamento” sì e a noi no? In caso contrario, la nostra iniziativa diventerà quella di promuovere uno “sciopero dal voto”, perché “noi ci siamo seduti dalla parte degli ultimi, dato che gli altri posti erano già tutti occupati” (dai banchieri, dai malavitosi e dai cialtroni che finora ci hanno governato).
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Giu 15

Dove andiamo?

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“Il periodo storico nel quale sta vivendo l’intera umanità è decisamente importante e sconvolgerà gli schemi mentali di gran parte di noi, sia in Occidente che Oriente, perché dovremo escogitare un nuovo modo di intendere l’Uomo in questo mondo. Il passato dovrà essere considerato come qualche cosa che ha avuto un senso compiuto, mentre il futuro si presenta talmente incerto da dover rifondare la nostra vita secondo scopi precisi”. Ho scritto questo post qualche giorno fa sulla mia bacheca di fb, e mi sono accorto che la riflessione ha suscitato un certo scompiglio, tra approvazione e mistificazione, suggerendomi esplicitamente di ampliarla in un’altra sede, ossia questa. Cercherò dunque di spiegare meglio ciò che ho voluto intendere con essa. Non dico certo nulla di nuovo se ancora una volta sostengo la presenza in questo mondo mentale umano della fine di due ideologie: prima di quella social-comunista ed ora di quella sfrenata-liberista. L’idea che nel corso della storia evolutiva umana alcune regole di scambio dei prodotti potessero garantire un equilibrio “quasi naturale” fra gli attori di quello scambio (idea liberista) è decisamente naufragata con la crisi economica mondiale che stiamo vivendo. Ma ancora prima, una struttura sovrasingolare come lo Stato Sovietico (burlescamente definito Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, URSS), sia pure in presenza di regole ferree, grazie al crollo del muro di Berlino del 1989, si era rivelata fasulla, perché l’essere umano sembra comunque essere sempre molto sensibile all’incremento del proprio benessere esistenziale ed economico a scapito di altri esseri umani e della Natura in generale. Bene. Questa è la situazione mentale in cui ci troviamo tutti noi, in qualsiasi parte del mondo, perché i due modelli, americano e sovietico, erano quelli esportati ovunque, in qualsiasi altra geografia mondiale e gli atteggiamenti mentali che essi permettevano o favorivano erano, nella loro sostanza, identici ovunque, sia pure con qualche differenza culturale. Inoltre, tali modelli nascondevano rispettivamente due sovrastrutture ideologico-religiose importanti. In Occidente, il modello liberista, come ci insegna , era praticamente anglicano-protestante, mentre nell’Oriente comunista era ortodosso-cristiano, con conseguenze decisamente diverse, rispetto ai comportamenti umani considerati, nei due ambiti, più o meno legittimi. Mentre l’idea protestante offriva leggittimità ai comportamenti legati al self made man, dunque alla presenza di una evoluzione “dal niente” e possibile per ogni uomo dotato di buona volontà, ingegno e “buoni costumi”, nella lontana Unione Sovietica la dimensione solidale del vivere umano era considerata uno stiledi vita generale e quotidiano che ogni cittadino doveva assumere, proprio perché lui stesso diventava espressione concreta del concetto di Stato stesso. Nella pratica quotidiana della vita, tali concezioni si traducevano nell’idea di Max Weberna maggiore libertà ad Occidente contro una maggiore sicurezza sociale in Unione Sovietica e in quella partedi Oriente in cui tale ideologia aveva particolarmente attecchito, come era accaduto per la Cina. Archiviati, perché rivelatesi fallimentari, questi due modelli, inevitabilmente va in crisi sia il concetto ci libertà che quello di sicurezza, e conseguentemente l’idea di Dio che garantisce lo sviluppo del singolo essere umano, oppure quella di un altro Dio che garantisce lo sviluppo dell’intera società (anche quando essa si dichiarava ufficialmente atea, come nel caso dell’URSS). Occorreva allora colmare il vuoto lasciato con qualcosa per cui valesse la pena scambiarci reciprocamente degli oggetti e delle azioni. Non abbiamo trovato di meglio che gli oggetti e le azioni del commercio, ossia il concetto di merce. Ecco oggi cosa è la nostra vita: una merce con un più o meno valore di merce, ossia qualcosa che possiamo, anzi dobbiamo, quantificare precisamente in un numero. Che si tratti di spread, di Bot, CCT, azioni oppure industrie, non ha nessuna importanza, rispetto alla necessità che si debba comunque stabilire un prezzo per qualsiasi oggetto ed azione umana. Ecco perché nella dichiarazione fatta ho sostenuto l’idea che il passato è qualcosa di chiuso, terminato e finito. Perché non è più possibile tornare a recuperare nessun punto di riferimento se non rifondiamo antropologicamente lo scopo finale per il quale vale la pena soffrire. Ed ho scritto soffrire, non vivere felicemente… perché con la felicità si costruisce la morte, con la sofferenza ci si chiede perché sia utile combattere la tendenza inevitabile all’usura delle cose di questo mondo, compreso i nostri affetti. E quando, secondo me, avremo capito che in questo periodo la Natura ci chiede proprio questo, saremo forse in grado di fornire un futuro, anche lontano, ai nostri figli. Se non ci chiediamo perché le cose finiscono, non avremo mai il coraggio di iniziare il nuovo.
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Giu 07

