Chi non ha timor di Dio? Noi occidentali miscredenti, edonisti e materialisti. Così, ogni tanto, per ricordarci di aver paura, si attivano ai quattro angoli del globo le spolette della crisi, con una tecnica strategica rodata e consolidata. I bersagli non sono mai scelti a caso, essendo stati studiati per avere un impatto politico ben superiore ai danni realmente inflitti all’Infedele globale. Continua a leggere
Giu 26
LA GUERRA DI RE TRAVICELLO. Di Maurizio Bonanni
Chi vuole i miei migranti? Gelo e vuoto susseguente sulle proposte di equa ripartizione (tra i 28 della Ue) degli oneri derivanti dall’attuale invasione di potenziali milioni di disperati dall’Africa e dal Medio Oriente. In realtà bisognerebbe fare bene attenzione a non cadere vittime delle apparenze. Quelli che premono alle frontiere comuni mi sembrano dei “prepotenti”, giovani e prestanti, che invocano la libera circolazione, su istigazione delle Ong e di altri soggetti. E mi immagino quali. Continua a leggere
Giu 26
Presentato il libro d’arte di Karen Thomas. Di Fiorella Ialongo
Gli appuntamenti storici non dovrebbero essere visti tanto come occasioni per fare memoria di qualcosa accaduto nel passato quanto come opportunità per la diffusione della cultura. E’ questa la prospettiva della presentazione del libro d’arte “I Colori della Luce – I Colori della Pace – Commemorare per non dimenticare la Prima Guerra Mondiale”, curata dallo storico dell’arte Claudio Strinati con la direzione artistica di Ilaria Sergi ed edito da MatEr. L’evento si è svolto il 12 giugno a Roma, presso lo Spazio MatEr, via Ludovico Muratori. I relatori della presentazione sono stati il Presidente emerito del Senato Sen. Franco Marini, nella carica ufficiale di Presidente della Struttura di Missione della Presidenza del Consiglio dei Ministri per gli anniversari di interesse nazionale; il Consigliere d’Ambasciata del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Marco Filippo Tornetta, in veste anche di Coordinatore Internazionale delle Commemorazioni per le due guerre mondiali; Roberto Celli, organizzatore della mostra ” Dal Guercino al Caravaggio”; Maurizio Urbani, ingegnere nucleare ed ex direttore generale di ENEA. Hanno offerto il loro contributo, tra gli altri, anche l’Ambasciatrice del Kosovo Bukurije Gjonbalaj, Alfio Mongelli presidente della RUFA e Carlo Capria, del Dipartimento per lo sviluppo delle economie territoriali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Moderatore dell’evento è stato il giornalista Rai TG1 Roberto Olla. Il libro presentato non è un semplice catalogo, ma una tappa di un progetto espositivo con una storia, un percorso per ricercare e rafforzare l’identità europea in un periodo in cui essa è scossa da numerosi nazionalismi. Per questo è stato inserito tra le pubblicazioni presenti al Salone Internazionale del Libro di Torino 2015, presso il Padiglione della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il libro, inoltre, consente di analizzare il rapporto tra arte e guerra. Esso può sembrare semplice poiché, da sempre, gli artisti hanno cercato di rappresentare i conflitti. Ancora oggi, in molti eserciti, vi sono pittori che hanno questo compito. La spiegazione è nel fatto che essi possono avere un valore aggiunto rispetto ai fotografi ed ai cineasti. I primi possono rappresentare con uno scatto un attimo esplicativo; i secondi possono raccontare la drammaticità, le ombre di un conflitto. L’artista, invece, osserva dati eventi, li rielabora e li sintetizza. In questo senso la caratteristica di Karen Thomas è quella di riuscire a cogliere le luci e rimandarle all’osservatore per invitarlo a riflettere sulla drammaticità del primo conflitto mondiale per poter apprezzare la pace. Quest’ultima è la tensione verso cui protende Karen Thomas. Attraverso la varietà cromatica intende sollecitare al massimo gli aspetti emotivi degli osservatori attraverso la propria sensibilità. Ritiene che attraverso la comprensione di un’opera d’arte sia possibile ricevere un piccolo raggio di luce. Esso, come uno specchio, si può irradiare attorno a sé come il sole, metafora dell’impegno che ogni persona deve offrire perché non vi siano più guerre tra i popoli.