Francesi, mezze calzette!

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FRANCESI, MEZZE CALZETTE! Ma no, no, no! Com’è possibile che in Francia, terra che ha dato i natali a Volterre, Molière e Brigitte Bardot, possa concepire le mezze calzette! Proprio dei calzini corti stiamo parlando, quelli che terminano alla caviglia o poco più sopra, per cui solo una cosa è ancora più terribile, i calzini bianchi, il peggio del peggio, se non portati per ragioni sportive. In Francia è difficilissimo trovare calze da uomo lunghe, in compenso dei corti se ne trovano di tutti i colori, materiali e fantasie. L’ultima moda: il calzino bicolore, quello con la punta e il tallone di colore diverso, in contrasto. Mon Dieux! I calzini corti da uomo sono una cosa terribile, la Waterloo dell’eleganza. Si capisce molto degli uomini che si agghindano con i “pedalini”. Ma i francesi continuano a portarli come se nulla fosse. Basta fare un giro sui mezzi pubblici, la metropolitana o il centro di Parigi, perché si intraveda un pezzo di pelle nuda fra la colpevole calza e il pantalone tirato su dalle pieghe che, ad una certa ora, causa la stanchezza di una lunga giornata di lavoro, non ne vuol sapere di rimanere al suo posto. Un povero immigrato italiano, in Francia, non ha molte speranze di trovare le calze giuste da indossare, sebbene un italiano vero non cederà mai alla perversione del tragico calzino corto o peggio del calzino con i sandali, prerogativa dei tedeschi. Per fortuna si vede una luce in fondo al tunnel: il noto giornale Le Monde si sta occupando della gravosa faccenda, proponendo un editoriale molto chiaro e portando i lettori a comprendere che non è chic mettere in bella vista un pezzo di tibia, visione sgradevole imposta da chi porta il calzino a mezz’asta, che sembra più che altro rimasto vittima di un errore di programmazione della lavatrice . Pertanto si spera in una veloce redenzione del popolo francese che se vuol dettare regole di buon gusto dovrà ispirarsi al gusto tutto italiano della calza lunga e scura, blù o nera, adottati dai politici come Sarkosy e il suo antagonista aristocratico De Villepin; E. Balladur osava anche con le calze rosse, ma veniva ripreso da F. Fillon, l’ex primo ministro di Sarkò, che compra le sue calze da Gammarelli, il celebre negozio romano specializzato nel vestire da secoli Papi e Cardinali, quindi chic per forza. Di Hollande non sappiamo, ma non avendo ancora esposto pezzi di tibia, possiamo supporre che usi la calza lunga. Così Le Monde cita gli italiani come esempio da imitare, poiché riguardo ai calzini striminziti abbiamo molto da insegnare(pochi italiani osano oltraggiare la propria mise con la mezza calzetta). Almeno coi calzini il nostro spread è alto. Vanessa Seffer da Palermomania.it 7/6/2012
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Pasquale Hamel racconta la storia della Sicilia

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Mag 25

Franco Restivo, l’Autonomia ‘felice’

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Di Pasquale Hamel
In questi ultimi anni, più volte, ci si è ricordati di due dei tre grandi protagonisti del primo tempo, quello che appare più denso di novità, della storia della Regione siciliana. Di Giuseppe Alessi, grande avvocato e passionale personaggio – assurto a modello di come dovrebbe essere, e purtroppo non è, un uomo politico – si sono riempite pagine di giornali e di libri, così come di Giuseppe La Loggia, grande intellettuale e razionale politico, su cui sono stati espressi contrastanti giudizi, si sono commentate e interpretate le scelte e perfino, grazie all’attivismo encomiabile del figlio devoto, è stata eretta una Fondazione onorata, nella giornata inaugurale, dalla presenza del Capo dello Stato. Di Franco Restivo, che nasceva il 25 maggio di centouno anni fa, a Palermo, illustre studioso di diritto pubblico e guida illuminata di quello che fu definito “Il felice settennio” della storia dell’Autonomia regionale, non solo non si è scritto nulla, non solo non si è dato spazio ad un benché minimo ricordo, ma c’è la sensazione che lo si voglia rimuovere, come una sorta di intruso che possa deturpare l’immagine (sic!), di questa stessa storia. Restivo, consentitemi di affermarlo, è stato vittima illustre di un poco accettabile modo di informare l’opinione pubblica. A Franco Restivo, che invece vittima è stato di un terribile momento vissuto dal nostro Paese, segnato da quelli che sono stati definiti “anni di piombo”, sono state addebitate colpe non sue e nessuno, proprio nessuno, si è fatto carico di smentire le insulsaggini montate ad arte e ripetute acriticamente da chi avrebbe avuto il dovere di testimoniare la verità. Qui, però, non vogliamo soffermarci a smentire o a contestare taluni ingiusti assunti divenuti quasi sentenza passata in giudicato. Vogliamo invece ricordare il contributo che, questo “piccolo” uomo erede di una grande famiglia, ha dato alla Sicilia in un momento esaltante della storia dell’autonomismo regionale. Restivo ha incarnato, meglio di tanti altri, la figura di un moderato che guardava al sociale con grande interesse, che si rendeva cioè conto della necessità di riequilibrare i rapporti fra capitale e lavoro per obbedire a principi di giustizia sostanziale. Ma Restivo era, soprattutto, uomo delle istituzioni, che aborre le visioni palingenetiche, che si attesta sulla barricata di un riformismo capace, convinto com’è che la storia non procede per salti.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                D’altra parte, la cultura giuridica che l’accompagnava, una cultura giuridica maturata alle grandi scuole di Vittorio Emanuele Orlando e di Santi Romano, non poteva che forgiarne, in questo modo, il carattere. Decisivi, nella sua formazione politica, furono le frequentazioni con Gaspare Ambrosini, con Bernardo Mattarella e Salvatore Aldisio (Foto a destra tratta dall’archivio del Senato). Il primo, ancora un giurista, lo avvicinò al regionalismo; gli altri due, epigoni del popolarismo sturziano, ne indirizzarono il percorso politico. Fatto è che, Franco Restivo, ancor prima che il fascismo crollasse rovinosamente, era già una figura di rilievo fra quelle che avrebbero guidato la Democrazia cristiana e avrebbero condotto la battaglia, vincente, per dare vita a quell’Autonomia regionale, aspirazione insoddisfatta dei siciliani dall’Unità in poi. Le sue convinzioni, maturate con grande travaglio intellettuale, si espressero in modo evidente già nel corso del convegno della Democrazia cristiana tenutosi ad Acireale nel 1944. In quell’occasione Restivo, cui era stata affidata la relazione ufficiale sull’Autonomia regionale, presentò le regioni come “membrature naturali d’Italia, come la migliore garanzia delle libertà della nazione” e il regionalismo come “processo di democratizzazione, fattore di difesa” e ancora “funzione di equilibrio nella vita dello Stato”. Il suo regionalismo, come quello di Alessi, Aldisio e altri cattolici ex popolari, rigettava dunque l’ipotesi separatista avanzata dal Mis (Movimento indipendentista siciliano) e sposava l’idea sturziana della “Regione nella nazione”. Non meraviglia, dunque, il