Fiorella Ialongo
Giu 16
PD: “THE GAME IS OVER”! Di Maurizio Bonanni
Il Partito Democratico? Una meravigliosa macchina auto-fagocitante. Bravissima a procurarsi i migliori guai, facendo tutto da sola. Un po’ perché il suo vero carburante è un’inguaribile demagogia, che ha tenuto sempre la sinistra fuori dal Governo, dal 1948 a oggi, dove ci è arrivata grazie a un “golpe bianco”! Non si affrontano con il ridicolo buonismo del “politically correct” né il mare in tempesta della globalizzazione, né i processi migratori che vedono un intero continente muovere milioni di disperati verso il Mediterraneo. Curioso, però… L’Euro e la sua devastante eurocrazia bruxelloise, una volta venerati come la salvezza dell’Italia, vengono ora indicati come la fonte di tutti i mali italiani e i Ministri di questo Governo non sanno far di meglio che accusare l’Europa di cinismo e disinteresse, per quanto riguarda l’accoglienza degli immigrati. Continua a leggere
Giu 12
SENTI CHE.. ECO! Di Maurizio Bonanni
Avete raggiunto grandi vette intellettuali? Allora, sentite che Eco! Soprattutto, quello dell’Umberto nazionale, che nella sua “Lectio Magistralis” per l’ennesima Laurea Honoris causa ha azzannato l’ignoranza dei social network, responsabili -a suo dire- di aver dato “diritto di parola a legioni di imbecilli”, visto che prima dell’avvento del web questi ultimi “parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Ed erano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel”. Insomma, secondo Eco il web rappresenta una sorta di “dramma” semantico, in cui si erige “lo scemo del villaggio a detentore della verità”, facendo proliferare a dismisura cretinate, menzogne e false verità. Continua a leggere
Giu 10
ESPOSIZIONE UNIVERSALE 1942. Di Maurizio Bonanni
Al Teatro India va in scena, fino al 14 giugno, lo spettacolo: “L’Esposizione Universale” di Luigi Squarzina, per la regia di Piero Maccarelli, che dirige gli allievi diplomati della Scuola Teatro di Roma, con l’assistenza in scena di attori sperimentati, come Stefano Santospago (impeccabile, nel ruolo dello “squalo” immobiliarista Barzilai) e di Luigi Diliberti, nella parte di Curbastro, professore di lettere e nostalgico del passato regime fascista. Nell’immediato dopoguerra, l’ambientazione scenica, ricostruita attraverso fotografie panoramiche del complesso edilizio incompiuto, è quella dell’immenso spazio urbano che avrebbe dovuto ospitare l’E42 (Esposizione Universale di Roma, prevista nel 1942 e mai avvenuta, a causa dell’entrata in guerra dell’Italia), più noto come E.U.R..
Improvvisamente, in quella landa desolata di marmi e cemento, ecco apparire un’umanità sconvolta, appena emersa in stracci e brandelli dai gorghi di una guerra perduta e devastante, dove l’italianità, il concetto stesso di nazione è stata smembrata dalle più feroci guerre ideologiche di tutti i tempi, erosa dai marosi di una guerra civile sottaciuta, assai poco narrata e mai del tutto risolta. Ed è questo doloroso fiume di gente senza più nulla, nemmeno la dignità, che va a occupare, in assoluta promiscuità, quegli spazi interni (sorprendentemente luminosi e aperti, nei loro richiami strutturali neoclassicheggianti) di edifici immensi, soli, malati e amputati; impregnati di un tempo sospeso, con materiali laterizi desolatamente lasciati accanto agli scheletri di grandi strutture realizzate a metà: una sorta di lebbra estetica, dalle piaghe non rimarginate per mancanza delle necessarie cure e amore da parte dell’uomo-faber.
La scenografia è quella di una grande camerata, con letti sovrapposti, in cui i drammi esistenziali di ciascuno trasudano lacrime, parole disperate; desideri e sogni abortiti, come quelli della giovane malata di tisi, assistita da sorella e madre, che terminerà i suoi giorni in sanatorio, invano attesa dal giovane fidanzatino. Ma le vere forze in campo trascendono qualsiasi velleità da libro Cuore, perché persino i tradimenti sono saldamente impunturati, come chiodi sulla croce, sui grandi conflitti socio-politici di quell’epoca nascente e perturbata. La stessa giovane donna, che si adatta a qualunque impresa e mestiere, pur di accudire la sorella malata, è di volta in volta l’amante ora dell’uomo in divisa (un brigadiere sposato e arrogante), ora del giovane rivoluzionario, antagonista ante-litteram della proto globalizzazione.