trovare la sua firma nell’appello che molti intellettuali rivolsero ai responsabili dell’A.M.G.O.T ,contro il velleitarismo separatista. Restivo, per i suoi meriti scientifici e per la qualità delle sue opzioni politiche, fece parte della Consulta regionale che avrebbe elaborato lo Statuto regionale, offrendo un grande contributo sia sul piano politico che su quello tecnico. A lui si deve la specificazione, inserita nel primo comma dell’art.38, laddove si rinvia alla redazione di un piano economico per l’utilizzazione del fondo di solidarietà nazionale. Nel 1946, Restivo venne eletto alla Costituente nelle fila della Democrazia cristiana, ma rinunciava il 13 novembre successivo perché convinto che il suo impegno, politico e culturale, dovesse essere rivolto alla nuova istituzione regionale. Il 20 aprile del 1947 è, infatti, eletto deputato all’Assemblea regionale siciliana e chiamato a far parte, come vicepresidente e assessore alle Finanze, del 1* governo guidato da Giuseppe Alessi. Le notevoli difficoltà che si accompagnarono a quella stagione, furono vissute, dai suoi protagonisti, con l’entusiasmo e la passione dei neofiti, stati d’animo che condivise anche Franco Restivo il quale, tuttavia, come pochi altri, li elaborò avendo i piedi fermamente piantati a terra. Restivo aveva chiaro, infatti, il quadro delle resistenze che settori autorevoli della dirigenza nazionale mostravano nei confronti della neonata istituzione. Pesava, come un macigno, la considerazione che si corresse il rischio, in un momento difficile della vita nazionale, di rompere l’unità finanziaria dello Stato, come andava affermando Luigi Einaudi riferendosi all’Autonomia regionale siciliana. Restivo, da moderato, si schierava sulla barricata della mediazione rispetto alle animosità di Alessi che si concludevano con le sue dimissioni nel dicembre del 1948. Le dimissioni del primo presidente della Regione siciliana aprivano la strada a Franco Restivo, l’uomo che, per sette anni circa, il cosiddetto “Felice settennio”, avrebbe guidato le sorti della Regione. Restivo, con la sua coalizione di centrodestra, assicurò stabilità alla Regione in un tempo caratterizzato da fortissime tensioni ideologiche che, naturalmente, si ripercuotevano sull’azione di governo. Nonostante il clima non certo favorevole, Restivo con i suoi governi riuscì, fra l’altro, a portare in porto una riforma epocale. Contribuiva all’approvazione della riforma agraria, aspirazione secolare dei contadini siciliani, una riforma che, seppur con grandi limiti dovuti a pregiudiziali e vincoli ideologici, ha avuto il merito di cancellare “la Sicilia del latifondo”, determinando processi di mobilità sociale assolutamente inaspettati. Restivo, inoltre, si impegnò, attraverso il varo di provvedimenti settoriali, a consolidare la struttura economica regionale dotandola di quel minimo di infrastrutture di base senza le quali sarebbe stato velleitario parlare di processi di sviluppo. Un giudizio su Restivo, dettato da passioni ideologiche e sicuramente immeritato, lo dà Emanuele Macaluso quando lo definisce “una frontiera contro il progresso della Sicilia”. Macaluso, molto settario nel tempo in cui scrisse tali frasi, dimenticava la serietà dell’impegno dell’uomo e la sua forza nel “respingere – lo scrive un feroce antidemocristiano come Michele Pantaleone – l’amicizia con i boss della mafia” fatto allora comune a molti politici, comunisti non esclusi. La parabola di Restivo in Regione si chiuse nel 1955 quando, rieletto deputato e riproposto come presidente della Regione, venne clamorosamente bocciato dal voto d’Aula. Con senso di grande equilibrio, piuttosto che insistere, si mise da parte aspettando le consultazioni nazionali. Nel 1958 sarà infatti eletto deputato nazionale, iniziando un nuovo cursus honorum che lo vedrà ministro della Repubblica in importanti dicasteri. A conclusione di questo breve profilo, mi piace evidenziare che a Franco Restivo, dimenticato dai più, si deve il consolidamento di quell’Autonomia regionale che molti dei suoi successori avrebbero, poi, degradato a mera struttura di potere e, perfino, a luogo di malaffare.   PH   Da LinkSicilia del 25 mag 2012 Foto in alto tratta da forum-auto.com  
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Mag 22

Giornata Nazionale del Naso Rosso

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  Domenica 20 Maggio, presso la piazza di Mondello, si è realizzata l'ottava Giornata Nazionale del naso Rosso, promossa e organizzata dall'Associazione VIP (Viviamo in Positivo) di Palermo (www.vippalermo.org/home.htm), un'associazione di circa 100 volontari formati secondo le tecniche della "clow therapy" che svolgono attività di animazione per i piccoli degenti degli ospedali palermitani. La giornata è stata interamente organizzata e  animata dall'associazione VIP: un piccolo popolo di clown armati di sorrisi, palloncini, giochi, colori, nasi rossi, musica e allegria che ha trasformato la piazza di Mondello in un circo a cielo aperto. Fin dalle prime ore della mattinata, la piazza è stata riempita dai volontari/clow che hanno proposto i loro spettacoli e le loro attività ludiche per bambini, e non solo, attirando attorno a loro una folla di curiosi, simpatizzanti dell'associazione e amici i quali hanno assistito ad uno spettacolo unico: lo spettacolo della spensieratezza, della simpatia e del valore dei sorrisi regalati con gesti semplici e delicati. Fino a sera, i volontari/clown hanno lavorato senza sosta per far vivere ai presenti un momento unico, portando avanti la loro filosofia dell'incontrarsi con un sorriso. Non soltanto attività ludiche e divertimento ma anche attività benefiche; per tutta la giornata, accanto all'area degli spettacoli sono stati adibiti i gazebo dell'associazione per la raccolta fondi attraverso la vendita di piccoli oggetti realizzati dai volontari e dei simbolici nasi rossi. Tutto il ricavato della giornata sarà devoluto per finanziare le ore di clown therapy nelle corsie degli ospedali di Palermo, in particolare per attività rivolte ai bambini. Una giornata dedicata al sorriso e vissuta nella pienezza della gioia. Se il valore delle piccole cose si potesse misurare con il sorriso che esse suscitano, allora la Giornata Nazionale del Naso Rosso è un esempio di grande valore che fa sorridere occhi, cuore e anima.   Gabriella Rosato
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Mag 21