Ed è quest’ultimo uno dei personaggi-chiave della vicenda: inizialmente lo vediamo, dopo un gesto eclatante di ribellione violenta, divenire facile preda delle sirene alto-borghesi che lo perderanno, inizialmente, ma lo consacreranno a martire della libertà, una volta risolta l’ambiguità che lo pervade, tra rimanere un uomo del popolo, o tradire e abbandonare la sua classe per la scalata al successo, alle belle donne e al denaro. Ancora più sottile e profondo è lo scontro epocale tra il vecchio professore e Barzilai (anch’egli un’ex camicia nera, che aveva condivo con il professore esperienze ministeriali). Il primo, pur nel suo anacronismo (è tra i più poveri degli sfollati!), si incatena al suo personale totem dell’etica, quando una generazione più anziana sapeva pensare (a torto o ragione) al futuro di quelle successive, preparando con cura il terreno intellettuale più fertile.
Barzilai, invece, alcolista e cinico, è il prototipo di quello che sarà il capitalismo rampante e arruffone italiano. Lui, che fiuta come un animale da preda (rimanendone vittima colpevole!) i prodromi dello sviluppo urbano della nuova Roma del dopoguerra. Lui, che sa di far parte dei vincenti e lo dichiara spudoratamente, disposto a uccidere pur di raggiungere il suo scopo di speculatore. Il finale è tutto un fuoco di artificio, grazie a quelle armi nascoste da un esercito allo sbando, che saranno impugnate dai giovani protagonisti, intenzionati a resistere al sopruso del potere.
Perché Barzilai e i suoi soci misteriosi, affaristi internazionali dell’immobiliare, avendo l’assoluta necessità di liberare la famigerata area dell’E42, debbono trasferire altrove -e a qualunque costo- gli sfollati, anche ricorrendo alla prova di forza. Il loro destino di senza casa sarà così relegato, per molto tempo, nello spazio miserevole e degenerato di uno dei tanti, orribili campi profughi che disseminavano di vergogna, all’epoca, il tessuto periferico della Capitale. Proprio quella Roma fascista alla quale le nuove miserie morali e materiali avrebbero definitivamente ridotto in brandelli quelle finte vesti di un’idea imperiale del tutto artificiale, costruita su di un nulla storico! Complimenti vivissimi a tutti i giovani interpreti! Spettacolo da non perdere, per chi vive a Roma.
Di Maurizio Bonanni Continua a leggere
Giu 10
VEDI, ECCO MARINO. Di Maurizio Bonanni
Ve lo ricordate il ritornello: “Vedi, ecco Marino!”? Abbinato con quell’altro titolo di stornellata romana “La Società dei magnaccioni”, fa sì che entrambi, nel loro insieme, descrivano compiutamente tutto il folklore tristo e sguaiato della Capitale di ieri e di oggi. Avete notato? Ormai, in politica, nemmeno la prova magistrale della pistola fumante conta più nulla. Eh già, perché i famosi “rappresentanti del popolo” hanno il potere di autoassolversi e di attribuirsi (praticamente, “ad libitum”) prebende e stipendi. Ieri, l’Angelo Sterminatore di “Mani Pulite” del 1992 ebbe davvero qualcosa da… “sterminare” (ergo, i grandi Partiti politici, Dc e Psi in testa a tutti), mentre non servirebbe a nulla, oggi, contro le innumerevoli cordate di opportunisti della politica che, con brillante destrezza, passano da uno schieramento all’altro, al grido imbarazzante “Franza o Spagna, purché se magna!”. Continua a leggere
Giu 09
Affiliarsi per contare! Di Riccardo Cappello
Mentre nelle democrazie avanzate alla rappresentatività si sta progressivamente sostituendo la partecipazione e alla delega subentra l’intervento diretto reso possibile dalla tecnologia, in Italia si continua a privilegiare un modello sociale che valorizza l’appartenenza, la provenienza e l’albero genealogico. Quando, però, «le appartenenze contano più dei diritti e dei doveri di cittadinanza si riduce il suo tasso di democrazia e le libertà individuali sono cellule tumorali da anestetizzare col pretesto dell’asimmetria.La stessa esperienza dei referendum sta lì a dimostrare quanto il cittadino sia invocato come spettatore ma sia