UNITI NEL MEDITERRANEO: FORUM INTERNAZIONALE

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UNITI NEL MEDITERRANEO: FORUM INTERNAZIONALE   Il Forum che si è appena concluso a Palermo a Palazzo Abatellis, in concomitanza delle celebrazioni del 66° anniversario dello Statuto siciliano, si interrogava sulle nuove politiche e sui cambiamenti da adottare nel Mediterraneo e nel Mondo. Poi un Premio intestato ad Al Idrissi, il traghettatore, il grande cartografo del XII secolo, una grande personalità che ha permesso di diffondere cultura nel Mediterraneo, premio fecondo destinato ad essere sempre più grande perché premia una persona del Maghreb, una del Mashreq, una della Sponda Nord del Mediterraneo e una della Sponda Sud. Nel 2006 si erano tracciate delle linee politiche relative alla distribuzione delle risorse che a causa del cambiamento attuale dgli scenari non sono più proponibili, prtanto occorrono nuovi propositi, dal momento che da adesso al 2020 gli scenari mondiali saranno ulteriormente mutati. Molte di queste decisioni dovranno essere adottate da una Presidenza “mediterranea” dell’UE, compreso quelle delle risorse del bilancio fino al 2020 , quella di Cipro inizierà dal prossimo 1° luglio. Di questo e molto altro si è discusso a Palermo, in occasione del Premio Al Idrissi, con le istituzioni locali, statali e comunitarie, ma anche con esponenti rappresentativi delle nuove società civili, protagonisti del cambiamento. Proseguendo il dibattito già iniziato a Catania lo scorso dicembre, l’obiettivo di questa manifestazione è di proporre un metodo di democratizzazione dei Paesi della Sponda Sud per consentire all’Europa di ristabilire rapporti di fiducia e credibilità oltre che di attrazione politica ed economica con i Paesi emergenti come la Cina, che hanno individuato come gli USA,  nel Mediterraneo da tempo la “porta” dell’Europa. Ha aperto i lavori personalmente il Presidente della Regione Siciliana On.le Raffaele Lombardo. Sono intervenuti per il Parlamento Europeo: Francois Alfonsi  membro della Comm.ne sviluppo regionale e dell’Assemblea parlamentare per il Mediterraneo; il Vice Presidente del Comitato delle Regioni della UE: Ramon Luis Varcacel Siso; Il Presidente Gruppo di Lavoro Maghreb-Mashreq EEAS: Fabrizio Di Michele; Comitato Economico e Sociale della UE: Roberto Confalonieri; Capo di Gabinetto per gli Affari Europei Governo Italiano: Francesco Tufarelli. Gli Alti Rappresentanti Istituzionali intervenuti dal Brasile; dalla Cina con il Ministro Plenipotenziario Zhang Junfang; l’Ambasciatore del Regno del Marocco Hassan Abouyoub; Vladimir Korotkov Console Generale di Russia; l’Ambasciatore della Turchia; il Console Generale USA Donald l. Moore; il Ministro Plenipotenziario Mario Boffo Direttore Centrale del Ministero degli affari Esteri per i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente; coordinati dall’Ambasciatore d’Italia Umberto Vattani anche Segretario Generale del M.A.E. Dopo alcuni interventi il coordinamento è stato brillantemente sostenuto dall’assessore regionale Mario Centorino all’Istruzione e alla Formazione, poi la lunga giornata è stata presieduta e coordinata dal Magnifico Rettore Roberto La Galla. La sera si è conclusa con una cena di benvenuto offerta dal Presidente della Regione Siciliana a Villa Malfitano. La seconda giornata ha visto partecipi organismi associativi che hanno discusso con le Istituzioni internazionali per il rilancio della Politica Euromediterranea. Sono intervenuti: l’ALDA con il Segretario Generale Antonella Valmorbida; l’ARFE con il Segretario Generale Martin Guillermo Ramirez; il COPPEM con il Segretario Generale Lino Motta; il CRPM con il Segretario Generale Eleni Marianou; l’ENPI CBC MED con Martin Heibel; l’EEAS, servizio Europeo Relazioni Esterne con Fabrizio Di Michele. La seconda parte della mattina ha visto la parte più emozionante del percorso dei due giorni coordinata dal Professor Mohamed Aziza, Segretario esecutivo del Premio e Direttore generale dell’Osservatorio del Mediterraneo. La proclamazione e la consegna ai vincitori del Premio Internazionale Al Idrissi a: - Khèdidja Belhadi (Algeria), Presidente dell’Associazione Donne manager e Imprenditrici Algerine AME e membro fondatore dell’Associazione Internazionale Menabusiness Women Network. - Ekmelddin Ihsanoglu (Turchia), Segretario Generale dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica (OCI), ci ha detto che “il Mediterraneo ci circonda, come disse Brodel la Storia della civiltà è una Storia di prestiti, e i prestiti più importanti arrivano dal Sud al Nord del Mondo e tutto da sempre si muove così”. - Ghassan Salamè (Libano), Ex Ministro della Cultura del Libano, ex Consigliere del Segretario Generale dell’ONU Dott. Koffi Annan, che ha dichiarato “ sentirsi a casa propria nelle due sponde del Mediterraneo come mi sento io, in Tunisia e in Sicilia, il gusto dell’olio, l’azzurro del mare, creano una magìa. Non sono forse veramente degno di questo premio, ma farò di tutto prossimamente per rendere più attiva questa comunità culturale”. - Ramòn Luis Valcarel Siso (Spagna), Presidente della Comunità Autonoma della Regione di Murcia e Pres. designato del Comitato delle Regioni della UE, ha detto riferito che “c’è un detto in Spagna, non è educato chi non dice grazie, ci dice un sentito grazie, perché si sente onorato per questo Premio, perché questo nostro mare è senza frontiere, unisce le persone, è senza muri, apre porte, fabbrica ponti, non ha barriere, ponti di persone che hanno sogni, bisogni, esigenze. Dobbiamo generare qualità di vita con la nostra capacità politica. L’ARLEM non è un capriccio dei politici, ma un impegno per fare del Mediterraneo un centro importante del Mondo, perché le rive del Mediterraneo possano crescere bene nel rispetto delle culture a cui non dobbiamo rinunciare”. Per le Menzioni speciali una a Jacques Diouf del Senegal, Ministro Consigliere del Presidente della Repubblica del Senegal, già Direttore della FAO, che ha ricordato che “il vino nero è necessario alla farina bianca, dobbiamo mischiarli e che noi ci ispireremo a voi”. Un altro prestigioso Premio alla memoria è andato a Mohammed Arkoun (Francia – Algeria) uno dei più grandi studiosi islamici del XX secolo, Professore a La Sorbonne, ed è stato ritirato dalla vedova, sig.ra Touria Yacoubi Arkoun, che ha raccontato della fondazione a nome del marito in Marocco, aperta con l’aiuto di Sua Maestà. “Il Marocco, ci ha detto, è un Paese illuminato, grazie alla condotta del giovane Re, ecco perché abbiamo superato la primavera araba senza conseguenze. La Fondazione che ha visto la luce grazie all’aiuto di Sua Maestà ha un centro ricerche che mancava nella Sponda Sud del Mediterraneo. Sta muovendo i primi passi, ma l’iniziativa deve essere seguita da altre”. Il secondo ed ultimo premio Al Idrissi alla memoria era intestato ad un nome di grande prestigio tutto siciliano, al senatore Ludovico Corrao, ritirato dalla figlia, la Professoressa Francesca Corrao, docente alla Luiss e Presidente della Fondazione Orestiadi di Gibellina fondata dal padre. La Prof.ssa ha raccontato quanto il padre volesse fin dagli anni ’50 apertura verso i Paesi del Mediterraneo e come risposta a coloro che tentavano la fortuna andando in Germania per mancanza di fantasia, li spingeva verso il Marocco o la Tunisia. Poi fondò una città d’arte, Gibellina, unica e anni dopo lasciò un ultimo dono, la Fondazione Orestiadi, un giardino fra due civiltà. Nessuna intestazione è più indicata per un premio come quella del geografo, cartografo e studioso Al Idrissi, nato nella Sponda Sud del Mondo, creando la mappa più dettagliata del suo tempo, il XII secolo, e dopo aver lavorato per Ruggero II, morendo a Palermo, nella “Sponda Nord”. I lavori della due giorni palermitana sono stati conclusi dal dirigente generale del dipartimento Affari europei e internazionali della Regione siciliana Francesco Attaguile, che ha espresso "compiacimento per la qualita' del confronto che si e' svolto tra i rappresentanti delle numerose delegazioni presenti, auspicando che anche grazie alle sollecitazioni venute dalla Sicilia si possano portare da 12 a 18 miliardi di euro i fondi stanziati per la politica i prossimita' nel quinquennio 2007-2013". "Riteniamo - ha detto a conclusione Francesco Attaguile - che debba essere fortemente incrementato lo stanziamento destinato allo sviluppo dei Paesi confinanti e di questi in particolare ai confini Sud dell'Unione europea, perche' in passato e' stato privilegiato il confine ad Est. Bisognera' poi stabilire quanto andra' ai programmi multilaterali che riteniamo essere la chiave per creare una vera e propria comunita' mediterranea e quindi la consapevolezza di una entita' omogenea che il Mediterraneo puo' essere dopo l'abbattimento delle dittature". Secondo Attaguile, "l'Europa ha bisogno di reimpostare completamente le sue politiche di prossimita', puntando su un partenariato diffuso e mettendo in campo la forza del vicinato, in cui la Sicilia puo' trovare un importante ruolo di mediazione e aggregazione. La linea top-down che e' stato l'approccio del processo di Barcellona - ha concluso Attaguile - è fallita e non decolla l'Unione del Mediterraneo per la sua esclusiva intergovernativita'". Vanessa Seffer
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Mag 21