sgradito quando pretenda di essere un interlocutore. Anche quando si raggiunga un «quorum» che il legislatore cerca di rendere sempre più irraggiungibile chi è insediato al vertice vanifica, con disinvoltura, gli effetti dei referendum. Così, ad esempio, in spregio alla volontà popolare, che si era espressa per la soppressione del Ministero dell’Agricoltura, un Parlamento compatto lo ha ricostituito con la denominazione di Ministero delle Risorse Agricole attribuendogli la stessa sede, le stesse competenze, le stesse strutture e la stessa inutilità. Così furono neutralizzati gli effetti del referendum del 1993, che aboliva il finanziamento pubblico dei partiti, sostituendolo con un meccanismo di rimborso elettorale che lo ha fatto rimpiangere, e quelli del referendum, promosso dai radicali nel 1995, in cui gli italiani si espressero contro la trattenuta automatica dei contributi dalla busta paga a favore dei sindacati, vanificato inserendo l’obbligo della trattenuta nei contratti collettivi di lavoro. Questa democrazia consegna il cittadino allo «sfruttamento» delle categorie organizzate, ignorandone e calpestandone la volontà sempre e comunque. Non c’è alcuna circostanza in cui sia valorizzato l’apporto dei singoli individui, il cui interesse è solo un pretesto per moralizzare scelte immorali. Il singolo conta solo in virtù di un’affiliazione come dimostra chiaramente la vicenda dell’applicazione per smartphone (Uber) in cui la categoria organizzata dei tassisti è privilegiata nei confronti degli interessi dei cittadini, non organizzati seppur più numerosi, che attraverso l’app vorrebbero arrotondare e degli altrettanti che vorrebbero spostarsi a costi contenuti. Questo modello organizzativo della società ignora l’individuo e lo consegna legato allo sfruttamento delle lobbies. Così ognuno deve appartenere a qualcun altro e se vuole contare è costretto ad affiliarsi. E pensare che le istituzioni dovrebbero tutelare gli interessi generali e non quelli costituiti…
Giu 07
“YOUTH”: CANNES ADDIO! Di Maurizio Bonanni
Ma che si fumano a Cannes? No, perché, evidentemente, giurati troppo in là negli anni non debbono amare molto la… “Giovinezza”! In realtà, “Youth” a me è sembrato, francamente, non solo un “must” di Sorrentino ma anche un film capolavoro, in cui l’Arte (sempre lei!) dell’immagine, dei suoni e delle parole è la chiave giusta per interpretare un mondo che vira rapidamente al caos. E il sanatorio extralusso, arroccato ai piedi di bellissime montagne svizzere, è il laboratorio di osservazione delle classi dirigenti dell’alta borghesia che oggi, nel declino degli anni, sanno solo ricercare l’elisir personale di lunga vita, avendo perduto definitivamente il senso della mission collettiva. Allora, lungo i canali della malattia, vera e presunta, Sorrentino fa scorrere le immagini impietose di carriere famose alla fine (come quella del direttore d’orchestra, interpretato dall’eccezionale Michael Caine) e del regista cinematografico, ormai al tramonto, impersonato da Harvey Keitel. Continua a leggere
Giu 04
FRANCA (VALERI) L’IMMORTALE. Di Maurizio Bonanni
Ve l’aspettereste da una… “ragazza” del 1920 di ritrovarla ancora protagonista sul palcoscenico di un teatro? No, in fondo, se stiamo parlando di Franca Valeri, assolutamente intenzionata a restare sulla scena finché avrà vita! L’ho rivista, Franca, alla sua prima del 3 giugno all’Argentina, dove va in scena (ancora per poco. Quindi: affrettatevi!) il suo ultimo spettacolo: “Il cambio dei cavalli”, da lei stessa scritto e interpretato, per la regia di Giuseppe Marini. La nostra mattatrice presidia saldamente il suo trono, assistita da una scenografia disegnata su misura per lei, perennemente seduta per ridurre la fatica. La protagonista, infatti, staziona in un punto fisso, attorno al quale viene organizzata una piccola macchina di scena che, a rotazione, alterna il piano della scrivania a quello della tavola da pranzo e del tavolino del bistrò. Continua a leggere