Il 21 maggio al Tempio di Adriano manifestazione in ricordo delle stragi del ’92

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Alle ore 18, in Piazza di Pietra, al Tempio di Adriano, si terrà la manifestazione sulle stragi del '92, con Antonio Ingroia e tanti altri ospiti.. alla luce dei fatti di Brindisi. Chi è a Roma non manchi. Grazie. Vanessa Seffer
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Mag 20

GALATEO DEL FUMO

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  Chi fuma: Non gode certo di particolari simpatie in questi anni salutisti. Ma se, nonostante gli appelli, i divieti, i rincari, la quasi scomunica dei vescovi, le occhiatacce di chi vi sta accanto, continua a fumare, almeno lo faccia con un certo stile. Ecco come: . sempre in presenza di altre persone, prima di fumare bisogna chiedere il permesso ; dopo averlo ottenuto si offrono in giro le sigarette, senza insistere davanti ad un rifiuto; . quando si porge il fuoco, si rispetta la tradizione di non accendere tre sigarette di seguito; . secondo una regola un po vecchio stile le signore non devono accendere le sigarette agli uomini, ma limitarsi a porgere loro l'accendino o i fiammiferi, perchè provvedano da sè; . non si soffia sulla fiamma del cerino offerto per spegnerlo; . non si esala il fumo in faccia a chi ci è accanto; . non si parla con la sigaretta incollata alle labbra; . non si fuma fino al filtro; . non si sparge la cenere per terra; . non si entra nei negozi, negli ascensori, in casa, in uffici altrui con la sigaretta accesa; . per strada o nei luoghi pubblici si fuma con discrezione, senza buttare mozziconi per terra; incontrando qualcuno ci si toglie la sigaretta dalle labbra per salutare; . non si fuma MAI dove c'è esplicito divieto; . non si chiede mai di poter fumare nella stanza di un ammalato, o di una persona anziana, o di un bambino; . a tavola è vietato fumare prima del dolce o della frutta, e depositare la cenere nel piatto sporco o nel piattino del caffè; . a casa d'altri non si fuma senza chiedere il permesso ai padroni di casa, soprattutto se non fumatori; a tavola si aspetta siano loro, disponendo dei posacenere davanti ai commensali, a dare un tacito consenso; non si fuma il sigaro, a meno che non sia il padrone di casa ad offrirlo.   Il fumatore educato sa bene che la sigaretta non è più un'arma di seduzione, nè un modo per darsi un contegno, ma è un'abitudine di cui non sa privarsi; perciò non ostenta la propria dipendenza e mantiene il necessario riserbo sui problemi di salute che eventualmente questa gli procura.   Chi non fuma: può pregare il fumatore di astenersi dall'affumicarlo a tavola tra una portata  e l'altra, in automobile, in luoghi chiusi e, ovviamente, dove è vietato fumare. In tutti gli altri casi non assuma un'aria disgustata; se socchiude una finestra lo faccia con discrezione, senza attribuirne al gesto il nobile disdegno con cui la principessa di Lamballe salì al patibolo portando una rosa al naso per non sentire l'odore del sangue. Anche i fumatori hanno una suscettibilità   Chi non fuma più: si ricordi che è tipico dei convertiti mancare di tolleranza e di misura nell'intraprendere le guerre sante contro gli infedeli. Sappia perciò accettare l'idea che altri dalla mortifera sigaretta ricavano piacere e buon carattere. Non indugi a descrivere tutti i disturbi che lo affliggevano quando fumava e bandisca dalla propria conversazione sia le ultime statistiche sul cancro al polmone, sia l'entusiastico resoconto delle proprie attuali condizioni di fiato, in virtù della benefica astinenza.   da Il piccolo galateo BRDR
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Mag 16

Intervista a LeoLuca Orlando, candidato a sindaco di Palermo

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